Sono un autista della nettezza urbana e sto per fare 56 anni. Lavoro dall' età di 15, ma nel paese del meridione da cui provengo, negli anni '60 non si sapeva nemmeno cosa fossero i contributi... Non ero ancora maggiorenne quando sono emigrato in Germania per lavorare ed è da allora che hanno iniziato a versarmi quanto mi spettava. Nell' ottobre 2005 ho raggiunto i 35 anni di contributi, ma la "riforma Dini" e il suo requisito dei 57 anni di età non mi hanno permesso di andare in pensione. Alla fine di quest' anno avrò 37 anni di contributi, ma anche questa volta non potrò andare in pensione perchè avrò raggiunto l' età di 56 anni e 6 mesi, mentre ne servono di nuovo 57. Se con la "riforma Prodi" da gennaio 2008 scatterà lo scalino dei 58 anni di anzianità io non riuscirò ad usufruire nemmeno di quello e lo stesso sarà nel 2009. Insomma, alla fine dovrò raggiungere comunque i 40 anni di contributi nel 2010 e in questo modo avrò regalato alla produzione 5 anni per colpa di 6 mesi che mi fanno rimpiangere di non essere più vecchio... Potrei essere in pensione da 2 anni e, checchè ne dicano Draghi, Montezemolo e la Bonino, la cosa non mi dispiacerebbe visto che nel mio lavoro sono richieste un' attenzione ed una precisione costanti che a lungo andare risultano anch' esse usuranti. Io che alle elezioni politiche dello scorso anno ho sostenuto la sinistra radicale sperando che lo "scalone" Maroni fosse abolito, ora mi ritrovo una proposta di riforma di questo tipo: cosa dovrei dire? E' così che il governo di centro-sinistra aiuta i lavoratori precoci? Che senso ha inserire le cosiddette "quote" se poi le si vincola ad un' età minima che rende vani gli anni di contribuzione? Sono stanco di essere sempre fregato da tutte le "riforme" delle pensioni degli ultimi anni, quindi non mi resta che sperare che questa brutta proprosta si riesca a modificare in parlamento e sui luoghi di lavoro.
Rocco Palma.
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