Montanaro antifascista...

MONTANARO - Oggi, 1° Maggio 2013, si è svolto a Montanaro lo storico corteo del primo Maggio che da sempre vede coinvolta l'Amministrazione Comunale, le Associazioni ed i Partiti Politici… Oggi però, per il nostro paese è anche una data molto importate, perché il primo Maggio del 1945 Montanaro fu liberata dall'oppressione nazifascista.
 

CUA_Montanaro 
Al termine del Corteo abbiamo raccolto l'intervento di Ombretta Massa dell'ANPI di Montanaro nonché nipote del partigiano Luigi Massa caduto il primo Maggio 1945 a cui è intitolata la piazza di Montanaro:
"Amministrazione Comunale, Autorità Civili e Militari, Rappresentanti delle Associazioni Montanaresi, Signore e Signori.
Permettetemi innanzitutto di ringraziare l’ANPI per l’onore che mi ha fatto nel delegarmi a svolgere questa breve riflessione. Spero come neofita di essere all’altezza del compito affidatomi. Se è giusto favorire il ricambio generazionale, sento comunque la responsabilità su di me d’essere all’altezza nel comunicare i miei sentimenti e gli alti valori che gli anziani partigiani hanno portato e portano tuttora nel cuore.
Noi oggi qui celebriamo diversi avvenimenti. Innanzitutto, la liberazione della nostra cittadina dalla oppressione nazifascista e dal pericolo grave per la sua integrità e per la vita di tanti suoi abitanti che il 1° maggio di 68 anni fa diventarono ostaggi inermi delle truppe Tedesche e di un manipolo di fascisti. Celebriamo l’eroismo di persone semplici che impedirono, a rischio della loro vita, che Montanaro subisse le stragi che furono consumate in altri luoghi: Grugliasco, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, Boves solo per citarne alcune. La nostra liberazione del 1° maggio 1945 corona gli anni che vanno dall’8 settembre 1943 alla fine del conflitto drammatico che vide, tra l’altro, anche italiani contro italiani. Gli uni per conquistare la libertà compressa del ventennio di dittatura fascista, gli altri nell’illusione di difendere ancora un regime assolutamente indifendibile e condannato dalla storia. Anni in cui Montanaro è stato uno dei centri della Resistenza del Basso Canavese e prima ancora, durante il ventennio della dittatura fascista quando ha saputo mantenere vive le tradizioni popolari e democratiche attraverso i partiti politici che qui anno sempre trovato casa e aderenti. Un tessuto democratico che è quello che ha fatto si che proprio da qui partirono per le formazioni partigiane un numero molto alto di giovani chi per evitare l’arruolamento nelle truppe della Repubblica Sociale Italiana o di finire in campi di concentramento in Germania, ma anche molti giovani convinti della necessità di non attendere passivamente, nascosti, l’arrivo delle truppe alleate, ma di rischiare in proprio, anche la vita, per fare qualcosa per il proprio Paese.
Il secondo motivo di celebrazione riguarda la coincidenza della festa della nostra liberazione con la festa del lavoro e dei lavoratori. Festa questa, che si celebra in tutto il mondo libero e che oltre a ricordare le tante battaglie dei lavoratori per la conquista dei propri diritti e per la propria emancipazione, diventa oggi il momento per ribadire la dignità del lavoro stesso troppo spesso ancora negata dentro e fuori le fabbriche. Il lavoro non è solo uno stipendio che si porta a casa per mantenere la famiglia, ma è prima di tutto conquista di una dignità per donne e uomini. Il lavoro è l’elemento essenziale perché qualunque cittadino possa sentirsi parte di una comunità e realizzi in questo modo la propria personalità. Lo capirono i nostri padri costituenti che per la prima volta nel mondo libero seppero scrivere proprio nel primo articolo della nostra carta costituzionale:
L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione.
