Una lettera sul reparto Ortopedia di Chivasso...



Vi segnalo questa lettera comparsa lunedì 14 luglio su "La Voce" di Chivasso e che riguarda la situazione del reparto di ortopedia di Chivasso.
A mio parere, sarebbe opportuno che coloro che hanno qualcosa da dire, da aggiungere, da commentare, riguardo all'ospedale e in generale al servizio offerto salla sanità locale, scrivessero anche loro ai giornali, o inviassero un commento ai blog locali.
Segnalare le situazioni che gli utenti percepiscono come disagio, difficoltà, malfunzionamento, rapporti difficili con gli operatori, non è un atto di ostilità nei confronti dell'Azienda Sanitaria Locale: al contrario, può aiutare la stessa Azienda a porvi rimedio.
Ciao a tutti e grazie dell'attenzione.
pm

Vorrei parlare di sanità, un tema che credo interessi tutti, direttamente o indirettamente, nell'immediato o in prospettiva. Non sono un "tecnico del settore", ma un cittadino che riflette a partire da due esperienze recenti, quasi consecutive, di fruizione del servizio sanitario, in particolare del Reparto di Ortopedia dell'Ospedale di Chivasso, dove sono stati ricoverati prima mia madre e poi mio suocero, ottantenni, entrambi per frattura del femore. Le mie considerazioni non vogliono avere nulla di personale, né esprimere un giudizio sulla qualità degli specifici interventi chirurgici. Vanno piuttosto indirizzate ad alcuni aspetti che riguardano l'assistenza che nel suo complesso il Reparto fornisce ai suoi pazienti più comuni, i pazienti anziani o molto anziani, e ai rapporti che il personale del reparto stabilisce con i familiari di tali pazienti. Aggiungo che i rilievi che seguono riflettono anche opinioni largamente condivise tra i familiari dei pazienti anziani, come ho scoperto chiacchierando nell'attesa di entrare nel reparto all'ora del pranzo e della cena (perché tali pazienti vanno imboccati o comunque aiutati a mangiare).

In estrema sintesi, cinque osservazioni.

1) La prima. E' un fatto che buona parte, per non dire la gran parte, dei degenti in ortopedia avrebbe bisogno anche di un'assistenza geriatrica. Hanno altri gravi problemi, che il reparto nel suo complesso non mi è sembrato preparato ad affrontare, sia per carenza di dotazioni (letti adeguati, sollevatori ecc.) sia per formazione degli operatori, che spesso sottovalutano le esigenze complessive di tali pazienti. In altri termini, Ortopedia di fatto svolge una funzione di supplenza rispetto ad un reparto di geriatria che non esiste. Visto che la popolazione continua ad invecchiare, sarebbe forse il caso di prendere in considerazione la costituzione di un tale reparto, o almeno il potenziamento del servizio geriatrico.

2) La seconda. Una volta eseguito l'intervento, i medici del reparto suggeriscono caldamente ai familiari di riportare a casa il paziente come che sia, considerando poco utile il trasferimento ad un centro di riabilitazione. L'affetto dei familiari ed eventualmente l'aiuto di una badante costituirebbero la miglior convalescenza possibile e risolverebbero il problema. Ma spesso non è questione di mancanza di affetto o di buona volontà, è che non si è oggettivamente in grado di assistere, almeno nell'immediato, il proprio congiunto. Solo insistendo molto si ottiene il trasferimento al centro di riabilitazione, con il risultato che si perde tempo e passano diversi giorni prima che il fax di richiesta necessario all'avvio della procedura sia finalmente inviato dal Reparto.

3) La terza. La valutazione del contesto socio-economico-culturale del paziente (in particolare se anziano) dovrebbe spettare alla figura dell'assistente sociale. Ma all'Ospedale di Chivasso c'è una – sottolineo: una – sola assistente sociale che, per quanto lavori con abnegazione (e lo fa), non è in grado di far fronte alla situazione. Per cui si è provveduto in questo modo. Sono i medici del reparto (qualsiasi reparto, ovviamente) che valutano se sia opportuno segnalare questo o quel caso all'assistente sociale. Come recita il cartello affisso a fianco dello studio di quest'ultima, il primo colloquio potrà effettuarsi solo a seguito della comunicazione del reparto. Ma questo significa che i medici, per esempio gli ortopedici, si dovrebbero preoccupare di fare anche un'indagine sulla situazione complessiva del paziente, cosa che non credo spetti loro e che comunque francamente non fanno.

4) La quarta. Le comunicazioni tra un turno e l'altro del personale non sempre funzionano. In caso di pazienti che sono ben presenti a se stessi e sanno dire con lucidità di che cosa hanno bisogno e se hanno fatto questo o quello, è facile recuperare informandosi direttamente presso di loro. Ma non tutti sono in queste condizioni. Forse tenere effettivamente aggiornata una scheda sulle condizioni del paziente – se ha evacuato, se ha febbre, che cosa può mangiare, per intenderci – non sarebbe una cattiva idea.

5) La quinta e ultima osservazione può apparire ancora più banale, ma fino ad un certo punto. Al Reparto di ortopedia l'orario fissato per il pranzo è alle 12. Il ricevimento dei familiari è alle 13.30 ( e se si arriva 10-15 minuti dopo non è detto che ci siano ancora i medici). Il familiare che viene a mezzogiorno per imboccare deve così aspettare circa un'ora, insieme ai più scafati informatori farmaceutici, per conferire con i medici. Non tutti stanno a due passi dall'Ospedale e non tutti possono facilmente prendere permessi dal lavoro. Non si capisce perché non si possa trovare una modalità più razionale di gestire il ricevimento dei parenti (per es., su appuntamento).

Ripeto: la mia non vuole essere una critica distruttiva, ma un invito al dialogo. Su questi ed altri temi, alcuni dei quali mi paiono tra l'altro rientrare nell'ambito di modalità organizzative migliorabili a costo zero, sarebbe auspicabile che i cittadini del chivassese si confrontassero con le istituzioni e gli amministratori del servizio sanitario e in particolare della ASL 4.

Ermanno Vitale.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi ritrovavo perfettamente in quanto
descritto dal signore.
Lo scorso anno mia suocera è stata ricoverata in quel reparto e ho
potuto constatare direttamente la situazione : è rimasta 1 settimana
ricoverata per una frattura del femore e mai nessuno ha tentato di iniziare a mobilizzarla.
Al momento della dimissione abbiamo dovuto fare tutto noi con
con l'aiuto di una fisioterapista privata. Inoltre , visto che non era
mai stata mobilizzata, abbiamo dovuto lottare con piaghe da decubito
enormi che le hanno reso difficilissima la ripresa.
Per non parlare dell'etica del personale infermieristico e medico
che si rivolgono ai pazienti( praticamente tutti anziani ) con il "tu" fregandosene se il paziente non ha espresso il desiderio di essere trattato così "confidenzialmente".
Purtroppo , nonostante volessi farlo, alla fine non ho comunicato
a nessuno il mio disagio.