Il business idroelettrico chiede la riduzione delle aree protetta dei Parchi... Da un po di tempo a questa parte le multinazionali idroelettriche e gruppi finanziari propongono ai comuni di montagna e magari ai comuni inseriti nei parchi un "business". Vi segnalo un caso interessante che mette in evidenza alcuni elementi di riflessione. Una società di energia elettrica ha presentato a due comuni un progetto per due centraline da posizionare nell' interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso dietro un lauto compenso al comune. I due torrenti su cui incombono alcuni progetti di sfruttamento sono il Campiglia ed il Forzo, entrambi in Piemonte, in Val Soana, nei comuni di Valprato e Ronco Canavese. Si tratta di due corsi d'acqua di montagna di incomparabile bellezza, caratterizzati da acque limpidissime, di colore verde-blu, non inquinate, che scorrono in un contesto incontaminato tra arici, faggi, saliceti e praterie montane, in un succedersi di cascatelle, marmitte, tonfani, lame d'acqua, in cui si tuffa il merlo acquaiolo. Entrambi scorrono nel Sito di Interesse Comunitario "Parco Nazionale del Gran Paradiso" individuato ai sensi della Direttiva Europea Habitat. Nelle loro acque, in particolare nel Campiglia, vive un ceppo mediterraneo di Trota fario, che costituisce una popolazione naturale di elevato interesse conservazionistico. Per questa ragione la zona è stata scelta come area di studi nell'ambito di un programma europeo con l'Università di Torino. Le due centraline si inseriscono in un contesto di progetto di captazioni che vedono nel giro di neppure due chilometri, l'una dall'altra, ben cinque sbarramenti: due all'interno del parco e tre appena al di fuori: Questi ultimi verranno comunque realizzati. Quanto basta per suscitare l'appetito di gruppi finanziari e di società idroelettriche private, che forti dell'impegno assunto con il protocollo di Kyoto, di produrre almeno il 3% di energia con fonti rinnovabili, forniscono elettricità senza emissioni di anidride carbonica. Energia "pulita", ma con un impatto devastante sui corsi d'acqua- specie nelle aree protette - molto ricercata perchè i produttori possono vendere anche il certificato verde, che sancisce la produzione"pulita", alle aziende che continuano ad impiegare combustibili fossili, che così possono rientrare nei protocolli. Le opere in sede locale non susciterebbero un particolare interesse se non fosse offerta ai Comuni unapiccola partecipazione agli utili (tra il 2 ed il 5%), con somme che in assoluto non sono di grande entità, ma che per piccole amministrazioni di montagna assumono notevole interesse. Nel caso delle due centraline del Parco la sottrazione di acqua sarebbe molto consistente, oscillando, nei periodi di funzionamento degli impianti, tra il 61 ed il 75%, ben al di sopra della soglia del 30%, oltre la quale, si verificano sensibili diminuzioni della biomassa ittica. Il contesto paesaggistico inoltre verrebbe devastato: oltre alla scomparsa di salti e lame d'acqua e di importanti habitat ripariali, il passaggio delletubazioni prevede l'invasione di praterie umide, lo sparo di centinaia di mine, l'invasione con gli escavatori di ambienti delicatissimi. Per questaed altre ragioni nella conferenza di servizi che ha esaminato il progetto, la Regione Piemonte, supportata da ARPA, la Provincia di Torino ed il Parco hanno espresso, all'attuale stato delle procedure d'esame di variante ai progetti, parere negativo per opere la cui realizzazione sia incompatibilecon il mantenimento dell'attuale livello di conservazione. In due corsi d'acqua del versante piemontese ancora in condizioni di elevata naturalità.
Questo per segnalare il vero interesse che hanno certi soggetti.
Filpo.
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