Il disco di giugno...

 MOBY

 "Destroyed"
     Recensione di Carlo AFFATIGATO per sentireascoltare.com
                                                    

Va detto che Moby non ha ancora smesso di provarci. Dopo aver già raggiunto l'olimpo delle vendite con l'irripetuto Play, e dopo esser colato a picco negli indici di gradimento durante i '00 (nemmeno l'ultimo Wait For Me aveva risollevato le vendite, nonostante si distinguesse dai precedenti), il non più giovane dj newyorkese seguita imperterrito a inventarsi nuovi volti, infischiandosene allegramente se critica e pubblico hanno nel frattempo perso l'entusiamo per strada.

Descrivendo Destroyed come una colonna sonora per città deserte alle 2 di notte, il newyorchese si presenta nelle vesti di cantastorie metropolitano: sceglie un profilo slowdown e melodie per aeroporti senza curarsi di una vera idea di fondo. Stella Maris guarda a Morricone, The Day la butta sulla rock-ballad ruffiana, Sevastopol è techno per cuffia e Blue Moon house classica. 16 brani, 16 possibili spunti ma nessuno che sia valsa la pena approfondire. Moby riesce ancora a far cassa anche con soluzioni semplicissime, con le morbidezze GusGus di The Low Hum, la jazzy-psichedelia di The Right Thing o i vuoti armonici di Rockets, ad esempio, ma il grosso dell'album è riempito da facili accordi strumentali e furbi inserti di violino e pianoforte.
Facendo dischi da 75 minuti senza grossi sforzi compositivi, l'impressione è che il buon Melville abbia ormai attivato il pilota automatico (After, Be The One). Qualcosa di buono lo troverete, ma bisogna esser disposti ad accettare sbadigli e autocompiacimento. Per i meno pazienti, c'è sempre youtube.

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