Il film di maggio



To Rome with love di Woody Allen

“Un minus habens che non vuole andare in pensione”, così si definisce Woody Allen nel suo ultimo film: To Rome with love. Perciò, nel tentativo di esorcizzare la paura della morte, continua imperterrito a girare, per la gioia dei suoi affezionati proseliti, senza deluderli mai, o comunque molto raramente.
E’ vero, ormai ripete a memoria schemi e situazioni tipicamente alleniane, ma con un tocco sempre più raffinato e rigoroso, ogni volta arricchito di una sfumatura diversa, che questa volta, trattandosi di Roma, non poteva che essere una venatura in puro stile felliniano.
In una Roma dal fascino senza tempo, dove le grandiose scenografie non si distinguono dai set improvvisati, dove la realtà è pura finzione e l’illusione rappresenta l’unico elemento concreto, si intrecciano gli incontri più o meno casuali dei personaggi che ritroviamo ormai da anni nei film del regista newyorkese, ognuno alla ricerca di quell’Altro ideale, (“l’uomo dei tuoi sogni”, come recitava un titolo di un paio di anni fa) in grado di farlo uscire dallo smarrimento esistenziale in cui si trova al momento.
Ecco allora la giovane turista americana che si innamora di un fascinoso ragazzo romano, il padre di lei che crede di scoprire un nuovo Pavarotti nel futuro consuocero che canta arie d’opera sotto la doccia, l’architetto famoso che, passeggiando per le vie più appartate di Roma, ritrova una parte di sé nello studente pieno di speranze, ma a sua volta stanco del solito menage quotidiano.
A tutto questo, lo sguardo profondo e acuto di Woody Allen aggiunge una serie di elementi tipicamente italiani, per molti versi autentici e originali. E’ vero, come hanno fatto notare molti critici, che alcune situazioni  sembrano raffigurare un’Italia da film anni settanta, quali l’ingenua coppia di provincia che si perde nella grande città, i borghesi bigotti tutto casa e famiglia che si rifanno frequentando prostitute d’alto bordo (la focosa Anna, interpretata da Penelope Cruz), l’italiano geniale per natura, ma incapace di metodo.
 Ma il regista americano riesce ad andare oltre gli stereotipi e i modelli e a darci una propria visione critica dell’Italia di oggi. Una censura che si esprime soprattutto, ma non solo, nel personaggio interpretato da Roberto Benigni, l’uomo qualunque, senza storia e senza idee se non quelle insulse del pensiero unico televisivo,  che diventa famoso per puro caso, e lo rimane per un po’,“famoso per essere famoso”, prima di essere sostituito da un altro in tutto uguale a lui e ricadere nell’anonimato. E in generale, sono tutti i romani (e gli italiani) ad essere inaffidabili, inconsistenti, pasticcioni. Bellissima la gag della giovane provinciale che chiede informazioni ai passanti: è chiaro fin da subito che non raggiungerà mai la sua meta. Ma anche dalla confusione e dal caos può arrivare qualcosa di buono, almeno secondo Woody il saggio.

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