Le elezioni, italiane ed europee, si avvicinano e l’ampio popolo
italiano di sinistra vorrebbe essere rappresentato nelle maggiori
istituzioni ma manca un soggetto politico delle diverse anime a sinistra
del Pd. C’è un estremo bisogno di una formazione unitaria di sinistra ,
contro i governi delle larghe intese e le politiche di austerità.
Capace di orientare la disperazione sociale e la protesta di milioni di
elettori e fare davvero un’opposizione efficace per candidarsi alla
guida del paese. Non sarà facile costruire il nuovo soggetto politico ma
occorre l’ottimismo della volontà. Purtroppo è molto difficile che il
ceto politico attuale della sinistra cosiddetta radicale e alternativa
abbia la volontà e la capacità di costruire una formazione aperta,
plurale ma sufficientemente coesa per cambiare il corso della politica
italiana (pessimismo della ragione). I dirigenti delle formazioni della
sinistra alternativa – Sinistra Ecologia e Libertà, Rifondazione
Comunista, i Verdi, i sindaci arancioni, quelli della lista Ingroia, ecc
– appaiono troppo spesso carenti di una visione politica di ampio
respiro, quasi sempre autoreferenziali, minoritari, e alla fine
inconcludenti o scarsamente influenti.
Troppo spesso appaiono agli
occhi della gente comune come politici di professione che difendono il
loro orticello e la loro fettina di potere (istituzionale, accademico,
sindacale o di qualsiasi altra natura). La sinistra a sinistra del Pd è
scioccamente divisa, e soprattutto lontana dalle esigenze e dai
movimenti popolari che, nella crisi, si radicalizzano e cercano
interlocutori affidabili per le loro istanze di cambiamento. Ma non
vedono ancora nuovi leader per la trasformazione sociale.
Che lo
spazio a sinistra sia potenzialmente enorme lo dimostra il grande
successo di Beppe Grillo. Beppe Grillo ha conquistato alle ultime
elezioni quasi 9 milioni di voti; nonostante la sua ideologia estremista
di democrazia diretta contro tutti i partiti, l’80% del suo programma è
compatibile con quello di una sinistra radicale, a partire dalla difesa
della Costituzione contro il presidenzialismo, dal reddito minimo
garantito, dalla lotta contro il regime berlusconiano, contro gli F35 e
la corruzione dilagante. Perché Grillo è riuscito a costruire
un’opposizione potente e radicale e la sinistra cosiddetta alternativa
invece no? Grillo ha perso un’occasione storica rifiutando un nuovo
governo con Bersani e il Pd. Poteva svoltare e formare un governo di
cambiamento ma ha deciso invece di rifiutare ogni alleanza e ha favorito
oggettivamente Berlusconi. La responsabilità è di Grillo, della sua
prepotente autocrazia e della sua immaturità politica. Ma se la sinistra
minoritaria continua così è destinata solo a fare testimonianza, a
essere ininfluente, e forse alla fine a sparire del tutto.
Il primo
problema è che questa sinistra non vuole prendere atto dei propri errori
strategici: non è un caso che l’Italia sia praticamente l’unico tra i
grandi paesi europei che non abbia in parlamento una formazione che
rappresenti l’ampio popolo della sinistra. In Grecia Syriza ha
conquistato il 26% dei voti ed è il secondo partito; in Germania la
Linke ha preso l’11% dei voti alle elezioni federali; in Francia il
Fronte di Sinistra di Jean-Luc Mélenchon ha preso alle ultime
presidenziali l’11% dei voti.
