SETA: un po' di chiarezza, please...

CHIVASSO - A proposito della situazione che si è venuta a determiinare nell'ambito di SETA, penso che sia opportuno chiarire la situazione e far sapere ai cittadini le cose come stanno, smettendola di vendere illusioni e di raccontare favole, anche perché saranno i cittadini a pagare i costi della cattiva gestione di SETA.
Intanto cominciamo col dire che con la vendita delle quote ai privati và a cadere quello per cui SETA era stata costituita, ovvero un’azienda controllata dal pubblico  che garantisse un buon servizio, a costi contenuti, ai cittadini.
Questo sparirà con la vendita delle quote al privato, che prima di essere un obbligo determinato dalle nuove normative è dovuta al dissesto economico e finanziario dell’azienda. Insomma si vende non perché lo impone la legge, ma perché si è superato il limite di un terzo del patrimonio e quindi o si vende o si dichiara fallimento.
Inoltre la quota messa in vendita difficilmente sarà sufficiente a coprire le perdite, in quanto il 40% attualmente in discussione è semplicemente quanto Amiat e il Comune di Venaria lasciano, e il loro acquisto è solo sostitutivo, non integrativo del capitale sociale.
Per coprire le perdite potrebbe quindi essere necessario aggiungere altre quote all’offerta, e questo significa una perdita per i comuni che attualmente hanno quote in SETA.
Le cause di questo dissesto sono state determinate, a mio avviso, da una gestione dilettantesca e improvvisata di chi, in questi anni , ne ha avuto la gestione.
La prima causa, fino a ieri dichiarata come unica, ovvero il dissesto economico dovuto al passaggio a TIA, è stata il frutto di una scelta imprenditoriale, che evidentemente non è stata ben ponderata dalla dirigenza di SETA, che si è improvvisata come azienda dedita alla riscossione senza averne né le competenze, né l’esperienza e nemmeno i capitali necessari ad affrontare una tale attività.
Ma da quest’ anno un’altra causa è emersa, dopo che (finalmente) l’azienda si è dotata di uno strumento essenziale in tutte le aziende di questa complessità, ovvero il controllo di gestione attraverso la contabilità industriale.
Scandalosamente, fino allo scorso anno SETA non era in grado di stabilire con chiarezza il costo industriale dei servizi che vendeva ai comuni. E i risultati si sono visti subito, tanto che SETA ha messo, tra le azioni necessarie per uscire dallo stato di crisi, l’aumento delle tariffe di svolgimento dei servizi, con la richiesta di adeguamento delle convenzioni già dall’anno in corso (2010).
Insomma tradotto in soldoni i dirigenti di SETA si sono accorti solo oggi che svolgevano i servizi sottocosto, in perdita..
E’ quindi da questa situazione che ci si rivolge al privato, che dovrebbe mettere i soldi nell’azienda. Ma a che prezzo? Dubito che chiunque lo farà non chiederà anche di avere il controllo dell’azienda e l’adeguamento dei ricavi, comprendendo in questi anche un giusto guadagno.
Traducendo anche questo significa che per i cittadini si preannunciano tempi duri: ammesso che si trovi qualcuno disposto a mettere soldi nell’azienda i costi potrebbero aumentare, e di molto.
A meno che non si pensi di ridurre i servizi, con il rischio di diminuire le percentuali di raccolta differenziata. Cosa che comunque non ci metterebbe al sicuro dall’aumento dei costi, visto che nel 2012 dovremmo arrivare al 65% di raccolta differenziata, e che la differenza tra quanto si raccoglie e l’obiettivo del 65% diventa eco-tassa.
Attualmente non ci sono progetti di sviluppo delle raccolte che restano attorno al 55% e i fondi derivati dal conferimento in discarica sono troppo importanti per rinunciarci, ma il risultato sarà che i cittadini pagheranno di più, e solo per rimediare all’incapacità degli amministratori.
Ora qualcuno può anche dire che il bicchiere è mezzo pieno, ma forse sarebbe meglio che specifichi di cosa, visto che il gusto della pozione è molto amaro, almeno per il portafoglio, se non per l’ambiente.
Massimo Zesi,
Federazione della Sinistra-Chivasso.

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