Una toccante testimonianza su Paolo Otelli a quasi 20 anni dalla sua scomparsa...


Pubblichiamo questa testimonianza su Paolo Otelli, inviataci da un visitatore del nostro Blog che ebbe modo di conoscerlo sul finire degli anni '70. Invitiamo tutti coloro che hanno conosciuto Paolo e/o che sono in possesso di suoi quadri, vignette, poesie o foto che lo ritraggono, di mettersi incontatto col Blog per l' organizzazione di una Mostra on-line.
UN RICORDO DI PAOLO OTELLI.
Gli uomini che più hanno arricchito il mio bagaglio umano, sono ben pochi. Sua Santità Giovanni Paolo II°, che ha rappresentato il compagno di viaggio. Questo viaggio della vita che sto ancora facendo, tra il mare calmo ed il mare mosso o molto mosso, più prezioso di una bussola, fermo punto di riferimento non solo per me, ma per ogni navigante che s'imbarcava sulla nave della Fede e col suo esempio mi spingeva sempre a fare meglio e quasi sempre per gli altri. Mio padre, Carmine Nastro, che regalava il latte, durante la seconda guerra mondiale, alle donne che avevano il marito in guerra, morto o disperso. Un misurino di un quarto ciascuna., che poi loro allungavano con l'acqua, quasi sempre di pozzo, e con un poco di pane raffermo, spesso fatto con la farina alleata e con questo sfamavano i loro piccoli. Alla fine della guerra mio padre si è impoverito, mentre molti suoi coetanei si arricchivano col mercato nero. La sua povertà è stata per meuna grande ricchezza: l'eredità più bella che egli mi potesse lasciare. Trasferito a Torino, insegnando nella scuola media di S.Francesco al Campo, vicino all'aeroporto di Caselle, ebbi modo di conoscere un altro grande nobile piemontese: Mario Ballesio, Presidente dell'AVIS di S.Francesco al Campo, grande figura di nobile piemontese che mi insegnò che talvolta è bello donare e ricevere un sorriso. Un'altra grande figura è stata quella del pittore Ernesto Camerlingo, napoletano, grande ristoratore e pizzaiolo, che per sfuggire a certe richieste degli anni '70, preferì abbandonare la città partenopea e rifugiarsi nella verde vallata di Frascinelle, ad Agropoli, in campagna, dove ancora sopravvivono querce centenarie che difendo a spada tratta. Scultore, pittore, grafico, incisore, poeta. Un uomo buono e pio che ogni mattina poneva sul balcone briciole e residui del pasto e godeva nel vedere passerotti, pettirossi e cardellini (quasi scomparsi) che cinquettando facevano colazione. Tra gli uomini più importanti che ho conosciuto, nella mia permanenza in Piemonte (1969- 1983), esercitando anche la professione (non retribuita!) di critico d'arte, PAOLO OTELLI è stato senza dubbio quello che mi ha dato di più. Avendo io lo studio in Via Morghen ed abitando in Via Cibrario n.65, nell'appartamento dove visse il Poeta Guido Gozzano, stavo a pochi passi dalla sua abitazione. Lo conobbi per caso: non ricordo. Ma spesso lo andavo a trovare. Ricordo ancora il suo sorriso. Quando arrivavano le vecchiette a compiangere le sue sventure, diventava scuro in volto. La commiserazione lo infastidiva. Ed io da buon napoletano, parlando spesso il dialetto, perché si divertiva molto, lo facevo sorridere facendo discorsi banali, quasi demenziali. E sorridevo pure io nel vederlo sorridere. Spesso si parlava d'arte. Le sue condizioni fisiche non gli permettevano di fare delle grosse opere. Ma come grafico era bravissimo. Aveva una dote nelle mani ( le sole cose che muoveva bene) che il tratto diventava poesia. Le sue opere erano pervase tutte da una languida liricità e, più che tristezza, lasciavano trapelare una certa nostalgia. Avendo saputo, tra i vari discorsi, che ero un grande ammiratore dei vini piemontesi, ed in particolare modo del dolcetto, spesso mi faceva trovare qualche bottiglia. "Bevila tu. E come se l'avessi bevuta io!!!" Ed io gli rispondevo:"Mi raccomando non ti ubriacare!" Spesso mi raccontava le sue storie, ed io ascoltavo e non mi stancavo mai di sentirlo. Passava un'ora ed anche più e non ce ne accorgevamo. Paolo aveva gli arti che non gli funzionavano, ma, in compenso, aveva un grande cuore ed una grande umiltà. Una volta, ricordo, si lamentava della sua situazione per le difficoltà che incontrava per trasferirsi da una parte all'altra della città, perché egli, naturalmente non era in grado di guidare l'auto. Egli stava spesso a contatto con altre persone diversamente abili e cercava sempre di fare qualcosa per aiutarli. Ricordo, una sera, che si lamentava perché spostarsi nella città era per lui e per quelli della sua condizione veramente difficile. Specialmente se dovevano prendere un mezzo pubblico. "Vedi,Catello, io mi posso anche permettere il lusso di prendere un taxi, ma molti come me non hanno troppi soldi e quindi si devono arrangiare". Ed io lo riprendevo parlando il mio dialetto napoletano che amo molto. " Paulù, tu hara capisce ca' tutt'è dduje simmo 'nguaiate. Tu ca' si' arruvinato ed io ca' songo napulitano. Ma tu si' overamente avvantaggiato. Si io vaco addò sinnaco, chillo nun me riceve proprio, ma si vaje tu chillo t'hadda a sta a sentere pe' fforza. Sta' a sente a mme. Va a rompere e scatule 'o sinnaco". Il giorno dopo mi telefona invitandomi nel suo studio. " Catè, ho fatto come mi ha detto tu. Sono andato a rompere le scatole al sindaco. Mi ha assicurato che farà una convenzione con alcuni taxi della città. Tu pensa un poco, tutti i disabili di Torino potranno andare da una parte all'altra della città col taxi pagando la corsa come la cosa del tram. Sono contento non per me, ma per i miei amici" Questo era Paolo Otelli: un grande uomo. Un giorno mi disse una cosa che mi fece molto piacere e che ricorderò sempre:" Catè, se tutti i napoletani fossero come te". Girovagando tempo addietro su Google e cercando i miei amici di Torino, ho appreso della scomparsa di Paolo Otelli. Ed ho saputo pure che a Chivasso gli hanno intitolato una sede. Mi sono commosso, enormemente. Paolo, nel suo piccolo era un eroe. La sua guerra non la conduceva per se, ma per gli altri come lui. Ed ogni volta che incontro qualcuno sulla sedia a rotelle, gli sorrido. Nel ricordo di Paolo Otelli.
Catello Nastro.
www.catellonastro.it

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