L'automa che è in noi...

Quando un argomento mi provoca trovo stimolante fare esercizi di comprensione, e confrontare le mie considerazioni con i pareri altrui.
Questa volta l'occasione è una lettura da Korogocho, di Padre Alex Zanotelli, in cui si dice: "Il marxismo ha sempre detto : cambia la società, e l'uomo cambierà". Il presupposto è che l'uomo è buono ed è la società che lo rende cattivo. L'affermarsi della società socialista e dei suoi principi etici porterà all'"uomo nuovo".
Purtroppo non è vero, continua Zanotelli: è vero invece che se cambiano le persone cambia anche la società.
Osservo che effettivamente la chiesa non si pone problemi per le iniquità della società, e che si dedica alla cura dei singoli incurante della differenza fra sfruttatori e sfruttati, persecutori e perseguitati, schiavisti e schiavi. Osservo inoltre con un certo sgomento che l'"uomo nuovo" del marxismo non si è realizzato, smentendo un'ipotesi sociologica affascinante seppure azzardata, mentre lo stesso obiettivo è purtroppo perfettamente riuscito all'ideologia economica incarnata nel neoliberismo, che valendosi della manipolazione di massa e dell'asservimento della politica ha ottenuto l'"uomo automa" che vive per consumare merci nel più breve tempo possibile e nella massima quantità, che è disposto a lavorare in modo intermittente e semigratuito, che diffida di partiti e sindacati dai quali si considera abbandonato.
Detto con l'enfasi che era propria della Sinistra storica, il Popolo è stato reso schiavo dal Capitale. A parte il linguaggio desueto, è giusta o sbagliata questa diagnosi? E quale dovrebbe essere il nostro atteggiamento conseguente?
Allacciandomi alla premessa, ora attendo l'eco del sasso lanciato: mi auguro il tonfo nell'acqua dello stagno, ma temo che l'automa sia anche in noi.
Gino F. - Chivasso.

8 commenti:

fredi ha detto...

La pietra, caro Gino, l'hai lanciata bene nello stagno dell'indifferenza che ci circonda. Concordo sull'analisi, anche se sei partito da un presupposto che francamente da anni poco mi interessa, vale a dire l'indifferenza della chiesa nei confronti dei problemi sociali. Credo che in questi tempi di plastica sia già qualcosa fare un'analisi della situazione che sia foriera di possibili modi di interpretare i problemi. Certo la situazione politica-partitica italiana non ci è di aiuto, considerata la frantumazione di cio' che resta della sinistra, in un paese che soltanto una ventina d'anni or sono aveva il piu' consistente partito comunista d'occidente... Evidentemente vedeva bene chi evidenziava quegli errori nelle strategie politiche della sinistra di allora, fin dai primi anni '80. Adesso qualcuno improvvisa cantieri, altri vorrebbero costruire nuove case, ma prima di costruire è necessario trovare il posto per le ingenti macerie sociali cresciute in tanti anni di compromessi e di promese mai mantenute, nel nome della "compatibilità" economica e del "volemose bbene". Grazie Gino.
fredi.

Anonimo ha detto...

Sull'analisi di quello che è accaduto, pur con diverse sfumature siamo tutti daccordo. Daccordo nel fatto che il cosiddetto libero mercato non ha reso altrettanto liberi gli individui. Detto questo non ho la più pallida idea, ma non sono il solo, di come si possa intervenire con la politica per porre rimedio a questi danni. Ormai i governi sono completamente succubi delle multinazionali che sempre più spesso hanno fatturati che superano il Pil di moltissimi paesi. Quindi oggi, visto che sulle dinamiche del lavoro è difficile incidere in modo significativo, se non con il rischio di far scappare anche quelle quattro aziende che rimangono in Italia, penso invece che si debba favorire l'investimento più sulla persona che non sul lavoratore. Se come lavoratori abbiamo perso la dignità che derivava dal culto della conoscenza, della capacità professionale, non abbiamo ancora perso la dignità di uomini. Penso quindi che un governo serio, a fronte di una situazione di questo tipo, debba mettere in pratica tutte quelle cose che permettono ad un cittadino di vivere un pò meglio. Una rete solidale per chi non è più temporaneamente lavoratore, servizi alla persona che diano concretamente un sollievo alla fatica di vivere, un sostegno alle famiglie mirato all'accompagnamento dei figli in una crescita almeno pari agli altri e ad abbassare la soglia di conflittualità nei momenti di crisi. Ho fatto esempi banali e sintetici, ma il senso del discorso è; investiamo sulla persona, solo da lì possiamo costruire un futuro.
Fabrizio

Anonimo ha detto...

