Il libro del mese di giugno



 
Il libro del mese
«Non solo un treno...»
di Livio Pepino e Marco Revelli.
320 pagine - 12 euro
Edizioni Gruppo Abele.

Recensione di Guglielmo Ragozzino


Una cronistoria lunga venti anni. Dalle prime scelte della Fiat di Agnelli al governo tecnico
«Non solo un treno...» è il titolo del volume di Livio Pepino e Marco Revelli per la collana i Ricci delle Edizioni Abele. Un breve sommario spiega, per il pubblico distratto, che l'argomento trascende il treno.È infatti «la democrazia alla prova della Val Susa». Sventola in copertina una bandiera: No Tav: è il segno più conosciuto della lotta che continua.
I testi dei due autori, il giurista e lo scienziato politico, sono molto utili e si completano bene. Pepino scrive del diritto negato, modificato, dimenticato, abusato per fare trionfare gli affari e il fatto compiuto. L'obiettivo vero è quello di cancellare i beni comuni - aria, acqua, montagna, territorio, salute, libertà, per privatizzarli e recintarli, venderli se del caso, escludendo la popolazione per sempre e chiedendo un pedaggio per i diritti di sempre e di tutti, in passato gratuiti o collettivi. Ritorna su una serie di eventi in cui il Governo, il Prefetto, la Regione, le Polizie, tutti i poteri insomma, hanno preteso di mettere a tacere la Valle con leggi e decreti; hanno applicato regolamenti capziosi e fuori contesto per fare prima e spegnere fiammelle di autonomia; ma anche la Valle conosceva le leggi o ha imparato a conoscerle bene e se ne è saputa servire, con i suoi avvocati ed esperti, per difendersi e perfino in alcuni casi attaccare. E vai con il Tar, il Consiglio di stato, i tribunali amministrativi....
Revelli invece ricostruisce la storia e le passioni, gli errori e gli imbrogli, la cultura tecnica e scientifica dei valligiani e l'ignoranza preconcetta o meglio la malafede di chi li assedia, in un lungo scontro economico e sociale tra uomini e donne della Valle e chi vuole impadronirsene per speculare e per comandare. Vent'anni di storia patria, di federalismo e e di accentramento. Da un lato c'è l'ardente necessità di fare l'opera, assorbire e rifondare la natura dei luoghi, sfruttare il desiderio delle persone di guadagnarsi la vita in tempi stentati, spezzare la solidarietà: corrompere e distribuire compensi. Le affermazioni di volontà e potere sono sempre apodittiche e senza spiegazioni, senza cifre attendibili e provate. La più tipica, riassuntiva è «L'Europa lo vuole, non vorrete per un puntiglio stupido restarne fuori...E poi i traffici, la modernità...».
Nel corso degli anni avviene che si passa senza un filo di vergogna dall'alta velocità all'alta capacità, si cambiano percorsi, si riduce e si stira il progetto, nuovi tunnel sostituiscono quelli malpensati, si affida la realizzazione ad altri gruppi d'intervento e ad altri ancora, si stravolgono le ricerche su amianto e uranio presenti nelle sfortunate montagne: tutto è sempre in vista del risultato decisivo: moralizzare il paese, dimostrare che è all'altezza e non è possibile che una tribù di montagna abbia la meglio sul meglio del paese. Revelli descrive tutto, spiega tutto, si interroga e risponde. C'è più ironia che invettiva nel suo procedere. Esso offre l'impianto più accurato e preciso, insieme all'esame dei diritti che Pepino pone davanti alla sensibilità dei lettori, per chi voglia davvero conoscere i fatti nel loro divenire e le conseguenze davanti a tutti noi. Un manuale di democrazia per chi voglia impararne un po'.
Nel "treno" del Gruppo Abele non c'è però solo questo. Vi è una terza parte con una cronistoria capace di riportare alla mente e al cuore dei lettori lunghi avvenimenti un po' dimenticati. L'inizio della vicenda è una mossa della Fiat nel 1989. Umberto Agnelli che presto lascia il compito a Sergio Pininfarina; e così avanti. Una cronistoria di vent'anni abbondanti. Infine è pubblicato il testo in 14 punti con il quale l'alto Governo dei Tecnici spiega al mondo il perché e il percome del Tav. Nelle pagine di fronte il movimento si diverte - una volta tanto - a rispondere punto su punto, con solo un filo di dileggio.
Con questo forte appoggio di cronistoria e di dibattito - nella cronistoria lunga vent'anni compaiono una ventina di ministri responsabili per l'ambiente o per i trafori e le opere pubbliche e solo due hanno il fiato e il buon senso di applicare la legge e le conoscenze e bloccare la vera e propria frana che tutti gli altri - Governi, Commissioni europee confindustrie - impongono come modernità obbligata. I nomi, le opere, i giorni ci sono tutti: l'attacco frontale o insidioso e la risposta con decine di mobilitazioni di Valle, sempre più compatte e determinate.
Un libro schierato, senza remore bipartisan: di qui le ragioni, tutte ragionevoli, oneste. Di là i torti, tortuosi e privi di sostanza. Per spiegare la moralità della Valle, Pepino richiama in vari passi del suo saggio un'ispirazione alta, quella di Alessandro Manzoni, pensatore politico certamente d'ordine, ma in sostanza uomo giusto. Rilegge nei Promessi sposi i movimenti della folla che fronteggia gli alabardieri davanti al Prestin di scans (Forno delle grucce) durante i tumulti della Milano secentesca alla ricerca del pane (Promessi sposi, capitolo XII) e li usa in tema No Tav. Rilegge la vergogna dell'arbitrio di una giustizia tipo Colonna infame. Revelli usa per spiegare cosa intenda per democrazia un autore che la sinistra per cento anni ha considerato di destra, Alexis de Tocqueville. Trae da La Democrazia in America un passo che dimostra come uno può - deve - potersi difendere dalla maggioranza, che si ritiene democratica solo per il numero, quando ciò che sostiene è vero e giusto. Così per la valle.
Si è ricordato, per finire, il confronto tra le posizioni del Governo Tecnico che per mostrare competenza superiore e apertura ridiscute la faccenda Tav riassumendo il tutto in 14 punti. Il risultato non cambia niente. È una nuova generazione di tecnici che risponde a esigenze di grandi affari e opere finanziarie e non alle condizioni realmente esistenti e alle prospettive ragionevoli. Uno a uno, i punti vengono scardinati dal buon senso e dalle conoscenze di un movimento che ci riflette da venti anni. Anche questo è un modello di discussione che sembrava perduto e che ora è Val Susa riporta in auge. Il suggerimento è che la nostra democrazia possa effettivamente ripartire da lì.

Nessun commento: