Bruno Matola: sindaco di mattone e di censura...


CHIVASSO - Anziché occuparsi di amministrare bene la città, da qualche tempo il sindaco ha scelto un altro mestiere, quello del «pastore di anime», o del «censore», che indica ai chivassesi ciò che devono pensare, a quali spettacoli possono assistere, a quali conferenze devono partecipare.  La stampa locale riferisce settimanalmente i tanti aspetti del declino della città: l’insufficienza dell’ospedale, il decadimento del nodo ferroviario, il fallimento delle istituzioni create per sviluppare l’economia (Canavese Sviluppo), l’aumento dei poveri, la scomparsa del verde causata dall’unica vera industria rimasta, quella del mattone. Ma il sindaco non sembra preoccuparsi molto di questi trascurabili dettagli:  più che all’incerto futuro materiale dei cittadini, si dedica alle loro anime. Forse pensa che siano dei bambini incapaci di giudicare con la propria testa. E allora deve provvedere il sindaco a guidarli sulla strada della virtù e a salvarli dalla pericolosa tentazione di pensare in proprio.  L’anno scorso, in settembre, revocò l’uso del Teatrino civico a una compagnia che voleva rappresentarvi uno spettacolo-riflessione sugli «anni di piombo», vale a dire sugli eventi degli anni Settanta del secolo scorso che costituirono una minaccia per la democrazia. Nella lettera di revoca scrisse che la rappresentazione, che però non aveva visto, conteneva espressioni che «potevano essere ritenute offensive della dignità e della morale pubblica». I cittadini non poterono così giudicare da sé: ci aveva pensato il sindaco per loro... Ora Matola si ripete. All’avvicinarsi del 25 aprile, L’ANPI ha presentato un ampio programma costituito non solo di celebrazioni ma anche da occasioni di studio e di riflessione.  Ma il sindaco ha preferito non concedere il patrocinio ad una delle iniziative più interessanti: la proiezione del documentario Nazirock seguita dall’incontro con Saverio Ferrari, fondatore dell’«Osservatorio democratico sulle nuove destre» e studioso delle formazioni neofasciste e neonaziste che si vanno diffondendo anche in Italia. Anche in questo caso, come nel settembre scorso, si intendeva parlare di un pericolo per la democrazia. Non so perché Matola non gradisca che a Chivasso si tratti questo argomento: anche questa volta teme che i chivassesi non siano all’altezza e che ne sarebbero turbati come bimbi innocenti? Il tema è serio: nuove destre radicali, xenofobe, talvolta apertamente antisemite e filonaziste crescono in tutta Europa. In Ungheria un partito filonazista, affiancato da una milizia in camicia scura, ha raggiunto il 17%. In Olanda un’altra formazione della destra radicale è diventato il terzo partito del paese. In Inghilterra il British National Party è stato accreditato intorno oltre il 10%. In Russia e nelle repubbliche ex sovietiche operano violenti gruppi neonazisti. Organizzando un dibattito pubblico sulla versione italiana di questi fenomeni, l’ANPI non ha avuto una pensata stravagante. Non ha fatto altro che continuare ad esercitare il suo compito di sempre: vigilare sui pericoli per la Costituzione repubblicana,  che è tuttora in vigore anche per il sindaco.
Dunque Matola che, incapace di affrontare i gravi problemi materiali della città, sceglie la strada facile facile del consigliere spirituale, del tutore della morale pubblica, del censore, forse dell’ideologo? Forse. Peccato però che lo faccia in modo selettivo, guardando da una sola parte. Nel maggio scorso, nell’ambito del festival di letteratura, a Chivasso è stato invitato a parlare agli studenti - a spese del Comune e della Regione - un giornalista che, dalla lettura delle sue opere, è poi risultato un ammiratore degli intellettuali che nella Seconda guerra mondiale fiancheggiarono il nazifascismo o vi aderirono. Nel corso della conferenza è stata letta un’ode alla milizia repubblichina della Decima Mas. Nessun problema per il sindaco: in questa circostanza non gli è passato per la mente che avrebbero potuto venire pronunciate parole che «potevano essere ritenute offensive della dignità e della morale pubblica». Quando lo scandalo è scoppiato, non ha sentito il bisogno di scusarsi con i cittadini, nemmeno per il denaro pubblico così mal speso (e nemmeno ci ha pensato l’ex assessore regionale Oliva...). Dunque un pastore di anime non tanto imparziale: a Chivasso possono venire a parlare i filonazisti, ma non si deve parlare dei filonazisti... 
Piero Meaglia.

