Tra meno di un anno a Chivasso ci saranno le elezioni, e, come dice quella canzone, la situazione del nostro lavandino non è buona. E non solo perché a Chivasso le ultime amministrazioni di destra hanno perpetrato uno scempio ambientale sistematico, costruendo l’impossibile, in spregio a qualsiasi norma di buon senso. Non solo perché nel costruire non si è tenuto conto che non basta fare case, ma che sia altrettanto necessario che queste abbiano trasporti, servizi e luoghi comuni, se si vuole che possa continuare ad esistere una comunità di persone e non un dormitorio alienante. Non solo perché niente è stato fatto per intervenire sui problemi storici di Chivasso, cercando soluzioni a situazioni degradate o alle nuove sfide che il mercato del lavoro pone quotidianamente al vivere comune. Ma soprattutto perché non si è definita un’idea di sviluppo di questa città, cercando di massimizzare elettoralmente il presente senza investire sul futuro.
In questo vuoto d’idee, riempito solamente dal rumore delle betoniere e delle motoseghe, dobbiamo registrare inoltre la mancanza di un’opposizione concreta alle devastanti iniziative della Giunta Matola. Spesso leggiamo sui giornali la ricerca affannosa di un nome che il Centrosinistra dovrebbe contrapporre alle elezioni prossime venture. Ma il problema vero è, per quello conosciamo, non tanto la mancanza di un nome, ma la mancanza del Centrosinistra. Ad oggi non c’è ancora stata una dichiarazione, chiara e congiunta, della volontà dei partiti che ne dovrebbero fare parte, di un’unità d’intenti volta alla creazione di questo schieramento.
Ma sarebbe sbagliato, secondo noi, scaricare tutte le responsabilità sulle forze politiche e non registrare una oramai consolidata assenza della società nelle vicende politiche chivassesi. Penso che la Sinistra a Chivasso (e non solo) abbia un problema di rappresentanza e di militanza. Troppo spesso la politica è considerata come posto dove tutelare i propri interessi, e non come luogo di tutela del bene comune.
E se questo per gli elettori del Centrodestra può essere normale, non lo è certamente per l’elettorato di sinistra che chiede che la politica non sia solamente il posto degli affari, ma che svolga anche un compito importante di proposta e indirizzo sociale. Il nostro elettorato è lontano dagli eletti, perché non gli riconosce più la capacità di essere determinanti, sul piano della realtà, per il proprio futuro. L’incapacità della classe dirigente di dare un futuro alla gente ha fatto si che ognuno si sia chiuso nel proprio universo personale, spesso fatto di lavoro precario e stipendi che non bastano, vedendo il politico come quello che ti può dare una spinta, o che cura gli affari del proprio gruppo sociale.
Dobbiamo quindi provare a ridare a questa comunità un progetto di futuro. Dobbiamo cercare allora di ricostruire le ragioni di un agire comune, uscendo dalle logiche della casta, ma cercando di dare risposte concrete alle persone che vivono nel nostro territorio.
I temi sono sul tavolo da molto tempo, basta raccoglierli. Trasporti, servizi, politiche di inclusione sociale e di sostegno alle fasce deboli restano le caratteristiche che un’ipotetica giunta di Centrosinistra deve porre al centro del proprio programma, ineluttabilmente. Ma anche la ricostruzione del senso della comunità è necessario che sia presente in questo orizzonte programmatico. Bisogna riabituare i cittadini alla partecipazione alla presenza nella vita democratica, se si vuole uscire da questa situazione senza futuro.
Per fare questo è necessario che alle forze politiche presenti si affianchi in maniera determinata, una lista civica che raccolga forze e pensiero di coloro che non si riconoscono più nei partiti presenti, spesso più attenti alle dinamiche interne che al bene comune.
Una lista civica per provare a mettere un granello di sabbia nell’ingranaggio.
Una rottura con il passato, riappropriarsi di un modo diverso di fare politica. I partiti di questi anni non hanno espresso delle qualità riconosciute dai più. Non sono stati capaci di stare con le persone, hanno navigato per altri mari. Hanno anzi promosso la distanza dai propri elettori, pensando così di poter governare meglio, senza impicci. Noi non siamo impicci. Ma una lista civica composta da chi? Da chi vuole provare a partire dal proprio quartiere, la propria frazione, il proprio paese. Da chi vuole sacrificare le proprie sere scommettendo insieme ad altri, la possibilità di rendere Chivasso una città viva. Composta solo da principianti della politica? Non necessariamente. Molti di noi hanno un passato più o meno vicino, ma anche un presente fatto di militanze sempre più mortificate e asfittiche.
Per fare che cosa? Per orientare la politica su temi virtuosi. A Chivasso e per Chivasso è stato fatto molto, forse troppo, spesso anche male. E’ ora di fare qualcosa per i chivassesi che devono tornare ad essere protagonisti e non sudditi. Il chivassese non sta bene perché gli hanno fatto il marciapiede nuovo, ma perché è stato lui a volerlo e a condividerlo con altri. Chivasso diventerà migliore solo quando sarà di tutti.
Protagonisti del “bene comune”, termine usato ed abusato per accontentare tutti, ma concetto rivoluzionario per dire che nessuno deve stare indietro. Non si può lasciare nessuno fermo al palo, dobbiamo tutti fare qualche cosa per fare un passo avanti insieme. Le disparità già oggi ai nostri occhi sono troppo evidenti. Un’amministrazione ha il dovere di sperimentare nuove strade per trovare risposte a problemi sempre più marcati, ma deve cercarle alzando lo sguardo verso i vicini. Chivasso da sola non ha speranze se non prende per mano il territorio fatto da tanti piccoli comuni.
Avere un’idea in testa con un respiro lungo. La crescita di Chivasso in termini numerici c’è stata, e ora? Cosa offre il territorio ai chivassesi? Capannoni più o meno disordinati che non esprimono un’omogeneità attraverso le attività svolte al proprio interno. Ognuno per sé, senza un pensiero di fondo da parte di chi deve invece avere in testa un’idea di sviluppo del proprio territorio. E la scuola? Cosa stiamo insegnando ai nostri figli? Avranno la speranza di trovare un’occupazione nel chivassese per quello che hanno studiato? Un’altra idea che in questi anni non si è manifestata.
Quante case dovremo ancora far costruire per poterci permettere i costi di mantenimento di una casa comunale come quella di Chivasso? Il nostro futuro non sarà felice se affideremo tutte le speranze di crescita al cemento.
Infine, ma non ultimo, riteniamo che sia necessaria la presenza di una lista che possa rappresentare tutti coloro che negli attuali partiti della sinistra non si riconoscono, o che fanno fatica a comprendere le divisioni e le differenze, le titubanze, le guardate di ombelico. Vorremmo costruire una lista che ponga l’unità di tutti i democratici e gli antifascisti tra le proprie priorità, superando antiche divisioni.
Una lista civica, quindi che forse ha già un nome: CHIVASSO PER IL BENE COMUNE.
Invitiamo quindi chi abbia voglia, tempo, idee a farsi avanti, per cercare di ridare respiro a questa città, dove l’inquinamento dell’aria blocca i nostri polmoni e l’inquinamento delle coscienze ha spento le nostre menti.
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