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Guardando quella folla multicolore, che sfilava serena, a volto scoperto, davanti ai cordoni cupi, catafratti, chiusi dietro i propri scudi, che sigillavano il percorso con un muro nero blu e verde scuro (c’erano tutti i corpi dello Stato, carabinieri, polizia, guardia di finanza) era difficile immaginare come sui primi fosse possibile distendere l’ombra fosca del terrorismo e sui secondi appiccicare l’etichetta della legalità. Ai primi la violenza, agli altri la giustizia. Piuttosto, verrebbe da dire, il contrario.
Il Movimento No Tav ieri, come altre volte, ha vinto. Con una semplice marcia ha strappato di mano ai propri nemici ogni elemento di credibilità per sostenere l’assurda teoria – ma sarebbe meglio chiamarlo teorema – che tenta di riconfigurare le azioni di protesta di quella popolazione sotto il segno cruento dell’accusa di terrorismo. E nello stesso tempo ha mostrato l’isolamento, l’irragionevolezza, la povertà di argomenti di chi, per sostenere una causa razionalmente insostenibile, è costretto a ridurla a questione di ordine pubblico, in cui, come è noto, chi ha il manganello dalla parte del manico decide.
Da oggi, almeno qui, sull’asse che va da Piazza Castello alla Sagra di San Michele, quell’operazione si è infranta contro un materiale resistente e intelligente che sarà davvero difficile ignorare.
Marco Revelli.
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