D.Greco.
Siamo ad una campagna di svendite "senza frontiere": dagli asset strategici fondamentali al demanio. Fra poco, vedrete, arriveremo a scuole e ospedali. Siamo già sulla buona strada. E c'è l'esempio greco a fare da battistrada. Del resto, cosa può importare ad una classe dirigente impregnata di monetarismo fondare una strategia economica, una politica industriale? Queste sono per lor signori fanfaluche d'importazione soviettista. L'importante, ciò che conta sul serio, è abbattere il debito. Farlo presto e comunque per rispondere ai diktat della troika. Se poi questo significa aprire al saccheggio dei beni comuni e distruggere ciò che resta della "mano pubblica", per affidare ogni prospettiva di crescita alle convenienze dei privati, pazienza. Anzi: ottimo e abbondante.
Siamo ad una campagna di svendite "senza frontiere": dagli asset strategici fondamentali al demanio. Fra poco, vedrete, arriveremo a scuole e ospedali. Siamo già sulla buona strada. E c'è l'esempio greco a fare da battistrada. Del resto, cosa può importare ad una classe dirigente impregnata di monetarismo fondare una strategia economica, una politica industriale? Queste sono per lor signori fanfaluche d'importazione soviettista. L'importante, ciò che conta sul serio, è abbattere il debito. Farlo presto e comunque per rispondere ai diktat della troika. Se poi questo significa aprire al saccheggio dei beni comuni e distruggere ciò che resta della "mano pubblica", per affidare ogni prospettiva di crescita alle convenienze dei privati, pazienza. Anzi: ottimo e abbondante.
Hanno votato in 26 milioni. Persone che solo due anni fa hanno chiesto che la gestione dell’acqua in Italia rimanga pubblica. Ma, dopo 24 mesi dal referendum, nulla è cambiato. Anzi – come spesso accade in Italia – la volontà popolare è stata calpestata più volte, prima dal governo Berlusconi, poi da Mario Monti. È bastato cambiare una voce in bolletta per aggirare il referendum.
Cambiare nome per non cambiare nulla.
Il secondo quesito referendario imponeva la cancellazione in bolletta
della voce “Rimunerazione del capitale” (pari al 7% dell’investimento
fatto). La sua eliminazione avrebbe consentito una riduzione dei costi
in bolletta dell’acqua. Grazie al “Salva Italia”, è bastato rinominare
la voce in “Rimborso degli oneri finanziari” perché il secondo quesito
referendario perdesse di efficacia.
I comuni traccheggiano.
Anche per gli altri quesiti – tutti approvati con uno schiacciante Sì –
non si è avuto un grande riscontro. Il primo è rimasto in parte
inattuato. Prevedeva la trasformazione delle aziende che gestiscono la
distribuzione dell’acqua da private a pubbliche. Ma ciò spetta agli enti
territoriali come i comuni provvedere all’attuazione del referendum.
Così, ad eccezione di alcuni casi virtuosi (equamente distribuiti tra
nord e sud), molti comuni traccheggiano. Di conseguenza, una pioggia di
ricorsi sta intasando i vari Tar mentre qualcuno sta già mettendo in
atto azioni di “obbedienza” civile.
“Obbedienza civile”. Le
associazioni di settore chiedono ai cittadini di autogestirsi le
bollette, ad iniziare dalla riduzione per la quota riservata in bolletta
alla remunerazione del capitale investito. In pratica, si tratta di
“obbedire” alle leggi modificate dal referendum. Sono circa 15 mila le
utenze in tutta Italia che applicano questa auto-riduzione. Sono volate
diffide ma finora, assicurano i comitati, nessuna azienda ha provato a
bloccare l’approvvigionamento idrico domestico “perché sanno che
perderebbero qualsiasi ricorso”.
- See more at: http://www.dirittodicritica.com/2013/07/08/acqua-pubblica-referendum/#sthash.mn4ZMhfn.dpuf
Hanno
votato in 26 milioni. Persone che solo due anni fa hanno chiesto che la
gestione dell’acqua in Italia rimanga pubblica. Ma, dopo 24 mesi dal
referendum, nulla è cambiato. Anzi – come spesso accade in Italia – la
volontà popolare è stata calpestata più volte, prima dal governo
Berlusconi, poi da Mario Monti. È bastato cambiare una voce in bolletta
per aggirare il referendum.
