Banche & politica: tra bugie e colpi di Stato "legali"...

In questi giorni le dichiarazioni della politica e del mondo finanziario lasciano davvero basiti.
 Da una parte le banche, che pochi giorni fa hanno gridato ai media che le loro difficoltà sono dovute al peso fiscale a cui sono soggette.  Quindi scopriamo che le tasse hanno affossato il sistema bancario, non investimenti spericolati, quali i derivati, o allegre amministrazioni come noi credevamo, bensì il fisco. Sarà allora per un senso di colpa da parte dello Stato che i vari governi italiani hanno erogato miliardi per salvarle: un mare di soldi per rimediare alla distruzione fatta dai managers del sistema bancario. Forse siamo però di fronte ad un caso di immensa faccia tosta, manifestata da chi ha rilasciato un accusa per fare dimenticare il proprio ruolo di imputato.  
Dall’altra parte i partiti, i quali non si la lamentano troppo dell’astensionismo, senza il quale sarebbero alla fine della loro corsa, ma anzi rilanciano con un “patto di saldatura con l’elettorato” (come ha dichiarato il ministro Quagliariello) tramite la modifica della Costituzione. Quindi la sintesi è semplice: non si cambiano abitudini poco trasparenti e spesso gravemente clientelari, ma si stravolge la Carta fondamentale per dare maggio potere al Governo e stabilità conseguente. La risposta quindi è niente più che una sorta di dittatura del nuovo millennio.
  Il M5S è rabbia, con poca politica. Da questo dato di partenza discende la sconfitta odierna. Molti elettori non lo hanno più votato, anzi non hanno più votato. Fatto che riesce pure a far scatenare reazioni di gioia ai pseudo “vincitori”, per i quali i numeri assoluti non esistono. Politicanti per cui il 50% di astensionismo non modifica le percentuali, anzi rafforza la sconfitta degli avversari. Un paradosso che si spiega con un esempio elementare: se votano due soli elettori dando preferenza a due partiti diversi, ogni partito conquista il 50% dei voti, situazione comoda e magari sperata di futura attuazione nella mente di tanti parlamentari.  
Il regista del qualunquismo si prepara ora ad incassare il suo ultimo successo: l’abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti. E’ chiaro anche a chi scrive che il sistema tramite cui si alimenta di denaro i partiti, è da tempo marcio; così come è chiaro il risultato referendario che tempo fa cancellò tale finanziamento, poi mantenuto grazie ad escamotage legislativi condivisi da tutti.
  Per estirpare le metastasi pare si voglia uccidere il paziente, una cura devastante che scriverà la parola “fine” su questa moribonda democrazia pseudo parlamentare.  
Attualmente i partiti si nutrono di fondi statali, dei contribuenti, e contemporaneamente di donazioni private. Questi riescono a gestire in modo tutt’altro che trasparente i primi  e ad essere proni nel ringraziare prontamente i secondi. Un esempio si può rintracciare nelle grandi opere pubbliche (vedi TAV) sovente poco utili alla collettività, per non dire addirittura dannose, ma di grande vantaggio per chi le esegue e per chi le commissiona.  
La soluzione è fantastica: rinunciare alla trasparenza sull’uso dei soldi pubblici distribuiti alla politica, per limitare ai privati la possibilità di sostenerla, magari usufruendo di sgravi fiscali sino al 90% della cifra donata. Fuori del tutto la glasnost di Gorbaciov, e dentro solo più i “grazie” ai benefattori.
   Una soluzione peggiore della cura: chi sarà quel politico che rifiuterà soldi nel nome dell’interesse pubblico per non dire “grazie” a qualche lobbista? Temo pochi, i più ringrazieranno e noi saremo più deprivati di servizi e circondati da business mascherati con la “pubblica utilità”.
Geniale, davvero. Auguro che rinasca pesto una Sinistra per contrastare tutto questo, ma perché questo avvenga occorre non se ne occupino gli yes men, che in questi anni hanno sostenuto e difeso acriticamente le segreterie in tutte le scelte fatte, ma coloro che possiamo annoverare tra i “dissidenti a ragion veduta”: unici ad aver ancora una qualche credibilità. Di questo parleremo poi….
Juri BOSSUTO.

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