Film del mese...

"AMOUR"
di M. Haneke.

Recensione a cura di DOMENICO CENA.

Regista scomodo e allo stesso tempo di successo, l’austriaco Michael Haneke ha ottenuto per due volte la Palma d’Oro al festival di Cannes, quest’anno con questo film e nel 2009 con il precedente “Il Nastro Bianco”, spietata analisi dei mali nascosti che minano la vita di un villaggio tedesco alla vigilia dell’avvento del nazismo. 
Molto amato dai suoi colleghi cineasti, ma anche da un considerevole pubblico di fedeli, forse per il rigore assoluto che lo porta a rifiutare tutte le dinamiche e gli effetti che fanno del cinema uno spettacolo, Haneke ama confrontarsi con dei temi ardui e scabrosi. In questo film ha deciso di affrontare quelli che sono forse i più ostici e difficili fra tutti, cioè la vecchiaia e la morte. “Amour” racconta la storia di un’anziana coppia borghese, magnificamente interpretata da Emmanuelle Riva e  Jean-Louis Trintignant, 85 anni lei, 82 lui (ve lo ricordate il giovane straniero un po’ timido, trascinato da Vittorio Gassman in una rovinosa corsa sulla sua decapottabile ne “Il Sorpasso”?).
Anne e George, insegnanti di musica in pensione, vivono isolati nel loro lussuoso appartamento parigino, limitando la vita sociale a qualche rara uscita per assistere a un concerto, o ai rapporti più che formali con il portiere dello stabile e la moglie, per la spesa e le pulizie. Non chiedono altro che di essere dimenticati, per vivere in pace la loro vecchiaia fatta di ricordi, di piccole abitudini quotidiane, di intimità e di uno guardo ironico e disincantato rivolto agli altri e a se stessi. Ma il mondo non vuole saperne di rimanere fuori. Fin dall’inizio, un pubblico folto e indiscreto li guarda, e ci guarda, con invadente curiosità e, tornando a casa dal concerto, trovano la porta del loro appartamento forzata dai ladri. E poi ci sono la figlia musicista che, forse perché si sente in colpa, negli intervalli tra un concerto e l’altro in giro per il mondo, ritorna e pretende di organizzare la loro vita, o gli ex allievi di successo che ci tengono ad esibire il cammino compiuto.
Ma tutto questo fa ancora parte del gioco, è accettabile, si può superare con il ragionamento e con il garbo acquisito col tempo. Ciò che invece è ineludibile, a cui non ci si può sottrarre, è il corso naturale della vita, il male che inevitabilmente colpisce il corpo e devasta l’anima. Come quel piccione insistente e cocciuto che si ostina a introdursi nell’appartamento dalla finestra che dà sul cortile e non si riesce più a cacciare fuori. Di fronte a una tale cieca e assurda invadenza, non valgono né la ragione, né l’educazione o la cultura. Ogni ordine ed equilibrio vengono sovvertiti da un meccanismo incontrollabile e inesorabile.
O forse si può tentare di affrontare insieme anche questo, con il dovuto distacco e con discrezione, ma anche con decisione e senza paura di fronte agli estremi rimedi. Insomma, con amore.


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