SALUGGIA - Ancora una volta c'è preoccupazione per le notizie di oggi (11 aprile) secondo le quali dal dalle vasche di stoccaggio dei materiali radioattivi presso il deposito di Saluggia gestito dalla SOGIN, si sarebbero aperte due fessurazioni con la conseguente fuoriuscita di liquido radioattivo. A detta dell'ARPA si tratterebbe di modici quantitativi di materiali e la contaminazione radioattiva sarebbe circosritta, ma permane comunque una piu' che fondata preoccupazione, in relazione anche al fatto che questo deposito dista a poca distanza dalla Dora.
Sulla spinosa questione è intervenuta la consigliera comunale di minoranza al Comune di Saluggia Paola Olivero (Pd), che al "Il fatto quotidiano" ha dichiarato:
"Eravamo preoccupati prima e lo siamo ancor di
più ora che sono state scoperte queste falle dalle quali fuoriesce
liquido radioattivo. Il ministero dello Sviluppo Economico tra l’altro
ha già dichiarato che, a causa degli elevati livelli di contaminazione
nella vasca, fra cui Cesio 137 e
Americio 241, si dovrà procedere al recupero del suo contenuto e
proseguire il trattamento di liquidi e sedimenti come rifiuti
radioattivi, con un sistema dedicato. Non si sa ancora perché il liquido
contenuto in questa vasca abbia dei valori di radioattività troppo
elevati per essere scaricato nel fiume. La vasca, che ha oltre
cinquant’anni, non fu progettata per svolgere la funzione di deposito e
stoccaggio, tanto che l’Ispra, in una nota del 9 gennaio scorso, afferma
che è in corso una anomalia rispetto alla normale conduzione
dell’impianto. E’ altresì collocata in un’area a forte edificazione e
transito di mezzi pesanti, che provocano forti vibrazioni, trovandosi
nei pressi del cantiere dove stanno costruendo un nuovo deposito
nucleare. La vasca si trova lungo il corso del fiume, in prossimità dei
pozzi dell’acquedotto del Monferrato che serve oltre cento comuni”.
SALUGGIA - L’impianto Eurex (acronimo di Enriched Uranium Extraction) è un impianto nucleare italiano, situato a Saluggia in provincia di Vercelli.
È entrato in funzione nel 1970 svolgendo l’attività di ricerca per il
riprocessamento del combustibile allo scopo di recuperare le materie
potenzialmente riutilizzabili con le attività interrotte già dal 1984.
In un articolo de “Il Fatto” datato Settembre 2012 la situazione però risulta critica:
«Una delle due vasche a cielo aperto (waste ponds) di oltre cinquant’anni che raccoglie le acque,
generalmente contaminate o solo potenzialmente contaminate, provenienti
dai vari punti dell’impianto nucleare, è al limite della saturazione.
Il pond WP719 è quasi pieno e rischia di traboccare tra non molto,
quando cominceranno le piogge autunnali. Questo comporterebbe il rischio
di sversamento dell’acqua sul piazzale del sito e, successivamente,
l’infiltrazione di tale acqua nelle falde sottostanti con rischi
ambientali incalcolabili».
Il Fatto accusava il mancato intervento della Sogin
(Società gestione impianti nucleari), la società di Stato incaricata
della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e
messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi che, dal 2003, ha in gestione
il sito EUREX.
Il 15 Gennaio 2013 circa
sessanta attivisti No Tav piemontesi hanno cercato di impedire il
transito nella stazione di Avigliana del treno che trasportava i
container carichi di scorie radioattive provenienti dall’impianto di
Saluggia. Il treno era diretto verso l’impianto di “riprocessamento”
francese di La Hague, dove il materiale sarebbe stato trattato prima di
essere rispedito di nuovo in Piemonte per uno stoccaggio definitivo.
Il 29 Marzo 2013 la Sogin rende noto che l’impianto
di Saluggia verrà cementificato in attesa di trasportare le scorie nel
Deposito Nazionale: il Cemex ottiene il via libera dalla commissione del
Ministero dell’ambiente.
Nei giorni scorsi è stato infatti firmato il contratto d’appalto per la
progettazione e la costruzione del sito, le attività dovrebbero essere
ultimate in, circa, 42 mesi. Tuttavia l’idea della cementificazione
dell’impianto non sembra la soluzione migliore; la pratica è stata
bocciata dalla comunità scientifica internazionale che non la ritiene
sicura.
Secondo gli esperti: «[…] il progetto Cemex avrebbe un valore di circa 80 milioni di euro.
A tutt’oggi non è stata ancora individuata dalla scienza e dalla
tecnologia l’esatta miscela di cemento in grado di inertizzare le scorie
atomiche. Con la vetrificazione si sarebbe speso la metà».
Come si legge dal sito della facoltà di Ingegneria Meccanica dell’Università di Padova:
«La vetrificazione è una tecnologia che permette di inertizzare rifiuti
tossico-nocivi permettendone quindi lo smaltimento in discarica, in
accordo con le attuali disposizioni legislative, od anche la loro
valorizzazione, se il vetro ottenuto viene utilizzato per produrre
particolari manufatti».
Sempre secondo il sito questo processo, oltre ad essere meno costoso rispetto ad altri tipi di trattamenti, ha
la capacità di immobilizzare i metalli pesanti ed eventuali elementi
radioattivi che, attraverso il processo di fusione, diventano parte del
reticolo vetroso senza essere più liberi di interagire con l’ambiente.
A questo punto ci si trova davanti a un bivio particolare: da una parte la cementificazione, che verrà portata a termine,
proposta dalla Sogin e tutti i dubbi e i rischi annessi; dall’altra la
vetrificazione, rimasta una chimera, e gli ulteriori rischi relativi al
trasporto in Francia.
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