Film del mese... giugno 2009...




"VINCERE"
di Marco Bellocchio.

Recensione a cura di Domenico CENA.



La prima cosa che si propone Bellocchio, quando pensa a un nuovo film, è probabilmente la maniera per renderlo sgradevole, ostico, faticoso per lo spettatore. Bellocchio non vuole piacere, è rimasto quello de “I pugni in tasca”, distaccato e ostile, in più, con il passare del tempo, è diventato sempre più un intellettuale scontroso e indisponente.


Chiarito questo, se uno decide di andare a vedere un suo film, è sicuro che troverà un’opera intensa e complessa, uno stile raffinato e innovativo, uno sguardo lucido sul nostro passato e sul presente. Lo sguardo non rassegnato, né riconciliato di chi continua a opporsi a ogni tipo di potere, politico, religioso, culturale, familiare, con una chiara autoironia, ben conscio del proprio essere inattuale e anacronistico.


A tutto questo si intrecciano i continui riferimenti psicanalitici, che legano strettamente la vita al sogno, il sociale e la politica all’inconscio, per cui si potrebbe parlare di “realismo onirico”, o dei sogni e sonni della storia.


E di sogni tratta “Vincere”, l’ultimo film di Bellocchio, presentato a Cannes senza troppa fortuna. Anzitutto il sogno d’amore di Ida Dasler, la prima moglie, forse, di Mussolini, interpretata da una splendida Giovanna Mezzogiorno, che riesce a dare al personaggio un sapore da eroina tragica. Bellocchio ne tratteggia la storia con tinte forti e fosche, trasformandola, da patetica protagonista di un melodramma passionale, in una vera eroina greca, che lotta con tutta se stessa, sola contro tutti e fino alla morte, per affermare i propri diritti. Appassionata e sincera, non conosce la rassegnazione ed è perciò destinata alla sconfitta.


Accanto a lei, un altrettanto bravo Filippo Timi interpreta il giovane Mussolini, ateo, socialista rivoluzionario e futurista, i cui occhi tradiscono fin da subito un ambiguo opportunismo che lo trasformerà in interventista, fascista, comica marionetta che infiamma le folle dal balcone. “La fortuna passa una volta sola davanti alla tua porta, e bisogna saperla cogliere” è la sua regola di vita, che lo porterà ad accettare molti compromessi, pur di elevarsi “al di sopra di tutti”.


Ida Dasler viene rinchiusa in manicomio, è considerata pazza perché non rinuncia a ciò che le spetta, ma in realtà è lucida e vede le cose con chiarezza. Mussolini, invece, con i suoi occhi spiritati, trascina una nazione intera nella voragine della guerra, servito, ammirato e idolatrato da tutti, a cominciare dall’apparato della chiesa cattolica.


La Chiesa, secondo Bellocchio, è l’arma vincente che permette al duce la folgorante ascesa. Uno dei momenti principali del film racconta la firma del Concordato, in cambio del quale, l’apparato ecclesiastico si incarica di gestire la macchina repressiva del potere, manicomi, collegi, ospedali, tutto ciò che contribuisce a rendere docili e sottomessi gli individui. Da una parte, quindi, la follia del potere, che acceca le folle, dall’altra, lo sguardo lucido dell’individuo che, diventato troppo ingombrante, viene isolato e represso, ma non rinuncia a far sentire la sua voce. Una delle scene più belle e incantate del film è quella di Ida, arrampicata sulle inferriate del manicomio, che, in una notte nevosa, lancia inutilmente nel vuoto le sue lettere ai rappresentanti del potere.


Qui sta anche l’attualità del film. “Racconto l’Italia del fascismo, ma anche quella di oggi, che non si oppone, non reagisce alle violenze perpetrate verso i più deboli” ha dichiarato Bellocchio. E, se vogliamo, il film presenta un’attualità in qualche modo lungimirante, con le sue storie di mogli tradite, di seduzione, di servilismo, di apparati mediatici, culturali e religiosi al servizio del potere più rozzo, pacchiano, ma anche violento, soprattutto contro gli emarginati.

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