IL LIBRO DEL MESE DI AGOSCO 2008


Il Libro del mese - Agosto 2008

"I DANNATI DEL LAVORO"

A cura di Renato CURCIO.

Ediz. Sensibili alle foglie - euro 15,00.

Recensione di Toni CAPUANO

I dannati del lavoro è innanzitutto un libro che racconta delle storie. Infatti, vi si trovano narrate le vicissitudini di alcuni migranti. La loro partenza dal paese d'origine, le difficoltà che li hanno spinti a preferire alla via legale per raggiungere l'Europa quella che Curcio chiama – per ragioni che spiega nel libro – la via intemerata, le discriminazioni che hanno subito una volta arrivati sul suolo europeo, il ritorno al loro paese d'origine. Il libro è un contributo alla conoscenza di questi persone. Come scrivono nella prefazione coloro che hanno partecipato al cantiere che ha poi prodotto il libro curato da Curcio «la presenza degli immigrati sta cambiando la società italiana, eppure la loro integrazione, rimane, al meglio, una "buona intenzione". Le loro vite s'incontrano con quelle degli italiani nella quotidianità, nel lavoro, nella scuola, nella fabbrica, ma restano separate perché non ci si conosce veramente» (p. 6). Oltre a farci conoscere pezzi della loro vita, le storie che il libro racconta assolvono anche alla funzione di far emergere i dispositivi sociali e le pratiche su cui si costruiscono alcuni dei più inquietanti processi di discriminazione in atto nella società contemporanea. Il sistema di Schengen – un sistema di accordi fra paesi europei che ha permesso di eliminare i controlli alle frontiere e al contempo si è posto l'obiettivo di rafforzare i controlli verso l'esterno – e i CPT (Centri di Permanenza Temporanea) sono solo due dei molteplici dispositivi che il libro aiuta a mettere in luce. Sui CPT vale la pena riportare un passaggio del libro: «si tratta di nuove istituzioni che tuttavia non esitano ad ereditare il peggio delle peggiori istituzioni immaginate su questo pianeta: la sospensione del diritto per alcune categorie di persone che, in tal modo, vengono declassificate a "non persone". Da un punto di vista tecnico queste istituzioni sono una variante, che si pretende democratica, dei campi di concentramento. In esse, infatti, i migranti vengono rinchiusi non perché abbiamo commesso un reato più che amministrativo ma, semplicemente, perché essi vengono considerati "indesiderabili" dallo Stato italiano. "Indesiderabili" è la parola chiave degli attuali CPT, come lo fu per il legislatore dello stato fascista che nel 1940 istituì gli "speciali campi di concentramento per i sudditi nemici". In una circolare inviata dal ministero degli Interni a tutti i Prefetti, in accompagnamento al "Testo unico delle leggi di guerra e di neutralità" approvato con regio decreto l'8 luglio 1938 (numero 1415), si può leggere infatti: «Detti elementi indesiderabili apportatori di odio contro i regimi totalitari, capaci di qualsiasi azione deleteria, per difesa dello Stato et ordine pubblico vanno tolti dalla circolazione». E col decreto del 4 settembre del 1940 intitolato "Disposizioni relative al trattamento dei sudditi nemici indesiderati" viene ufficialmente disposto il loro internamento in "speciali campi di concentramento"» (p. 46). La funzione dei due dispositivi viene ovviamente taciuta dai governi che li adottano. «Gli sfruttatori del lavoro umano non hanno mai amato ostentare le procedure mediante cui si sono appropriati del plusvalore, vale a dire di quella quantità di valore prodotta dal lavoro non completamente retribuito» (p. 33). Entrambi i dispositivi concorrono però a produrre carne da lavoro irregolare a disposizione di chi la userà senza scrupolo, appunto "lavoro dannato". «Abbiamo chiamato lavoro dannato questa modalità di erogare lavoro al di qua di ogni diritto e in modo permanentemente temporaneo per distinguerla da quella più generalmente definita "lavoro nero". Il lavoro dannato infatti non è in condizione di poter istituire un accordo di convenienza reciproca tra datore di lavoro e lavoratore, di regolare direttamente lo scambio tra lavoro e denaro, cosa peraltro assai frequente, come ci mostrano le stime, nel mercato del lavoro italiano. Nel caso dei migranti intemerati e marchiati anche questa trattativa è infatti preclusa. Essi non sono liberi di trattare alcunché: possono solo adattarsi singolarmente all'offerta che viene loro proposta, senza potersi difendere in alcun modo neppure dalla violazione unilaterale del patto; debbono adattarsi al "prezzo" stabilito di volta in volta, unilateralmente, da chi li ingaggia. Rispetto ad essi "il mercato" del lavoro cessa di essere tale» (p.47). Il libro non propone soluzioni. Non ci dice che fare. Ci narra delle storie e si chiude con una domanda: «l'alienazione del prodotto da chi lo ha prodotto insomma ha ormai compiuto il suo ciclo planetario, lasciandoci spaesati in un mondo di cose straniate. Stranieri tra stranieri di fronte al compito immane di reinventare un'anima e un cuore a questo mondo alieno invaso da feticci. Ne saremo capaci?». A ognuno di noi spetta provare a rispondere.


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