Via Bradac: la motosega di Matola arriverà anche qui?


In Via Bradac c’è una bella fila di alberi. Non sono malati e non fanno inciampare nessuno. Offrono un po’ d’ombra, un po’ di fresco, e un piccolo paesaggio verde in un quartiere di massicci condomini. Dietro gli alberi c’è uno sterrato che finora è servito da parcheggio. Tutto poteva restare a parcheggio e ad area verde, magari con l’aggiunta di qualche panchina. 
Ma sarebbe stato troppo ragionevole, e così il Piano regolatore approvato nel 2004 ha stabilito che quell’area è edificabile. Ora le ruspe sono arrivate e hanno scavato il buco per le fondamenta. 
Quella fila di alberi sopravvivrà? I precedenti non sono rassicuranti. Sono in tutto 36 alberi. I primi 13 si trovano davanti al tempio dei Testimoni di Geova e non dovrebbero correre rischi. Al fondo, vicino al cavalcavia, ce ne sono 5 davanti al palazzo dove si trova il motobar, e anche questi dovrebbero salvarsi. In mezzo ci sono gli altri: 11 sono quelli che si trovano proprio lungo il cantiere edile e sono già recintati. E questi undici sono a rischio. Vedremo se Matola riuscirà a trattenere il suo irrefrenabile impulso a tirar fuori la motosega. Poi ci sono gli ultimi 7 davanti a quel che resta dello sterrato, ed anche questi hanno un futuro incerto.
Se venissero abbattuti, non sarebbero certo i primi. Di recente sono stati tagliati gli alberi di Via Settimo davanti al condominio vicino alla ferrovia: d’estate i residenti vi parcheggiavano le auto al fresco e scambiavano due parole all’ombra. Abbatterli è stata una inutile crudeltà. Poi, quando è stato aperto il cantiere del Podere San Marco, sono stati eliminati gli alberi sul cavalcavia per Montanaro, vicino al civico 24 di Via Foglizzo. Era veramente necessario?
Intanto, altre aree verdi di pregio attendono di venire eliminate o danneggiate, o “riqualificate”, come recitano i comunicati podestarili. La più nota è il Parco Mauriziano. Ma non dobbiamo dimenticare il cosiddetto progetto Orcobeach, circa 300 ettari sulla sponda destra dell’Orco, quasi alla confluenza con il Po. Il progetto è stato presentato al Comune dall’Impresa ESSEPI, cioè Scoppettone, che è anche assessore nel Comune di Chivasso: al tempo stesso controllore e controllato. L’area è un SIC (Sito d’importanza comunitaria) ed è tutelata dal Parco del Po. 
Ma non bisogna illudersi che le motoseghe di Matola si fermino di fronte a questo. Del resto finora la Regione si è dimostrata compiacente: ma l’ex presidente Bresso non sosteneva di essere un’ambientalista?
Al Comune di Chivasso la furia cementificatoria si è cronicizzata. Lunedì 11 maggio l’Amministrazione presenta in consiglio comunale le proprie critiche al nuovo PTC (Piano territoriale di coordinamento) della Provincia di Torino. Il PTC si ispira al principio di limitare il consumo di suolo. Questo principio deve essere apparso come un insulto nei corridoi del cementificio di Palazzo Santa Chiara. 
Ed infatti una bozza di documento inviato ai consiglieri, e poi ritirato, esprimeva vibranti proteste. E perché? Perché il PTC impedirebbe, ad esempio, di continuare a costruire tra il capoluogo e Castelrosso, ed inoltre a Nord di Corso Galileo Ferraris, tra il corso e le frazioni Pogliani e Torassi. Lì si trova l’ultima grande area agricola tra Chivasso e le frazioni. Terreni che, in tempi di crisi, sarebbe saggio lasciare alla loro destinazione agricola.   E  che invece, probabilmente, Matola vorrebbe tanto “riqualificare”, riempiendoli di nuovi PEC.
Piero Meaglia.


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