11 commenti:

Piero dritto ha detto...

BASTA DIRE CHE MATOLA E' UN MODERATO; riporto di seguito un articolo di casaPound, che può essere di aiuto a capire come è in realtà il sindaco di Destra di Chivasso.
Casapound Milano 23/03/1919 - 23/03/2009
Comunicato: “TEMPO DI ESSERE MADRI” »
L’infame compagno Saverio Ferrari

L’ispiratore del falso scoop de La Repubblica e la fonte principale del Libro “Bande Nere”: SAVERIO FERRARI

Saverio Ferrari, è uno storico esponente dell’estrema sinistra comunista degli anni ’70, già attivista del C.A.F. (Comitato Antifascista) di Milano e membro del famigerato Servizio d’Ordine di A.O. Avanguardia Operaia, poi Dirigente di Democrazia Proletaria, antifascista di professione, ora è funzionario del Gruppo Consiliare del Partito della Rifondazione Comunista della Regione Lombardia e responsabile del sedicente “Osservatorio Democratico” che analizza i partiti e movimenti di destra, schedandone dirigenti, militanti e semplici simpatizzanti o presunti tali.

Questa sua pessima “abitudine”, di chiaro stampo sovietico, risale agli anni ’70, quando nel covo terrorista di Viale Bligy, gli inquirenti trovarono un poderoso archivio, compilato proprio dal compagno Saverio Ferrari, nel quale erano schedati migliaia di anticomunisti milanesi e lombardi (militanti di destra ma anche di sinistra, poliziotti e carabinieri, imprenditori e borghesi) con tanto di fotografie e dati accuratissimi come lo studio di abitudini e degli spostamenti, descrizione di locali pubblici e sedi politiche. Tutti schedati come “nemici del proletariato” da boicottare, quando non da colpire e persino eliminare!

Proprio grazie alle dettagliate informazioni di Saverio Ferrari, nel 1975, alcuni appartenenti al Servizio d’Ordine di Avanguardia Operaia, uccisero, in un vile agguato a colpi di chiave inglese, Sergio Ramelli, militante diciottenne del Fronte della Gioventù. Nel 1987, Saverio Ferrari è stato condannato ad 11 anni di carcere (ridotti a poco più di tre anni con sentenza definitiva) per l’infame assalto ed incendio, avvenuto nel 1976, al Bar di Largo Porto di Classe a Milano, dove vennero selvaggiamente aggrediti, a sprangate, tre presunti simpatizzanti di destra: Fabio Ghilardi (due operazioni, coma, polmone d’acciaio epilessia permanente), Giovanni Maida di soli 16 anni (quattro fratture alla mandibola e una alla spalla) e Bruno Carpi (doppio sfondamento della calotta cranica con lesioni permanenti al cervello).

Anonimo ha detto...

Saverio Ferrari è lo studioso CENSURATO da il CENSORE-NEO FASCISTA BRUNO MATOLA.

Piero Dritto ha detto...

DAL SITO di GIUSEPPE PUPPO revisionista invitato a Chivasso dal Comune, dalla Fondazione 900 in collaborazione con l'Uni3 a ELOGIARE il fascismo e il nazismo.

Grazie Chivasso!!

C’è una sensazione su questa terra degli esseri umani che trovo esaltante, una fetta di piacere puro, una sensazione che non conoscevo e che adesso non cambierei con niente di ciò che appartiene al Cielo. E’ quando, chissà da che, ti ritrovi protagonista, assoluto, come avere un’altra vita, quando si apre il sipario, si accendono le luci che ti entrano negli occhi e non vedi niente altro davanti a te, se non il buio, ma sai che non c’è vuoto, ci sono persone, là, che stanno a guardarti, a sentirti e quel silenzio tu devi riempire, creando motivi e personaggi, per loro, che stanno lì, per loro soltanto.

A differenza degli altri mezzi di comunicazione e di espressione artistica, di tutti gli altri mezzi, infatti, soltanto a teatro succede questo miracolo: che essi, gli spettatori, attivi e non passivi, creano insieme a te che stai sul palco; e, ancora, che ogni volta è diversa da tutte le altre, perché ogni volta, per un piglio differente, per i toni, le atmosfere, i luoghi, le circostanze, insomma per tutto, ogni volta non è mai uguale alle precedenti: è sempre un’esperienza unica.