Quella sollevata dal Signor Folletti è una vecchia questione, ma non sorpassata. Anzi, è attuale. Per cambiare la società, per migliorare la condizione umana, occorre cambiare le istituzioni e la «struttura», oppure bisogna cambiare l’uomo dall’interno? Cambiando le strutture, nascerà l’uomo nuovo? Oppure bisogna convertire l’uomo al bene, e dall’uomo diventato buono nascerà una società migliore?
Come si ricava dallo scritto del Signor Folletti, l’antitesi potrebbe essere proprio rappresentata dalla contrapposizione tra marxismo e cristianesimo. Anzi, al posto del marxismo potremmo mettere la tradizione rivoluzionaria e riformista europea, dalla rivoluzione inglese del 600 alla rivoluzione francese nata (anche) dal pensiero illuminista del 700, dal riformismo socialdemocratico alla rivoluzionaria sovietica ispirata al marxismo: correnti di pensiero e movimenti politici accomunati dall’obiettivo di trasformare, in parte o in tutto, la società, cioè le istituzioni politiche e la struttura economica.
Una componente del revisionismo storico sorto in Italia negli anni ottanta e novanta aveva criticato non solo il marxismo per avere prodotto il gulag invece dell’uomo nuovo: era risalito fino all’illuminismo, che sarebbe sfociato nelle ghigliottine del Terrore robespierrista. In questo modo veniva processato la grande tradizione rivoluzionaria europea: tutti i tentati di cambiare la società, soprattutto per via rivoluzionaria, e perciò violenta, erano falliti. Con il più grande rispetto per i credenti – non era suo costume offendere – Bobbio replicò: e il Cristianesimo è riuscito a creare un uomo nuovo? Dopo due mila anni di predicazione religiosa, non ha fallito anch’esso? La rivoluzione aveva fallito: e la religione?

Anonimo ha detto...

(segue)
Ma la distinzione fra la rivoluzione della struttura politica ed economia e il rinnovamento morale dell’uomo è proprio così netta nella storia? Se guardiamo più da vicino quella che abbiamo chiamato la tradizione rivoluzionaria europea. Vi scopriamo, accanto all’esigenza più appariscente e conosciuta di cambiare le strutture, anche l’aspirazione al rinnovamento interiore. La rivoluzione inglese del 1468-49 è stata definita una «rivoluzione puritana», addirittura la «rivoluzione dei santi»: i membri dell’ala più radicale dello schieramento rivoluzionario chiedevano il suffragio universale, la divisione dei poteri, la supremazia del parlamento sull’esecutivo, ma discutevano con la Bibbia alla mano, a colpi di citazioni bibliche. Si veda quello straordinario documento che sono i «dialoghi di Putney», ripubblicati in italiano a cura di Marco Revelli. A loro volta, i rivoluzionari francesi tentarono, con il culto dell’Essere Supremo, di rafforzare la rivoluzione dandola una base religiosa. E i discorsi di Robespierre sono impregnati di moralismo. Gramsci predicava l’instaurazione del comunismo, ma anche una «riforma intellettuale e morale». Nel primo dopoguerra, una corrente di pensiero progressista e riformista, della quale faceva parte Gobetti, riteneva che i difetti del paese fossero almeno in pare dovuti al fatto che in Italia non vi era stata la riforma protestante. E dopo la seconda guerra mondiale? A metà degli anni settanta Enrico Berlinguer, segretario di un partito che si chiamava ancora comunista, denunciò con preveggenza la questione morale. La stessa «pretesa» diversità comunista, su cui si è tanto ironizzato, esprimeva una esigenza morale. Ed infatti dai militanti comunisti si pretendeva anche la «rettitudine» non solo in politica ma anche nel privato. Ed oggi? Forse uno degli aspetti del problema indicato dal Signor Folletti è proprio la «questione morale». L’immoralità che viene denunciata è quella dei politici. Ma i potenti dell’economia non sono meno immorali. E probabilmente la questione morale riguarda tutta la società italiana, che sta subendo un processo di decivilizzazione. Le cause possono essere tante: l’indebolimento della capacità educativa delle famiglie e della scuola, la volgarità diffusa dalla televisione, i pessimi esempi offerti della classe politica. Ma di fronte a chi ha sollevato la questione morale, come ha reagito la maggior parte della classe politica di sinistra? Con indifferenza, sarcasmo, sottovalutazione, accuse di giustizialismo, ecc. E con la denigrazione di chi la sollevava. Anche la sinistra radicale ha più o meno reagito allo stesso modo: bene, la sinistra radicale è sparita dal Parlamento e il «giustizialista» Di Pietro è salito all’otto per cento. Certo gli elettori non hanno sempre ragione. Anzi. Però la ex sinistra radicale – ora divisa – dovrebbe chiedersi se ha fatto bene o male a non riprendere quella bandiere del «moralismo» che appartiene a pieno titolo alla tradizione del movimento operaio, socialista e comunista, e più in generale alla tradizione rivoluzionaria europea.
Giovanni Locchi

Anonimo ha detto...

ringrazio il signoor Lochi per il suo articolato commento, una vera lezione di filosofia politica che non posso che condividere al 100 %.
Unica nota che mi vede un po' disallineato, la questione cattolica accennata nel commento: secondo me non bisogna proprio prendere in considerazione l'aspetto religioso nel contesto cattolico-italiano, in quanto gli errori/orrori di questa parte sono sotto gli occhi di tutti da 2 millenni e proprio loro non sono in grado di poter insegnare niente a nessuno.
Anacleto

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

Se ho capito bene, Locchi dice che non basta cambiare la società: se essa non sarà abitata da galantuomini, il cambiamento sarà inefficace. In modo scherzoso, potremmo dire: più Folletti e meno furbetti.
Rotten Borough
direttore dei "Piacenti Quadernini"