Michelangelo non c'entra... l'ecomafia sì...

L’Italia è uno dei Paesi europei più sforacchiato dalle cave, primo strumento della devastazione ambientale. Non solo è molto facile aprirne di nuove, ma nessuno si preoccupa di ripristinarle una volta finita la coltivazione. In altri Paesi si usa obbligare chi vuole aprire una cava a lasciare in fideiussione il denaro sufficiente per poterla ripristinare, qui spesso prima della fine della concessione le cave vengono abbandonate: lo scempio ambientale resta e nessuno può porre riparo.
Si cava soprattutto per il cemento ma anche per la polvere del marmo. È il caso delle Alpi Apuane, uno dei luoghi più incontaminati e straordinari d’Italia, sforacchiato da quasi 300 cave che non servono più a produrre i marmi monumentali della Pietà di Michelangelo o dei romani antichi, ma solo polvere di marmo usata come sbiancante o additivo, dunque non più per un uso monumentale.
Una nuova cava significa strade, camion, inquinamento atmosferico, polveri sottili, rumore. Inoltre spesso la cava è il primo passo dell’ecomafia dei rifiuti: se ne apre una abusiva, ci si fa cemento. Nel buco si interrano i rifiuti tossici speciali. Sopra, una volta ricoperto con la terra, ci si fanno i pomodori.
La legislazione è carente e non comporta obblighi ambientali. Servirebbero nuove norme uguali per tutto il territorio, ricordando che i giacimenti minerari e le rocce sono patrimonio della nazione.
Mario Tozzi.
da "La Stampa"24.5.09.

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