E’ questa la magia del Teatro, che lo rende unico, irripetibile e in questo sta il suo fascino particolare, particolarissimo.

Nell’ambito del bel festival internazionale di letteratura, “I luoghi delle parole”, giunto alla sua sesta edizione, a Chivasso e nei comuni limitrofi, Filippo Tommaso Martinetti ha combattuto ancora e per due volte, in quest’anno centenario della pubblicazione del suo manifesto, che, appunto, in questo modo ho creduto di celebrare, ma soprattutto di raccontare e attualizzare.

Venerdì 23 ottobre, nella splendida cornice del Teatrino Civico di Chivasso, magnificamente restaurato, una bomboniera, per due volte nella stessa mattinata è andato in scena la mia performance teatrale “Voglio combattere ancora!”, con l’attrice Sandra Maggio, che al solito magnificamente ha interpretato vari brani poetici e testi futuristi. C’erano i ragazzi delle superiori, in platea, tutte e due le volte, accompagnati dai loro insegnanti, che, fra l’altro, li avevano preventivamente preparati, con apposite lezioni sul tema e questa circostanza, inedita, è stato uno stimolo in più a far bene, prevedendo fra l’altro una versione dello spettacolo più “raccontata” e più “divulgativa”, il che, se è andato a scapito dell’elemento propriamente scenico, voglio dire spettacolare, certamente però ha giovato all’utilità della mattinata.

Grazie a questi ragazzi, che hanno seguito numerosi, attenti e partecipi, anche fin troppo partecipi, le due rappresentazioni. Grazie ai loro insegnanti, anche per le critiche che ci hanno espresso alla fine e di cui faremo tesoro. Grazie in particolare ad Alessandro Germani, vicesindaco ed assessore alla cultura della Città di Chivasso, che ci ha voluti nella rassegna, con la sua straordinaria sensibilità nei confronti delle proposte originali e culturalmente creative, con la sua conclamata e meritoria concezione, fra l’altro propriamente questa sì futuristica, della cultura che va sul territorio, se non altro a proporre e seminare suggestioni. Grazie a tutti gli ideatori, gli organizzatori, gli addetti e i tecnici della rassegna “I luoghi delle parole”. E’ stata una bella mattinata, di cui porteremo traccia nel cuore.

Piero dritto ha detto...

ANCORA UN esempio di DEMOCRAZIA del Sindaco CENSORE Bruno Matola
(dal sito KLP)
Quando l'Italia si ricorda della “morale pubblica”
Giovedì 10 Settembre 2009 14:23 Daniela Arcudi


A ferro e fuoco
Sarebbe dovuta andare in scena stasera, in quel piccolo gioiellino che è il Teatrino Civico di Chivasso, in provincia di Torino. Ma qualcuno ha pensato che avrebbe potuto ledere la pubblica morale.
Così l'anteprima di “A ferro e fuoco. Spettacolo in la minore” è saltata, per buona pace del sindaco Bruno Matola, che ha infatti deciso di negare l'utilizzo del teatro per una rappresentazione che, testualmente, “si ritiene contenga espressioni che possano essere ritenute offensive della dignità e della morale pubblica e pertanto potenzialmente lesive dei sentimenti e degli interessi pubblici collettivi che questa Amministrazione è tenuta a tutelare”.
Ma di cosa parla questo spettacolo così temuto e che avrebbe potuto indignare i sentimenti collettivi? “E' uno spaccato dell'Italia dal '68 al '75 basato sulla storia di Margherita Cagol, tra le fondatrici delle Brigate Rosse” spiega il regista Simone Capula della compagnia Teatro a Canone. Lo spettacolo, frutto di un anno di lavoro a tempo pieno, ha preso spunto dal libro “Nome di Battaglia Mara. Vita e morte di Margherita Cagol il primo capo delle Br”, curato da Stefania Podda e uscito per Sperling & Kupfer nel 2007.
Margherita Cagol nasce a Trento da una famiglia borghese nel 1945, e durante gli anni dell'università si lega a Renato Curcio, conosciuto durante il movimento studentesco. La “compagna Mara” sarà in prima linea nelle azioni delle Br, morendo in una sparatoria con i carabinieri nel '75 sulle colline di Casale Monferrato, a una cinquantina di chilometri proprio da Chivasso, durante il sequestro dell'industriale Valerio Vallarino Gancia.

