
«Mi hanno ammazzato di botte i carabinieri. Tutta la notte ho preso botte». «Perché?». «Per un pezzo di fumo». «Ti hanno fatto questo?», «Sì». La lettera da cui è tratto questo dialogo, consegnata al senatore dell'Idv, Pedica, attivissimo sul caso Cucchi, è uno spaccato commovente di solidarietà tra ultimi. E forse è una prova dirimente sulla mancanza di pietà e sulla negazione dei diritti toccate a un ragazzo di 31 anni arrestato dai carabinieri, forse interrogato "a morte" (come titolò questo giornale), giudicato inadatto ai domiciliari da una giustizia che non s'accorse del suo viso gonfio di botte, seppellito nel buco nero della medicina penitenziaria, dietro a un muro di gomma presidiato dalla polizia carceraria che ha impedito contatti tra lui e la famiglia, tra lui e l'avvocato di fiducia. Stefano è morto paralizzato dentro un letto di ospedale con la schiena spaccata dalle botte, aveva indosso gli stessi vestiti di quando era stato arrestato, sei giorni prima.
Di seguito la lettera appena depurata dai principali errori di lingua.
LEGGI il resto dell'articolo dell'Osservatorio contro la repressione, clikkando su:
http://www.osservatoriorepressione.org/2009/11/stefano-cucchi-disse-tutta-la-notte.html
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