Cambiare nome per non cambiare nulla.
Il secondo quesito referendario imponeva la cancellazione in bolletta
della voce “Rimunerazione del capitale” (pari al 7% dell’investimento
fatto). La sua eliminazione avrebbe consentito una riduzione dei costi
in bolletta dell’acqua. Grazie al “Salva Italia”, è bastato rinominare
la voce in “Rimborso degli oneri finanziari” perché il secondo quesito
referendario perdesse di efficacia.
I comuni traccheggiano.
Anche per gli altri quesiti – tutti approvati con uno schiacciante Sì –
non si è avuto un grande riscontro. Il primo è rimasto in parte
inattuato. Prevedeva la trasformazione delle aziende che gestiscono la
distribuzione dell’acqua da private a pubbliche. Ma ciò spetta agli enti
territoriali come i comuni provvedere all’attuazione del referendum.
Così, ad eccezione di alcuni casi virtuosi (equamente distribuiti tra
nord e sud), molti comuni traccheggiano. Di conseguenza, una pioggia di
ricorsi sta intasando i vari Tar mentre qualcuno sta già mettendo in
atto azioni di “obbedienza” civile.
“Obbedienza civile”. Le
associazioni di settore chiedono ai cittadini di autogestirsi le
bollette, ad iniziare dalla riduzione per la quota riservata in bolletta
alla remunerazione del capitale investito. In pratica, si tratta di
“obbedire” alle leggi modificate dal referendum. Sono circa 15 mila le
utenze in tutta Italia che applicano questa auto-riduzione. Sono volate
diffide ma finora, assicurano i comitati, nessuna azienda ha provato a
bloccare l’approvvigionamento idrico domestico “perché sanno che
perderebbero qualsiasi ricorso”.
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Hanno
votato in 26 milioni. Persone che solo due anni fa hanno chiesto che la
gestione dell’acqua in Italia rimanga pubblica. Ma, dopo 24 mesi dal
referendum, nulla è cambiato. Anzi – come spesso accade in Italia – la
volontà popolare è stata calpestata più volte, prima dal governo
Berlusconi, poi da Mario Monti. È bastato cambiare una voce in bolletta
per aggirare il referendum.
Cambiare nome per non cambiare nulla.
Il secondo quesito referendario imponeva la cancellazione in bolletta
della voce “Rimunerazione del capitale” (pari al 7% dell’investimento
fatto). La sua eliminazione avrebbe consentito una riduzione dei costi
in bolletta dell’acqua. Grazie al “Salva Italia”, è bastato rinominare
la voce in “Rimborso degli oneri finanziari” perché il secondo quesito
referendario perdesse di efficacia.
I comuni traccheggiano.
Anche per gli altri quesiti – tutti approvati con uno schiacciante Sì –
non si è avuto un grande riscontro. Il primo è rimasto in parte
inattuato. Prevedeva la trasformazione delle aziende che gestiscono la
distribuzione dell’acqua da private a pubbliche. Ma ciò spetta agli enti
territoriali come i comuni provvedere all’attuazione del referendum.
Così, ad eccezione di alcuni casi virtuosi (equamente distribuiti tra
nord e sud), molti comuni traccheggiano. Di conseguenza, una pioggia di
ricorsi sta intasando i vari Tar mentre qualcuno sta già mettendo in
atto azioni di “obbedienza” civile.
“Obbedienza civile”. Le
associazioni di settore chiedono ai cittadini di autogestirsi le
bollette, ad iniziare dalla riduzione per la quota riservata in bolletta
alla remunerazione del capitale investito. In pratica, si tratta di
“obbedire” alle leggi modificate dal referendum. Sono circa 15 mila le
utenze in tutta Italia che applicano questa auto-riduzione. Sono volate
diffide ma finora, assicurano i comitati, nessuna azienda ha provato a
bloccare l’approvvigionamento idrico domestico “perché sanno che
perderebbero qualsiasi ricorso”.
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