“Abbiamo rimontato la storia di Margherita Cagol unendo due poesie di Alda Merini e la canzone di Fabrizio De Andrè 'Laudate hominem', e ne è uscito un lavoro quasi coreografico; il tutto per narrare la storia di una giovane come tante che ha fatto una ben determinata scelta. Abbiamo già presentato in passato lavori analoghi, ad esempio su Gobetti, e non abbiamo mai dato giudizi di valore, e così è anche per 'A ferro e fuoco'. Peccato che nessuno, e tanto meno il sindaco, si sia interessato a leggere il testo o a seguire le prove per sapere davvero di cosa parlasse lo spettacolo”. Così, solo dopo aver letto il titolo e a meno di una settimana dal debutto, alla compagnia è arrivata la lettera in cui si negava lo spazio prima concordato.
“La cosa che più ci appare assurda – prosegue Capula – è che lo spettacolo non ha avuto finanziamenti dal Comune né il patrocinio”. L'amministrazione comunale, insomma, non era promotrice o, in qualche modo, “garante” dell'iniziativa. “Noi avevamo solo affittato il teatro, che è anche l'unico spazio che esiste a Chivasso in cui poter allestire uno spettacolo. E visto che questo era nato qui, ci sarebbe piaciuto portare in città l'anteprima per poi magari girare l'Italia”.

Gianni B. ha detto...

Proprio scarso sto Matola. E' piu' fascio di Fluttero, almeno con lui potevi discutere. Questo pare anche un po' arretrato culturalmente, come caspita fa a fare il sindaco?
Guianni B.

Anonimo ha detto...

ECCO a chi si ispirano il sindaco e gli assessori di Chivasso (i moderati)
PREFETTURA DI GROSSETO
UFFICIO DI P.S. IN PAGANICO
COMUNICATO

Si riproduce testo del manifesto lanciato agli sbandati a seguito del decreto del 10 Aprile:

"Alle ore 24 del 25 Maggio scade il termine stabilito per la presentazione ai posti militari e di Polizia Italiani e Tedeschi, degli sbandati ed appartenenti a bande. Entro le ore 24 del 25 Maggio gli sbandati che si presenteranno isolatamente consegnando le armi di cui sono eventualmente in possesso non saranno sottoposti a procedimenti penali e nessuna sanzione sarà presa a loro carico secondo quanto è previsto dal decreto del 18 Aprile. I gruppi di sbandati qualunque ne sia il numero dovranno inviare presso i comandi militari di Polizia Italiani e Tedeschi un proprio incaricato per prendere accordi per la presentazione dell'intero gruppo e per la consegna delle armi. Anche gli appartenenti a questi gruppi non saranno sottoposti ad alcun processo penale e sanzioni. Gli sbandati e gli appartenenti alle bande dovranno presentarsi a tutti i posti militari e di Polizia Italiani e Germanici entro le ore 24 del 25 maggio.
Tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuori legge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena. Vi preghiamo curare immediatamente affinché testo venga affisso in tutti i Comuni vostra Provincia."

p. il Ministro Mezzasoma - Capo Gabinetto
GIORGIO ALMIRANTE
Dalla Prefettura 17 Maggio 1944 - XXII

Anonimo ha detto...

Almirante è l'ispiratore di molti assessori di Chivasso, ewsponente fascista e aderente alla Repubblica di Salò esaltato durante il Festival della letteratura di Chivasso.

Anonimo ha detto...

L’appello dell’ANPI

Qui di seguito il testo dell’appello lanciato dall’Anpi per il 65° anniversario della liberazione che ha per titolo “25 aprile: uniti per la difesa e l’attuazione della Costituzione”.

Il 25 aprile cade quest’anno in un momento di crisi politica e sociale senza precedenti. E’ sotto gli occhi di tutti il totale vuoto da parte del governo degli interventi che si renderebbero necessari per affrontare la gravissima situazione economico e sociale in atto. Situazione che colpisce sempre di più l’occupazione, le condizioni di vita delle famiglie e le prospettive dei giovani.
Un vuoto che la maggioranza al potere vorrebbe colmare mediante una falsa rappresentazione mediatica della realtà.

