Svendite senza frontiere agli ordini della troika...

Siamo ad una campagna di svendite "senza frontiere": dagli asset strategici fondamentali al demanio. Fra poco, vedrete, arriveremo a scuole e ospedali. Siamo già sulla buona strada. E c'è l'esempio greco a fare da battistrada. Del resto, cosa può importare ad una classe dirigente impregnata di monetarismo fondare una strategia economica, una politica industriale? Queste sono per lor signori fanfaluche d'importazione soviettista. L'importante, ciò che conta sul serio, è abbattere il debito. Farlo presto e comunque per rispondere ai diktat della troika. Se poi questo significa aprire al saccheggio dei beni comuni e distruggere ciò che resta della "mano pubblica", per affidare ogni prospettiva di crescita alle convenienze dei privati, pazienza. Anzi: ottimo e abbondante...
D.Greco.

Siamo ad una campagna di svendite "senza frontiere": dagli asset strategici fondamentali al demanio. Fra poco, vedrete, arriveremo a scuole e ospedali. Siamo già sulla buona strada. E c'è l'esempio greco a fare da battistrada. Del resto, cosa può importare ad una classe dirigente impregnata di monetarismo fondare una strategia economica, una politica industriale? Queste sono per lor signori fanfaluche d'importazione soviettista. L'importante, ciò che conta sul serio, è abbattere il debito. Farlo presto e comunque per rispondere ai diktat della troika. Se poi questo significa aprire al saccheggio dei beni comuni e distruggere ciò che resta della "mano pubblica", per affidare ogni prospettiva di crescita alle convenienze dei privati, pazienza. Anzi: ottimo e abbondante.
Siamo ad una campagna di svendite "senza frontiere": dagli asset strategici fondamentali al demanio. Fra poco, vedrete, arriveremo a scuole e ospedali. Siamo già sulla buona strada. E c'è l'esempio greco a fare da battistrada. Del resto, cosa può importare ad una classe dirigente impregnata di monetarismo fondare una strategia economica, una politica industriale? Queste sono per lor signori fanfaluche d'importazione soviettista. L'importante, ciò che conta sul serio, è abbattere il debito. Farlo presto e comunque per rispondere ai diktat della troika. Se poi questo significa aprire al saccheggio dei beni comuni e distruggere ciò che resta della "mano pubblica", per affidare ogni prospettiva di crescita alle convenienze dei privati, pazienza. Anzi: ottimo e abbondante.
Hanno votato in 26 milioni. Persone che solo due anni fa hanno chiesto che la gestione dell’acqua in Italia rimanga pubblica. Ma, dopo 24 mesi dal referendum, nulla è cambiato. Anzi – come spesso accade in Italia – la volontà popolare è stata calpestata più volte, prima dal governo Berlusconi, poi da Mario Monti. È bastato cambiare una voce in bolletta per aggirare il referendum.
<a href='http://adv.publy.net/it/www/delivery/ck.php?oaparams=2__bannerid=1854__zoneid=1612__cb=4e0dfb30c8__oadest=http%3A%2F%2Fxmediadv.com%2Fwww%2Fdelivery%2Fck.php%3Fn%3Da70eefb8%26amp%3Bcb%3D4e0dfb30c8' target='_blank'><img src='http://xmediadv.com/www/delivery/avw.php?zoneid=1&amp;cb=4e0dfb30c8&amp;n=a70eefb8&amp;ct0=http://adv.publy.net/it/www/delivery/ck.php?oaparams=2__bannerid=1854__zoneid=1612__cb=4e0dfb30c8__oadest=' border='0' alt='' /></a>
Cambiare nome per non cambiare nulla. Il secondo quesito referendario imponeva la cancellazione in bolletta della voce “Rimunerazione del capitale” (pari al 7% dell’investimento fatto). La sua eliminazione avrebbe consentito una riduzione dei costi in bolletta dell’acqua. Grazie al “Salva Italia”, è bastato rinominare la voce in “Rimborso degli oneri finanziari” perché il secondo quesito referendario perdesse di efficacia.
I comuni traccheggiano. Anche per gli altri quesiti – tutti approvati con uno schiacciante Sì – non si è avuto un grande riscontro. Il primo è rimasto in parte inattuato. Prevedeva la trasformazione delle aziende che gestiscono la distribuzione dell’acqua da private a pubbliche. Ma ciò spetta agli enti territoriali come i comuni provvedere all’attuazione del referendum. Così, ad eccezione di alcuni casi virtuosi (equamente distribuiti tra nord e sud), molti comuni traccheggiano. Di conseguenza, una pioggia di ricorsi sta intasando i vari Tar mentre qualcuno sta già mettendo in atto azioni di “obbedienza” civile.
