"Corpo Celeste" di Alice Rochrwacher Recensione a cura di Domenico CENA “Corpo Celeste” è l’opera prima, presentata con successo a Cannes, della giovane regista Alice Rochrwacher, sorella di Alba, attrice bravissima e già affermata, forse rappresentata nel film dal personaggio dell’antipatica sorella maggiore della protagonista. Come tutte le opere prime, si tratta di un lavoro a tratti incerto e un po’ esitante, che dichiara fin troppo apertamente i propri modelli, dai fratelli Dardenne fino al maestro Fellini. Ma il film dimostra anche una intatta acutezza e profondità dello sguardo, ben simboleggiato dai penetranti e inquieti occhi blu della tredicenne Marta, una ragazzina che, dalla Svizzera dove erano emigrati i suoi genitori, si trova all’improvviso catapultata in una Calabria arretrata e meschina, che ben rappresenta per molti aspetti tutto il nostro Bel Paese. La prima cosa che colpisce sono i luoghi, i tanto celebrati paesaggi della penisola, ridotti a orride periferie circondate da autostrade, raccordi, viadotti su cui transita un flusso ininterrotto e insensato di traffico, e cosparse di rifiuti. Qui, tra un mare reso invisibile dal succedersi informe di grezzi condomini e una fiumara devastata, vive nel più completo isolamento una comunità che cerca di dare un senso al proprio quotidiano stringendosi attorno alla parrocchia e ai riti del sacro, come la processione del santo, o la cresima cui si stanno preparando i ragazzi. Non sembra esserci altro qui, non una scuola, né un’autorità o una rappresentanza laica di qualsiasi tipo. Per farsi accogliere da questa comunità, la protagonista accetta di partecipare ai preparativi del rito cresimale, imparando parole di cui nessuno le spiega il significato e compiendo gesti di cui non conosce il senso, ma che gli altri ragazzi sembrano conoscere benissimo. Al di là della patina esteriore che usa i simboli religiosi infatti, la cultura è quella dei peggiori modelli televisivi nostrani, a colpi di balletti, quiz e canzoncine idiote, e il potere vero è quello nascosto, ma vigile e attivo, che manipola la politica per raggiungere i propri fini. Notevole è anche l’abilità della giovane regista nel tracciare con mano leggera dei ritratti di personaggi credibili, anche se decisamente detestabili. Come il parroco che acquista benemerenze in vista del trasferimento ad una parrocchia più grande raccogliendo voti per un candidato sostenuto dalla curia, o il sacrestano killer, o la zia che cucina soltanto pesce proveniente dall’Atlantico. E la povera Santa, la catechista, sicuramente il personaggio più riuscito, con la sua fatua ingenuità e una carica vitale senza sbocchi. Si tratta soltanto dei soliti stereotipi e di banali esagerazioni? Verrebbe quasi da dire: magari! | ||
Il film di luglio...
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