Occorre quindi cominciare ad analizzare
in maniera severa, e anche spietata, gli errori della sinistra, a
partire da Sel, la formazione più significativa. Nichi Vendola si è
posizionato come corrente esterna del Pd con l’obiettivo di fare come la
mosca che vuole spostare l’elefante. Ha abbracciato l’alleanza con
Bersani che cercava l’alleanza con Monti – l’austero rappresentante del
mondo finanziario nazionale e internazionale-. Ma Bersani dopo avere
perso clamorosamente l’occasione di andare al governo, oggi sostiene
anche il governo Letta delle larghe intese promosso anche da Silvio
Berlusconi. Attirando affettuosamente a sé Vendola, Bersani è riuscito
comunque a raggiungere un obiettivo importante: quello di distruggere la
possibilità di una forte formazione politica autonoma alla sua
sinistra. Tuttavia, fallito l’obiettivo governativo di Bersani, è
fallita anche la strategia di Vendola: conquistare la direzione del Pd a
colpi di vittorie nelle primarie. Ma la scalata ai vertici del
centrosinistra è palesemente mancata, e non poteva essere altrimenti. Le
primarie rappresentano una novità ma caratterizzano i partiti
elettorali americani e deprimono la militanza organizzata della base.
Occorre
prendere atto che il Pd non è neppure un partito socialista, non
aderisce al gruppo socialista europeo; pur composto da ex comunisti ed
ex democristiani, è spostato al centro e certamente non si farà mai
scalare dalla sinistra. Forse riuscirà invece a scalarlo con campagne
mediatiche all’americana il rottamatore Renzi che in nome del nuovismo
ripropone però la vecchia politica liberista. Vendola si trova dunque,
suo malgrado, a fare opposizione a un governo, a guida Pd, moderato a
parole, nei fatti garante della piena subordinazione all’austerità
imposta dall’euro tedesco, pronto a modificare la Costituzione per
introdurre un presidenzialismo autoritario.
Intendiamoci: il Pd,
anche se complessivamente diretto da professionisti moderati della
politica, ha un elettorato popolare che certamente è collocato a
sinistra; e in prospettiva l’alleanza con il Pd e con il M5S di Grillo
diventerà essenziale per formare un governo di sinistra. Ma subordinare
tutta la politica della sinistra alternativa all’alleanza con il Pd è
suicida.
Bisogna però sgombrare il campo da un’altra illusione un po’
infantile: che sia possibile costruire una nuova formazione di sinistra
solo grazie ai movimenti. Sono ovviamente la base di tutto: la storia
dimostra però che tutte le formazioni politiche non nascono solo dal
basso ma anche dall’alto. Le nuove organizzazioni politiche nascono
dalle crisi dei regimi precedenti e dai movimenti sociali. Ma anche, e
forse soprattutto, da nuovi ideali e visioni intellettuali, da nuove
culture ed elaborazioni politiche, da nuovi ceti dirigenti che si
organizzano dall’alto. E’ per questo che anche le attuali organizzazioni
politiche sono importanti. L’avversione di molte persone di sinistra
verso le organizzazioni della sinistra radicale è in parte giustificata,
ma, se diventa radicale e totale, dimostra primitivismo politico o
anche settarismo intellettuale. La battaglia critica delle idee può
essere spietata ma nessuno può davvero proclamarsi migliore degli altri.
E dentro le formazioni politiche della vecchia “nuova sinistra”
militano molte ottime persone che da anni lottano per un diverso mondo
possibile: non esiste alcuna ragione per sbarazzarsi di loro e della
loro esperienza.
Ben vengano le iniziative contro il fiscal compact,
la precarizzazione del lavoro, il presidenzialismo e il pareggio di
bilancio in Costituzione voluto da tutte le forze governative, Pd
compreso. Ma per avviare un nuovo corso, occorrerebbe innanzitutto
riconoscere i propri errori, riformulare le visioni e le strategie,
superare i settarismi minoritari, elaborare programmi comuni.
Difficilmente Paolo Ferrero riuscirà a rifondare il comunismo: ma, dopo
essere stato scottato dall’esperienza affrettata e dilettantesca della
lista Ingroia, il suo appello a superare rapidamente le divisioni è fin
troppo giusto: infatti il governo Letta potrebbe cadere presto e già nel
2014 verrà eletto il nuovo Parlamento europeo. Prendiamo atto che ciò
che unisce questa (finora deludente) sinistra è comunque molto più di
quello che la divide.
Enrico Grazzini
per "Il Manifesto".
Nessun commento:
Posta un commento