"IL GIARDINO DEI LIMONI" di Eran RIKLIS. Recensione di Domenico CENA. Un film filopalestinese?
Negli ultimi anni sono arrivati sui nostri schermi alcuni film israeliani, spesso in coproduzione con paesi europei e si direbbe diretti più ad un pubblico europeo che israeliano. Le cause possono essere diverse. Da una parte la vivacità culturale della società israeliana, che si esprime sia in campo letterario (con il successo, anche qui soprattutto europeo, di autori come Amos Oz, Yehoshua, Grossman), sia in campo musicale (Noah per tutti) e artistico in generale. Dall’altra il successo, soprattutto tra i cinefili e i frequentatori di festival, del grandissimo e per certi versi inarrivabile regista israeliano Amos Gitai (autore, tanto per ricordare qualche titolo, di opere come Kadosh, Kippur e del recente Free Zone), il cui sguardo acuto e spietato sui problemi della società israeliana e sulla sua incapacità di risolverli ha probabilmente aperto la strada ad una nuova generazione di giovani registi. Tra questi, la regista Shira Geffen, autrice, insieme al marito scrittore, di Meduse, il film che ha vinto la Camera d’or a Cannes 2007. Altri giovani registi sono Ari Folman, autore del recente film di animazione Valzer con Bashir, ed Eran Riklis, autore di La sposa siriana ed ora alla sua seconda prova, almeno per i film arrivati qui da noi, con Il giardino dei limoni. Riklis è un regista che parla di confini, frontiere che creano barriere invalicabili. La sposa siriana era ambientato nel Golan, ai confini tra Siria e Israele, e parlava di una giovane donna che per raggiungere il promesso sposo deve passare dall’altra parte. Dopo vari tentativi inutili di ottenere un lasciapassare, alla fine decide di attraversare il confine da sola, ad ogni costo, una figura leggera vestita di bianco che cammina nella terra di nessuno. Ne Il giardino dei limoni, la protagonista è ancora una donna, Salma, una palestinese che, rimasta vedova e con i figli grandi ormai lontani, si prende cura dei limoni del suo giardino, ma si ritrova all’improvviso, come dirimpettaio, appena oltre il confine che costeggia la sua proprietà, addirittura il ministro della difesa israeliano che, per ragioni di sicurezza, ordina di abbattere le sue piante di limoni. Di qui ha inizio la guerra personale di Salma che, assistita da un giovane avvocato, arriva fino alla corte suprema israeliana, per rivendicare i propri diritti sulla terra che le appartiene. Quelli di cui parla Riklis non sono, però, soltanto i confini tracciati sulla terra per dividere e imprigionare, ma anche le frontiere culturali, sociali, generazionali, personali, che creano pregiudizi, rinchiudono le persone e le società in se stesse e impediscono qualsiasi contatto con chi è diverso da noi, imprigionando anzitutto chi li traccia. Significativa è l’ultima inquadratura del film, con il ministro israeliano che guarda dal salotto di casa sua il muro altissimo che è stato eretto a pochi metri di distanza e che gli impedisce qualsiasi visuale. E si tratta anche di confini di genere, perché queste barriere sono gli uomini che le costruiscono, mentre le donne, con una solidarietà spontanea, riescono a volte a superarli, facendone esplodere le contraddizioni nascoste. Così Salma si trova a lottare, anche se ognuna dalla sua parte e dal suo punto di osservazione, a fianco di una coraggiosa giornalista israeliana e della stessa moglie del ministro. Tutto bene, dunque. Eppure, per certi versi, il film non è del tutto convincente. E non perché pecchi di ideologia buonista, come potrebbe sembrare da questa presentazione: Riklis riesce a evitare questa trappola con la leggerezza delle immagini e un’ironia soffusa. Il problema è che la realtà mediorientale, presentata quasi con un taglio documentaristico, viene per molti versi tradita. Come è possibile, dopo ciò che è successo a Gaza, credere che Israele sia, o sia ancora uno stato di diritto, in cui qualsiasi cittadino, anche un palestinese di serie b, possa avere delle garanzie democratiche? In questo senso, il personaggio meno credibile del film è sicuramente il rappresentante dei servizi segreti che si reca a casa di Salma per parlare con lei. Nella realtà, di solito questioni come queste vengono chiuse molto più in fretta, lanciando qualche missile che spiani in un colpo solo la casa e chi ci abita, così il problema è risolto una volta per tutte. . |
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