Il
suo riferimento era legato al recente risultato elettorale. Nel suo discorso
mescolava lo sconforto per il risultato ottenuto da Ingroia, alla speranza per
un M5S che travolga, portandoselo via, il sistema attuale.
Sono tanti a
pensarla in questo modo. Per molti commentatori politici invece il fenomeno
Grillo è solamente un mix di populismo, superficialità e protesta fine a se
stessa; qualcuno indica addirittura il Movimento 5 Stelle quale una semplice
espressione narcisista.
Per decenni la
Sinistra ha sognato stravolgimenti di classe che regolarmente non sono avvenuti.
Nelle sue varie evoluzioni, o meglio involuzioni, si è sempre caratterizzata nel
gettare via il bambino tenendo l’acqua sporca. Tensioni, spaccature, scissioni
unite a richiami immancabili al partito di massa, che lentamente evaporava,
hanno segnato l’allontanamento della classe di riferimento che sembrava
preferirgli la Lega, dando però contemporaneamente la fiducia alla Fiom. Qualche
lavoratore ha guardato ancora al PD, un partito attento, tra una bocciofila ed
una clientela, a non smentire il passato PCI nel solo momento di richiamare il
suo popolo alla disciplina elettorale.(quella del voto utile).
Precarietà,
povertà, solitudine e mancanza di riferimenti ideali hanno scavato solchi
profondi sotto i piedi dei partiti storici della Sinistra. Questi perdevano
credibilità ed autorevolezza tra fuoriuscite ed appoggi a governi locali e
centrali inutili nei risultati politici. Uno sforzo politico, quando presente,
che non si è manifestato all’esterno (raramente) con risultati tangibili di
cambiamento.
I sistemi
elettorali hanno certo delle colpe, il maggioritario soffoca ogni minoranza del
Paese, ma non sono immuni da responsabilità neppure le classi dirigenti
politiche della Sinistra, solitamente troppo impegnate in tatticismi spiccioli,
ma distratte nel loro dovere di guardare nella società che le
circonda.
Viene da
chiedersi cosa credevano di poter fare, o realizzare, i tanti compagni che
lasciavano Rifondazione per dare vita a partiti “di massa” autonomi. Così come
viene da domandarsi quale miracolosa conseguenza potevano portar con se le varie
vittorie (di Pirro) conseguenti a congressi, al coltello, che segnavano i
conflitti politici interni facendoli languire verso l’infinito.
La legge Treu e
le guerre mai portate ad una ritirata entro i confini di casa dell’esercito
italiano, disegnavano i frutti di quelli che alcuni da tempo iniziavano a
definire “i guasti dei baroni della Sinistra”. Una baronia non invadente come le
altre, ma perniciosa e che specialmente in Torino consegna nomi e cognomi legati
a vere e proprie dinastie finto rosse (sia nella politica che in associazioni e
coop).
Oggi, dopo lo
shock elettorale, Fassino si accorge che privatizzare l’acqua non è
obbligatorio, malgrado l’esito referendario contrario, ma anzi nulla vieta di
tenerla pubblica in Smat. La rabbia coglie da dentro se la mente torna a tutta
la retorica pro privatizzazione fatta sino a ieri dalle giunte Chiamparino e
Fassino. Le vicende legate alla recentissima decisione di fare gestire a privati
nove asili cittadini fanno venire i brividi lungo la schiena. Una
privatizzazione difesa con forza anche innanzi alle tante manifestazioni di
lavoratori che ogni lunedì si presentavano davanti al palazzo di
Città.
Proprio la
storia degli asili e dei precari nidi e materne ha gettato un’ombra nera sulla
Sinistra torinese. L’assessore che ha aperto questa nuova stagione di
concessioni al privato è di SeL, partito schiacciato nelle dimensioni
dall’ultimo voto, atto contro cui la Federazione si è battuta raccogliendo un
migliaio di firme sulla richiesta di un consiglio comunale, aperto alla
cittadinanza, mai accolta dalla giunta stessa.
Un diniego di
stampo autoritario, una Federazione che purtroppo certifica la sua inutilità, a
cui si somma una notizia non provata del tutto, ma che circola da tempo nei
corridoi del palazzo comunale: la Città pare abbia stilato una lista nera
contenente i nominativi di precarie da non fare assumere alle coop, subentrate
nella gestione della materne e degli asili. Nel caso la “voce” venisse un domani
confermata saremmo innanzi ad un’azione di puro stampo fascista, autoritario,
indifendibile e bieco.
