
In termini ambientali il capitale è l’insieme dei beni offerti dalla natura: suolo, atmosfera, foreste, acqua, ecc. In economia come in ecologia, ogni consumo che intacca il capitale, riducendolo e/o degradandolo, non è sostenibile. Eppure il PIL (Prodotto Interno Lordo) considera il consumo di capitale naturale come se fosse un introito e si promuovono di conseguenza delle attività economiche che sono insostenibili ( ad esempio le spese affrontate per ripristinare ambienti inquinati fanno aumentare il PIL).
Finché il capitale naturale era abbondante questo sistema poteva reggere ma ora che le risorse naturali sono diventate scarse, non è più ammissibile escludere il consumo della natura dai conti economici. Sono stati quindi proposti nuovi indicatori che permettono di contabilizzare la perdita di natura nella colonna delle “uscite” anziché delle “entrate”. Uno di questi indicatori è l’EDE (Environmentally Defensive Expenditures = Spese per la difesa dell’ambiente).
Da ciò si può partire per definire l’impronta ecologica che è un calcolo statistico dell’impatto ambientale dei consumi di un individuo e di una nazione. Viene calcolata attraverso la quantità di territorio produttivo necessario per sostenere il consumo di risorse e la produzione di rifiuti da parte di una determinata popolazione.
La stima dei consumi può essere raggruppata in 5 categorie: gli alimenti, i trasporti, le abitazioni, i beni di consumo, i servizi. Ognuno di questi consumi comporta una impronta ecologica per più motivi: terreno necessario per produrre l’energia in forme sostenibili (senza utilizzare combustibili fossili o destinando del terreno all’assorbimento degli inquinanti che derivano dalla combustione) terreno agricolo, pascoli. terreno forestale. terreno degradato, superficie marina.
L’impronta ecologica ci dice quanto sia sostenibile il nostro stile di vita. Maggiori sono i nostri consumi, maggiori le quantità di risorse e di energia che utilizziamo, maggiore sarà la nostra impronta ecologica.
L’impronta ecologica dell’Italia è di
Ci servono quindi altre 2 Italie per soddisfare i nostri livelli di consumo e produzione di rifiuti.
Oriella PAVAN, "Il Girasole on-line".
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