Pare che in occasione del 150° dell'unità d'Italia la giunta del Comune di Casalborgone ne abbia fatta un'altra delle sue. Ha pensato bene di accogliere la proposta di un nostalgico relativa all'intitolazione di una piazza ad Umberto II di Savoia, più noto come "re di maggio". La motivazione, in sintesi, è che, nonostante tutti sapessero che il referendum del 2 giugno 1946 era stato "taroccato" (questa, alla lettera, l'espressione fatta propria dalla Giunta: ma ogni botte dà il vino che ha) a favore della Repubblica, l'ultimo re sabaudo preferì l'esilio portoghese per evitare lo scontro senza quartiere tra monarchici e repubblicani. Insomma, Umberto II meriterebbe l'intitolazione in quanto "eroe mite" della pacificazione nazionale.
Chiunque capisce che assumere questa motivazione, anziché dichiararla irricevibile, equivale a delegittimare se stessi: se la repubblica è nata da un imbroglio, tutte le sue istituzioni centrali e periferiche soffrono di questo vizio d'origine, compresa l'istituzione "comune di Casalborgone". La cascata di conseguenze destabilizzanti è pari all'irresponsabilità di questa delibera. Ma siano almeno coerenti: se credono veramente che le cose stiano così, si dimettano per lottare contro queste istituzioni illegittime, anziché rappresentarle. Non lusinghino il pugno di nostalgici casalborgonesi per raccattare il loro consenso. Auspico che la minoranza in consiglio e tutti i sinceri repubblicani si oppongano in tutte le sedi istituzionali e forme consentite a questa ennesima provocazione.
Naturalmente, in perfetto stile berlusconiano, il sindaco lancia la pietra e nasconde la mano. Si affretta a dire che anche lui non condivide la motivazione, che anche lui è un fervente repubblicano. Ma intanto continua a strizzare l’occhio ai nostalgici, dicendo che la persona è comunque degna del riconoscimento perché ci salvò dalla guerra civile ( che in verità c’era già stata, secondo tutti gli storici più accreditati).. In ogni caso, chi fu davvero Umberto II? La sua accettazione dell'esilio è l'ultimo atto di una biografia politica all'insegna della "paura della propria ombra". Antinazista, e per molti aspetti in disaccordo con Mussolini, non riuscì mai a trasformare questa sua "fronda morale" in azione politica capace di rendere evidente che aveva un'altra idea dell'Italia e del ruolo della monarchia. Quando l'8 novembre 1943 i reali si coprono di vergogna fuggendo nottetempo da Roma per rifugiarsi a Brindisi, Umberto, capendo che questa sarebbe stata probabilmente la fine della monarchia, pensa più volte di rientrare a Roma, ma alla fine non lo fa e fende la folla per imbarcarsi come tutta quell'impresentabile "classe dirigente". Quando il padre Vittorio Emanuele III abdica in suo favore il 9 maggio 1946 sperando in tal modo di separare furbescamente le sue responsabilità da quelle della dinastia, Umberto accetta. Non per senso di responsabilità, ma per, diciamo così, mancanza di personalità. Di fronte al caso del referendum contestato, semplicemente fa ciò che gli aveva sempre dettato la sua indole. E fa bene a fare ciò che fa, ma lo fa non per grandezza d'animo, ma per evidente carenza di virtù politiche. Vi chiedo: è una buona ragione per intitolargli una piazza? Non per nulla nessuno ci aveva mai pensato prima. Suppongo per rispetto – un rispetto che oggi si va perdendo – verso coloro che veramente hanno salvato la dignità della nazione. Se proprio a Casalborgone si desidera metter mano alla toponomastica, sarebbe meglio riconoscere il merito di aver ricostruito e pacificato l'Italia distrutta dal fascismo e da una complice monarchia a uno di coloro che scrissero la nostra Costituzione. Tra questi c'era anche Giorgio La Pira, che quest’amministrazione ha dimostrato di conoscere e di onorare con un recente convegno a lui dedicato. Forse non fu tra i costituenti più significativi, ma perché non dedicare a lui la piazza?. A proposito: quel referendum, in Piemonte, diede una netta vittoria alla repubblica: 57,1 contro 42,9 dei voti validamente espressi. Con queste percentuali oggi qualsiasi politico griderebbe al trionfo, ritenendo non solo di aver vinto, ma di aver messo al tappeto il suo avversario.
Ermanno Vitale.
IN FOTO: Re Vittorio Emanuele II con il principe Umbero II di Savoia dopo la fuga da Roma sulla nave "Baionetta" verso Brindisi.
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Che senso ha oggi intitolare una piazza a re Umberto II di Savoia se non quello di guadagnarsi visibilità con qualche passaggio sui giornali? O forse viene preso a pretesto il 150° anniversario dell'unità d'Italia per fare della provocazione? Ci spieghino lor signori cosa ha fatto questo Savoia di veramente utile per questo paese o per la nostra nazione. Se guardiamo veramente indietro c’è da vergognarsi. Chi fu a volere il fascismo, a favorirne l'ascesa, a sostenerlo per un ventennio fino alla tragedia della seconda guerra mondiale, dove l'Italia partecipò al conflitto in condizioni di totale impreparazione militare, solo per ottenere quei mille morti necessari a “sedersi al tavolo dei vincitori”? E cosa dire sul complotto, il tradimento, la diserzione e la fuga vergognosa dall’Italia. Hanno mai, i Savoia, compiuto una scelta limpida, dignitosa e decente?
Penso che Casalborgone meriti di più e senza sforzarsi troppo e senza andare lontano, può trovare un altro nome, forse meno illustre e meno blasonato ma certamente più degno di essere nominato a comparire sulla targa che dovrebbe intitolare quel tratto di strada o piazzetta che sia. Me ne viene uno: Eligio Battù. Un uomo che aveva scelto la lotta partigiana e che aveva vissuto, prima da “ribelle” e poi con dignità senza perdere di vista i veri valori della vita e della Costituzione repubblicana, nata anche con il suo piccolo contributo.
Vinicio Milani,
presidente A.N.P.I. Sezione "Boris Bradac"di Chivasso.
1 commento:
Le dichiarazioni a Repubblica e il comunicato "esplicativo" (sul sito del comune) del Sindaco di Casalborgone, che raccontano di una "dissociazione" rispetto alla famosa lettera di richiesta, sono ancora più scandalose della delibera stessa.
Le parole "atteso che l'istanza è condivisibile", sulla delibera, non consentono prese di distanza a posteriori.
Restano tre sole possibilità: il Sindaco non sa leggere (le lettere che gli arrivano), non sa scrivere (le delibere) oppure è un bugiardo.
La cosa peggiore è che possano verificarsi tutti e tre gli eventi insieme.
Per quanto riguarda le proposte "toponomastiche" alternative a Umberto II, a me viene in mente Bruno Caccia, un onesto servitore dello Stato fatto uccidere dalla 'ndrangheta: l'ordine di ucciderlo, probabilmente, partì dalla cascina dei Belfiore a San Sebastiano Po.
Confiscata e messa a disposizione di Libera, la cascina oggi è quel luogo importante per la legalità che si chiama Cascina Caccia.
Una via intitolata a Bruno Caccia avrebbe dunque un significato importante per il nostro territorio.
Marco Zanette
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