“Obbedienza civile”. Le associazioni di settore chiedono ai cittadini di autogestirsi le bollette, ad iniziare dalla riduzione per la quota riservata in bolletta alla remunerazione del capitale investito. In pratica, si tratta di “obbedire” alle leggi modificate dal referendum. Sono circa 15 mila le utenze in tutta Italia che applicano questa auto-riduzione. Sono volate diffide ma finora, assicurano i comitati, nessuna azienda ha provato a bloccare l’approvvigionamento idrico domestico “perché sanno che perderebbero qualsiasi ricorso”.
- See more at: http://www.dirittodicritica.com/2013/07/08/acqua-pubblica-referendum/#sthash.mn4ZMhfn.dpuf
Hanno votato in 26 milioni. Persone che solo due anni fa hanno chiesto che la gestione dell’acqua in Italia rimanga pubblica. Ma, dopo 24 mesi dal referendum, nulla è cambiato. Anzi – come spesso accade in Italia – la volontà popolare è stata calpestata più volte, prima dal governo Berlusconi, poi da Mario Monti. È bastato cambiare una voce in bolletta per aggirare il referendum.
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Cambiare nome per non cambiare nulla. Il secondo quesito referendario imponeva la cancellazione in bolletta della voce “Rimunerazione del capitale” (pari al 7% dell’investimento fatto). La sua eliminazione avrebbe consentito una riduzione dei costi in bolletta dell’acqua. Grazie al “Salva Italia”, è bastato rinominare la voce in “Rimborso degli oneri finanziari” perché il secondo quesito referendario perdesse di efficacia.
I comuni traccheggiano. Anche per gli altri quesiti – tutti approvati con uno schiacciante Sì – non si è avuto un grande riscontro. Il primo è rimasto in parte inattuato. Prevedeva la trasformazione delle aziende che gestiscono la distribuzione dell’acqua da private a pubbliche. Ma ciò spetta agli enti territoriali come i comuni provvedere all’attuazione del referendum. Così, ad eccezione di alcuni casi virtuosi (equamente distribuiti tra nord e sud), molti comuni traccheggiano. Di conseguenza, una pioggia di ricorsi sta intasando i vari Tar mentre qualcuno sta già mettendo in atto azioni di “obbedienza” civile.
“Obbedienza civile”. Le associazioni di settore chiedono ai cittadini di autogestirsi le bollette, ad iniziare dalla riduzione per la quota riservata in bolletta alla remunerazione del capitale investito. In pratica, si tratta di “obbedire” alle leggi modificate dal referendum. Sono circa 15 mila le utenze in tutta Italia che applicano questa auto-riduzione. Sono volate diffide ma finora, assicurano i comitati, nessuna azienda ha provato a bloccare l’approvvigionamento idrico domestico “perché sanno che perderebbero qualsiasi ricorso”.
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Hanno votato in 26 milioni. Persone che solo due anni fa hanno chiesto che la gestione dell’acqua in Italia rimanga pubblica. Ma, dopo 24 mesi dal referendum, nulla è cambiato. Anzi – come spesso accade in Italia – la volontà popolare è stata calpestata più volte, prima dal governo Berlusconi, poi da Mario Monti. È bastato cambiare una voce in bolletta per aggirare il referendum.
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Cambiare nome per non cambiare nulla. Il secondo quesito referendario imponeva la cancellazione in bolletta della voce “Rimunerazione del capitale” (pari al 7% dell’investimento fatto). La sua eliminazione avrebbe consentito una riduzione dei costi in bolletta dell’acqua. Grazie al “Salva Italia”, è bastato rinominare la voce in “Rimborso degli oneri finanziari” perché il secondo quesito referendario perdesse di efficacia.
I comuni traccheggiano. Anche per gli altri quesiti – tutti approvati con uno schiacciante Sì – non si è avuto un grande riscontro. Il primo è rimasto in parte inattuato. Prevedeva la trasformazione delle aziende che gestiscono la distribuzione dell’acqua da private a pubbliche. Ma ciò spetta agli enti territoriali come i comuni provvedere all’attuazione del referendum. Così, ad eccezione di alcuni casi virtuosi (equamente distribuiti tra nord e sud), molti comuni traccheggiano. Di conseguenza, una pioggia di ricorsi sta intasando i vari Tar mentre qualcuno sta già mettendo in atto azioni di “obbedienza” civile.
“Obbedienza civile”. Le associazioni di settore chiedono ai cittadini di autogestirsi le bollette, ad iniziare dalla riduzione per la quota riservata in bolletta alla remunerazione del capitale investito. In pratica, si tratta di “obbedire” alle leggi modificate dal referendum. Sono circa 15 mila le utenze in tutta Italia che applicano questa auto-riduzione. Sono volate diffide ma finora, assicurano i comitati, nessuna azienda ha provato a bloccare l’approvvigionamento idrico domestico “perché sanno che perderebbero qualsiasi ricorso”.
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