Questa destra berlusconiana è dedita essenzialmente a trasformare il nostro sistema politico da quello parlamentare, conforme ai principi e alle regole disegnate dalla Costituzione, ad un sistema autoritario e personale non più soggetto alle forme e ai limiti previsti dalle Istituzioni di garanzia. Ciò avviene attraverso una serie di iniziative della maggioranza di governo, e in particolare dell’attuale premier, che sta creando nel nostro Paese una drmmatica contrapposizione tendente a realizzare, e in parte ha già realizzato, un vero e proprio mutamento di regime.

Il momento è grave, ed è in relazione ad esso che l’ANPI lancia un appello affinché questo 25 aprile, festa della Liberazione d’Italia dai totalitarismi fascista e nazista, divenga un grande momento di mobilitazione civile e
unitaria, di presa di coscienza da parte di tutti gli italiani per la difesa e l’affermazione dei principi e dei valori della Costituzione.

Tutto questo nella memoria del significato profondo che ha avuto nella storia d’Italia la lotta di Liberazione nazionale per la fondazione repubblicana e costituzionale che è stata, e deve continuare ad essere la bussola per il presente e il futuro della nostra democrazia.
La presidenza e la segreteria nazionale dell’ANPI

Il 25 non conformista ha detto...

Domenica 25 aprile, come compagni e compagne del Centro Sociale Vittoria, saremo in piazza per dare il nostro contributo a questa mobilitazione contro la, sempre più forte, deriva autoritaria e culturalmente fascista imboccata dalla società nel suo complesso.
In un momento particolare di crisi strutturale dell'economia capitalista, padroni e governo, tentando di salvaguardare i loro margini di profitto sempre più risicati, provano a scaricarne i costi sulle classi subalterne attaccandone selvaggiamente i diritti e le condizioni di vita e di lavoro.
La gestione politica e ideologica di questa crisi apre spazi per derive di tipo autoritario e populista all'interno delle quali si aprono ulteriori possibilità di recrudescenza fascista e razzista da parte dei gruppi della destra più radicale.
Le campagne sicuritarie, il razzismo, l'autoritarismo istituzionale, la xenofobia, l'oscurantismo religioso, il superamento e l'oltraggio continuo alle stesse regole della democrazia parlamentare borghese, danno il senso di quale sia il collante ideologico di un blocco sociale, fortemente caratterizzato in senso anticomunista e antidemocratico, che si fa garante e sostegno delle politiche classiste e antipopolari del governo Berlusconi.
L'ultimo "collegato lavoro", che fa piazza pulita di ogni diritto dei lavoratori è, ad esempio, un chiaro segnale di questa guerra al lavoro che spiega bene oggi quale sia il volto del fascismo del XXI secolo.
Un dominio di classe non in camicia nera come nel 1922, ma che usa lo squadrismo come strumento di provocazione, che non propugna più le leggi razziali del 1938, ma che costruisce i CIE spandendo a piene mani una sottocultura razzista e xenofoba che fa presa sulle paure determinate dalla precarietà delle condizioni di vita e di lavoro.
Un insieme di relazioni sociali impostate sull'autoritarismo che formano un quadro di "democrazia autoritaria" e di controllo sociale composto da una stratificazione di livelli repressivi supportati da una campagna "culturale" per l'imposizione di modelli di comportamento funzionali al perdurare degli odierni rapporti di produzione.
La giornata del 25 aprile, dunque, non può essere una ricorrenza di facciata, non può essere un calderone conformista in cui ci può trovare posto tutto e il contrario di tutto, non è una nota di colore, non può e non deve centrare la propria attenzione solo al rinascere delle attività più virulente, odiose e smaccatamente aggressive delle bande nazifasciste, ma deve, ed è questa la nostra scelta, provare a declinare e interpretare l'antifascismo da un punto di vista di classe, dal punto di vista dei lavoratori che subiscono la crisi, il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, il razzismo utilizzato per dividerli e dividerci.
Un antifascismo di classe che provi a rompere il sistema di controllo sociale che regola e comprime, giorno per giorno le nostre vite, le nostre condizioni di lavoro e la possibilità stessa di provare ad abbattere l'organizzazione capitalistica del lavoro che produce fascismo, razzismo, sessismo...

Anonimo ha detto...

