Studenti e ultras...un punto di vista dopo la bella manifestazione torinese...

TORINO - Con tutta la mia famiglia, sono stato alla manifestazione di Torino. Da anni non vedevo tanti ragazzi e ragazze, genitori, maestre, prof come me, gente comune, tutti preoccupati della brutta piega che sta prendendo la modernizzazione reazionaria della Scuola pubblica. Ci sono andato perchè, se tutto dovesse rimanere così, a Settembre 2009 sarei disoccupato con due bocche da sfamare. Ci sarei andato lo stesso se a manifestare fossero stati i metalmeccanici, perchè mi hanno insegnato così, che ci volete fare. Io ero un ragazzo dell'Ottantacinque, 23 anni fa, nel Pleistocene. Avevamo alle spalle il '77, il '68 era l'altro ieri, noi li scimmiottavamo, facevamo i duri, urlavamo slogan stentorei, come del resto facevamo negli stadi. Avevo in testa la rivoluzione sociale, oggi ho nel cuore solo una grande angoscia. "Oggi ho visto nel corteo tante facce sorridenti", recitava una nostra vecchia canzone e i cortei sono sempre sorridenti, perchè li animano adolescenti spensierati, ragazze sempre belle, ragazzi sempre felici, nessuno di loro paga le bollette, nessuno di loro deve comprare le scarpe alle proprie figlie, i libri, il cappotto, i buoni mensa. E' giusto che sia così, a ciascuno il suo. Ma oggi ho visto 50 mila, dico 50 mila ragazze e ragazzi, una marea di sfrontata gaiezza che si riversava per le strade della città, ignorando il bolso comizio sindacale e cantando a squarciagola il senso di una nuova opposizione al regime dello psiconano. Gli slogan non sono più stentorei, vengono ritmati e cantati come in curva, c'è il lanciacori, lo striscione ironico, si saltella, con sciarpe, maglie, felpe e cappelli ultras della Juve e del Toro. In questi anni di desertificazione progressiva dei linguaggi e di appiattimento delle differenze solo lo stadio, la curva ha educato i giovani allo stare insieme, alla condivisione di un ideale, all'amicizia disinteressata, alla pratica delle piazze che altri calpestavano solo alla ricerca di pusher. La piazza come luogo di incontro, agorà vociante di individui che si mescolano e non mercato di solitudini assortite. E' stato uno spettacolo indimenticabile vedere questi ragazzini gregari in curva guidare gli spezzoni in corteo, segno che della cultura di stadio hanno appreso il meglio e l'essenziale, come cautelarsi dalle provocazioni, prevenirle invece che curarle, motivare gli altri, sorridere, essere ironici e dissacranti, crederci fino in fondo, nella vittoria e nella sconfitta. Su quello che è successo ieri a Piazza Navona, dopo le recenti dichiarazioni di Kossiga e il racconto discordante delle parti in causa, preferisco non esprimermi. L'ex-Presidente della Repubblica non è un vecchio arterio-sclerotico e il ministro degli interni non è uno sprovveduto. Dopo qualche annetto di curva ho imparato che lo stadio è un laboratorio per atroci esperimenti di indebolimento della democrazia, con l'aiuto subdolo spesso di politici incoscienti e giornalisti velinari compiacenti con lo status quo e la repressione. Andate in piazza con le tele/videocamere, filmate tutto, non fatevi infinocchiare, resistete a lungo, resistiamo. Il problema non è la Gelmini ma la loro idea di società brutale, poliziesca, discriminatoria, vessatoria, orwelliana, profondamente ingiusta, piatta e desolante come una spiaggia dell'isola dei famosi. Contro il calcio moderno, contro la modernizzazzione reazionaria dell'Italia.
Vincenzo.
segnalazione da Ultrasblog.
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