La decisione
del Sindaco in merito all’acqua, guardando al vicino passato, sembra più che una
scelta ideale, l’azione di un’azienda che produce formaggini la quale si accorge
di un calo di vendite dovuto alla qualità dell’articolo. Questa, come ha fatto
la giunta torinese, per tornare ad una fabbricazione vincente cambia la
confezione del prodotto che rimane uguale nella sua composizione.
La rabbia
maturata da molti scenari come quello appena descritto, ha creato un onda di
indignazione pure che ha sommerso più di una generazione. L’alta marea ha
coperto tutti, ancor più chi non ha saputo in questi anni interpretare i
movimenti sociali ed i desideri che li animavano.
Non ho idea di
dove porterà il fenomeno Grillo. Certamente ora ha assestato uno schiaffone a
“cinque” dita ai poteri di sempre. Vedere in TV, la sera del lunedì elettorale,
il volto teso di un Virano (responsabile realizzazione TAV) normalmente sempre
beffardo e sicuro di se, è stata una soddisfazione impagabile. Basta questo ad
un proletario per essere felice? Temo di no.
Il M5S pare non
abbia al suo interno temi di classe e neppure lotte sociali nel suo DNA. Il tema
dell’Euro trattato da Grillo fa scattare il dubbio che sorga da voglie
populiste. Fu populismo anche la nascita della moneta unica nel 2002, poiché non
si disse alla gente che in un sistema del genere è il Paese forte che traina,
mentre gli altri possono solo stringere i denti. L’Europa del mercato unico,
della banca centrale, del piegarsi alla volontà della finanza non poteva far
presagire un futuro diverso da quello che viviamo oggi. Ignorare equità,
solidarietà e diritti significa divario tra ricchi e poveri, sempre più poveri,
con un Euro che certifica lo stato delle cose. Tornare alla Lira, però, sarebbe
altrettanto micidiale (forse di più) per salari e piccoli risparmi. La soluzione
deve essere un’altra e non facile come un referendum che consegnerebbe l’Italia
ad un percorso argentino.
Sul tema della
Costituzione si assiste ad altri svarioni, come l’eliminazione della libertà di
mandato dei parlamentari (senza vincolo di mandato): una norma di democrazia,
senz’altro usata male da molti, che se eliminata aprirebbe ancor più a lobbies e
strapotere dei partiti.
Dimezzare
parlamentari aumenta la casta, sempre più piccola, e riduce la rappresentanza
popolare, non certo i costi da cui occorre partire con forza. Anche il tema
risorgimentale tende, nel M5S, a ridurre tutto in un abbraccio ai vari movimenti
scissionistici e non alla verità di quanto accadde (nel male e nel bene, tra
ideali ed interessi economici di classe) in quell’epoca.
Ricordo bene la
censura che mise a tacere Grillo in Rai molti anni fa. Comprendo la rabbia e
l’astio che l’attore genovese, ora leader politico, ha maturato su questo regime
fatto a sistema. Sarà questa rabbia rivoluzionaria?
Una domanda
impossibile da evadere, certamente nulla potrà più essere come prima del 24
febbraio. I partiti della Sinistra, con percentuali mai così basse, devono fare
entrare molta aria nuova al loro interno ed evitare il vittimismo
autolesionistico del tipo: “la colpa per cui abbiamo perso è di chi ha votato
Grillo”. Oppure: “la responsabilità è di Crozza”. La colpa, se la cerchiamo, è
loro (nostra) e di nessun altro. L’entropia ideale, e non solo ideale, si è
impossessata di partiti e loro dirigenti (spesso anche della base).
Quando ero
giovane mi raccontavano che a Cuba mentre i barbudos combattevano sulla Sierra,
il partito comunista dialogava con il dittatore Batista ed osteggiava il
movimento del Che. Un errore che sembra ripetersi all’infinito in l’Italia e non
solo. Bisogna stare attenti a non trasformarsi esclusivamente in storici del
Comunismo, come abbiamo fatto sino ad ora, ma aver ben chiaro che avremmo dovuto
essere gli attuatori del potere al popolo, il vero popolo: un proposito che
appare molto distante anche oggi.
Juri Bossuto.
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