CONTINUA
Ecco perché quest'anno abbiamo deciso di essere in piazza, ma dicendo chiaro che il 25 aprile così come si è definito negli ultimi anni, non è più cosa nostra, che l'antifascismo non è un vestito da indossare per recuperare consenso, che la resistenza e la lotta armata del popolo italiano per la cacciata del nazi-fascismo non hanno nulla a che fare con la voglia di appropriarsi di questa data che esprimono, strumentalmente, le varie correnti del centro-sinistra o della sinistra ex-parlamentare, che la nostra lotta contro la deriva fascistoide e populista non può stare nel recinto del legalitarismo e dello scontato odio antiberlusconiano, perché questo lo porrebbe su un piano di compatibilità politica senza minimamente rispettare il senso, i valori, le scelte dei compagni partigiani e partigiane che sono morti lottando, non solo nella cacciata del nazi-fascismo, ma per una trasformazione radicale, assolutamente radicale della loro vita come di quella di milioni altri proletari nel nostro paese.

Non sono questi i motivi per i quali i partigiani e le partigiane hanno combattuto e sono morti!

Come compagni e compagne del Centro Sociale Vittoria abbiamo, quindi, deciso di partecipare e sostenere una piazza anticapitalista unitaria che sappia declinare l'antifascismo e l'antirazzismo da un punto di vista di classe per un rilancio di tutti quei percorsi che tentano, nelle diverse specificità, di porsi in un'ottica autorganizzata per un cambiamento radicale dell'esistente che, dai territori e dai luoghi di lavoro, si sviluppi autonomamente dalle logiche di visibilità e compromesso istituzionale.

Una piazza di compagni e compagne, di lavoratori e lavoratrici che dia un segnale di unità della lotta contro il capitalismo che produce fascismo, razzismo e sfruttamento di classe.

CONTRO IL VECCHIO E IL NUOVO FASCISMO

ORA E SEMPRE RESISTENZA!

il Centro Sociale Vittoria partecipa alla piazza anticapitalista promossa dal Comitato di solidarietà con le lotte dei lavoratori delle cooperative

appuntamento per tutti e tutte domenica 25 aprile San Babila ore 14,00

IL DEMOCRATICO ha detto...

Politica - Chivasso - 21/04/2010
Matola replica ai Partigiani: «Nessuna censura, sono solo scelte non condivise»
di Annarita Scalvenzo
«Non è avvenuto nulla di diverso rispetto agli anni scorsi, semplicemente non sono state condivise delle manifestazioni che sono proprie dell’Anpi».

Così il sindaco Bruno Matola (foto piccola) ribatte all’accusa di non aver concesso il patrocinio per il programma del 25 Aprile proposto dalla sezione “Boris Bradac” dell’Anpi di Chivasso, guidata dal presidente Vinicio Milani. «All’Anpi arriva una certa Sinistra e nascono le interpretazioni false e di parte» ha detto senza mezzi termini Matola e riferendosi agli anni precedenti, quando con l’allora presidente Tiziana Siragusa, «Ci siamo sempre confrontati e capiti e insieme abbiamo portato avanti le iniziative».

Anche quest’anno, così come in passato, l’Amministrazione comunale dà il patrocinio per quello che riguarda le celebrazioni ufficiali della ricorrenza. «Quest’anno l’Anpi propone una serie di iniziative e appuntamenti per i quali abbiamo messo a disposizione luoghi e attrezzature, così come avremmo fatto per qualsiasi altra associazione – ha detto il Sindaco -. Se le altre iniziative fossero state condivise, allora si poteva ampliare il discorso».

E Matola respinge anche al mittente le accuse di non voler sentir parlare di nuove destre ed ogni paragone con quanto era avvenuto nel caso dello spettacolo della compagnia “Teatro a Canone”, quando venne negato l’utilizzo del Teatrino Civico per la rappresentazione dello spettacolo “A ferro e fuoco”. «Senza dire nulla o fare alcuna polemica abbiamo dato la sala del consiglio per lo svolgimento di questa iniziativa, della serata di dibattito pubblico sulle nuove destre. Mi sembra che si tratti di un caso molto diverso rispetto a quello a cui si fa riferimento. Ho sempre cercato di fare in modo che manifestazioni come questa rimanessero al di fuori delle divisioni politiche ed ho sempre auspicato che nessuno facesse in modo di impossessarsene».