In un autodefinitosi “Paese democratico” vige una
Costituzione varata all’indomani di una guerra mondiale in cui perirono milioni
di persone in tutto il mondo. Quel conflitto fu la sommatoria e sintesi delle
scelte, economiche misto razziste, maturate nella Germania nazista ed in nazioni
rette da dittatori fascisti, a cui il Paese di cui sopra aderì con
convinzione.u
Finita la guerra molti cittadini che ebbero il
coraggio di opporsi al regime, pagando il prezzo della tortura e della galera,
ritennero giusto fare voltare pagina al Paese che era stato di quel duce e
fondarono una democrazia, seppur borghese, dotandola di alcune regole che la
preservassero da nuove guerre ed oppressori.
Dalle speranze maturate
nella tragedia precedente, prese forma la Costituzione su cui i “padri”
lavorarono alacremente per trovare una sintesi tra ideali socialisti, liberali e
cattolici. Un’opera complessa e difficile fatta di compromessi,
certo, e qualche bilanciamento di interessi partitici, ma le cui fondamenta si
posavano su principi e certezze politico sociali di stampo comunque
progressista: valori opposti al personalismo ed al clientelismo
elettorale.
Per anni lo scontro politico
in Italia (la parola “scontro” non deve fare paura, anzi) si è disputato sulla
contrapposizione tra idee forti: da una parte comunisti e socialisti, dall’altra
la democrazia cristiana ed i fascisti. Un confronto aspro e non sempre
pulitissimo da parte di alcuni (ricordo le bombe nere in piazza e la corruzione
bianca), ma basato spesso su basi ideologiche chiare in cui si dibattevano
proposte antagoniste per l’Italia. In questo quadro la Carta fondamentale non è
stata sempre rispettata nelle sue linee di governo di carattere sociale, però è
stato istituito il sistema sanitario nazionale e, anche grazie alla discesa in
piazza di lavoratori e studenti, si è varato lo Statuto dei
lavoratori.
Da qualche anno molti
opinionisti si rallegrano per la scomparsa, dalla scena politica nostrana, delle
ideologie, evidenziando al contempo il gran bene collettivo legato al loro
presunto decesso. Non resta che guardare al bene collettivo e valutare se la
sostituzione del personalismo alle idee, abbia comportato un miglioramento
sociale e culturale dell’Italia.
La risposta alla domanda
risiede nella politica attuale. La troviamo nei privilegi, nelle politiche
dirette esclusivamente alla clientele ed alle lobbies, quelle piccole delle
feste di via e quelle grandi delle banche, nello sfascio di valori e proposte,
nei faccini e faccioni che in televisione dicono le stesse cose, nell’interesse
tutto rivolto ai grandi imprenditori (ideologici e vittoriosi) ed alle proprie
tasche. Abbiamo riscontro negli stravolgimenti delle norme elettorali non
attuati per garantire rappresentanza e democrazia diretta, ma
esclusivamente per decidere chi deve stare dentro e chi fuori dal
Parlamento; nella voglia di dittatura da regime che pian piano si fa strada tra
i muri di Palazzo Chigi e del Quirinale.
La risposta sta
nell’impreparazione della classe politica, nella sua arroganza e grassa
ignoranza; nelle liste individuali personalistiche e nelle primarie falso
democratiche; nell’essere lontani dalla realtà e dai problemi della gente
comune. La risposta la riveliamo infine nelle loro risatine nel rivolgersi ai
comitati spontanei dei cittadini oppure nel dare risposte a cui non corrisponde
mai la soluzione dei problemi, ma la soluzione nel risolvere problemi in capo ai
gruppi di potere.
Un appello: per favore ridatici le ideologie e
riprendetevi i faccini instupiditi di chi combatte in primarie o guerre di
partito, dimenticando di affrontare con forza chi ci sta riportando al medioevo
dei diritti e della vita collettiva.
Juri BOSSUTO.
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