Mariarca Terracciano: il sangue dei poveri



Il sangue dei poveri

Anche se quello di Mariarca Terracciano fosse il primo caso di “suicidio preterintenzionale”, lo sguardo della donna in kefiah incastonato su Youtube è la via con cui arrivano tra noi la paura della morte martirologica e lo spettro del kamikaze sociale. E’ la prima volta. Morte consapevole in diretta. Una rappresentazione che abbatte la sottile parete divisoria tra reality e realtà. Ci avevano convinto che in questi anni plastificati le emozioni forti sarebbero arrivate dalle drammaturgie artefatte delle dive che si tirano per i capelli nelle isole dei vip. E invece ecco il dramma: suicidi per crisi, per disoccupazione, fine lavoro.
Quando ci raccontavano dei manager francesi che si sparavano pensavamo: da noi non accadrà mai. Siamo il paese dei poveri ma belli, la patria del neorealismo in cui Umberto D. soffriva ma non si uccideva. L’Italia attraversava gli “anni difficili” con il volto drammatico di Alberto Sordi, sapendo che chi cade può risorgere (o perlomeno si arrangia). Nella letteratura e nel nostro immaginario fantastico il suicidio era un vezzo borghese, una passione wertheriana: roba da ricchi.
Poi hanno iniziato a togliersi la vita gli imprenditori e i commercianti del nord est. L’Italia positivistica che parte dal capannone per conquistare il mondo improvvisamente ha avvertito che qualcosa si è rotto, anche nella capacità di immaginarsi una resurrezione.
Ora Mariarca e il suo sangue, con la loro terrificante potenza suggestiva, attraversano il confine tra vita e morte: per troppa sicurezza o troppa rabbia. Questa morte non si presta a interpretazioni para-sociologiche, ma ha un valore evocativo. E il suicidio para-intenzionale di chi vuole gridare e non ha nulla da perdere: è più vicino alla ribellione dei monaci tibetani, lambisce il sacrificio di Jan Palanch, che nella Praga dell’invasione sovietica si da fuoco per svegliare le coscienze.
Ma se il sangue dei vivi inizia a ribollire è anche perché la forbice fra le due Italie che convivono in un solo paese sta diventando incolmabile. Da una parte l’osceno balbettio del vippaio, le cricche, i ministri da operetta che si fanno pagare case e lavoretti, la farsa dei deputati inconsolabili che piagnucolano contro il vigile che gli fa la multa, l’Italia supercafona che prospera ed evade sotto la protezione degli scudi fiscali. Dall’altra l’Italia onesta che entra nel tunnel della disoccupazione, dei mutui sospesi, degli strozzini e del banco dei pegni. Anche se non lo sanno, i primi stanno facendo baldoria con il sudore dei secondi: anche se non gli importa, pure loro hanno bevuto il sangue di Mariarca.

Luca Telese

(“il Fatto Quotidiano”, 16 maggio 2010)

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