Diritto al lavoro e diritto alla salute sul lavoro sono valori che oggi purtroppo sono messi in discussione e proprio la mancanza di questi diritti sta mettendo in pericolo le stesse basi della nostra democrazia, della convivenza civile, dell’unità morale del nostro Paese. Mentre il nuovo Governo giurava fedeltà alla Repubblica nelle mani del nostro Presidente e terminava una lunga e pericolosa assenza di Governo in un momento cruciale di crisi nel nostro Paese, un grave fatto di sangue stava avvenendo. Il fatto accaduto sabato a Roma, inaccettabile per la sua gratuita violenza è ingiustificabile civilmente e moralmente. Sono stati colpiti gravemente due Carabinieri mentre svolgevano il loro lavoro nel settore delicato dell’ordine e della sicurezza pubblica e ancor più a difesa delle Istituzioni democratiche nate dalla Resistenza. Questo fatto si accompagna drammaticamente alle decine di altri atti di auto-violenza che hanno visto protagonisti disperati, imprenditori, lavoratori, giovani che hanno perso tutto perché hanno perso la possibilità di lavorare.
Oggi quindi anche per questo manifestiamo, qui come in centinaia di altre piazze, in Italia e nel mondo, per richiamare i governi e istituzioni pubbliche e private a mettere al centro delle azioni la dignità della persona umana, dignità che si garantisce fornendo intanto opportunità di lavoro e di sviluppo. Senza le condizioni minime di sopravvivenza non c’è dignità per la persona. Senza il lavoro non c’è libertà ne individuale ne collettiva. Senza la difesa della salute sul lavoro c’è schiavitù. Come ben hanno saputo dirci il Gruppo Teatrale La rOsa dei Venti nello spettacolo andato in scena ieri sera e che si replicherà questa sera a Cà Mescarlin.
Quindi se il lavoro è elemento fondante della dignità della persona e valore fondante di una comunità umana è proprio da questa nostra Terra Canavesana che oggi vogliamo celebrare la riaffermazione di quello spirito comunitario che qui è stato così tante volte manifestato. Uno spirito che Montanaro seppe vivere durante la Resistenza e anche successivamente. Quello spirito comunitario che fece si che i contadini montanaresi accettassero e corrispondessero alla richiesta del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) locale di fornire le riserve alimentari del paese nei momenti difficili e di sostenere anche chi meno aveva, ad esempio con le razioni alimentari offerte all’ospizio dei “poveri vecchi” come veniva allora chiamata la vecchia infermeria di Via Garibaldi. Uno spirito, quello comunitario, che troviamo nelle mani incrociate simbolo delle vecchie società operaie o contadine di mutuo soccorso, quando lo Stato Sociale non c’era ed era lo spirito solidaristico tra eguali che consentiva di sopravvivere nei drammatici momenti di difficoltà di una comunità o di una famiglia. Lo celebriamo in una terra, quale quella canavesana, in cui lo spirito comunitario fu vivo e produsse uno dei migliori esempi di civiltà sociale e industriale rappresentato dall’esperienza di Adriano Olivetti che mi sembra giusto citare oggi, proprio nella festività del Primo Maggio.
Tutti ci ricordiamo quelle sue domande di imprenditore illuminato: “Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi fini semplicemente nei profitti? O non vi è qualcosa di più affascinante, una trama ideale, una destinazione, una vocazione?”
Ecco riscoprendo quel senso di appartenenza, quel valore di comunità possiamo tutti insieme ritrovare quell’obbiettivo che in questi tristi anni di crisi sembra dimenticato. Lavorare insieme per vivere in pace ed in prosperità. Ma questo non si può fare se restiamo tutti prigionieri del nostro piccolo mondo. Questo non si può fare se non sappiamo metterci in gioco in un’ottica europea. Non attendiamo che le soluzioni ci giungano sempre dagli altri, come ricordato domenica scorsa in Piazza San Pietro da Papa Francesco ai giovani.
Una canzone di Giorgio Gaber si conclude con le parole “Libertà è Partecipazione”. C’è una frase significativa che pronunciò August Spies uno dei Martiri di Chicago condannato e giustiziato per aver organizzato un lontano Primo Maggio: “Verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che oggi soffocate con la morte”.
Pensando a questo concludo con una frase che a me sta molto a cuore: “Ho raccolto i tuoi attrezzi logori e farò ancora un po’ di strada, strada che tu mi hai indicato, portando in giro la tua voce e la voce di quelle persone che come te hanno combattuto per la libertà”.
Grazie per l’attenzione e per l’impegno che vorrete metterci nel futuro.
Da: http://www.plgchivasso.it/

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