SALUGGIA/ITALIA - Con le piogge autunnali, una delle aree di
stoccaggio potrebbe traboccare. L'Istituto Superiore per la Protezione e
la Ricerca Ambientale ha lanciato l'allarme, ma la Sogin (la società di
Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti) non ha ancora
messo in sicurezza l'impianto.
Una situazione al limite dell’emergenza ambientale. E’ questa la condizione in cui versa l’impianto nucleare Eurex di Saluggia, Vercelli. Il settimanale Il Punto ha lanciato l’allarme documentando le incongruenze e le mancanze della Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Una delle due vasche a cielo aperto (waste ponds)
di oltre cinquant’anni che raccoglie le acque, generalmente contaminate
o solo potenzialmente contaminate, provenienti dai vari punti
dell’impianto nucleare, è al limite della saturazione. Il pond WP719
è quasi pieno e rischia di traboccare tra non molto, quando
cominceranno le piogge autunnali. Questo comporterebbe il rischio di
sversamento dell’acqua sul piazzale del sito e, successivamente,
l’infiltrazione di tale acqua nelle falde sottostanti con rischi ambientali incalcolabili.
Normalmente le acque raccolte nelle due vasche, in una seconda fase del processo, sono scaricate nella vicina Dora Baltea.
Un procedimento che, secondo gli esperti, garantisce un’adeguata
sicurezza all’ambiente limitrofo attraverso la forte diluizione del
materiale radioattivo. Lo scarico nel fiume è consentito solo se il
livello della radioattività delle acque contenute nei ponds non supera
determinati livelli stabiliti dall’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Conditio sine qua non
che, a quanto pare, al momento non è riscontrabile nella vasca WP719.
Secondo una nota diramata dall’Ispra stessa, il pond WP719 attualmente è
in condizioni di non utilizzo ai fini delle operazioni di scarico. In
altre parole, per il momento costituisce una sorta di stoccaggio, a
cielo aperto, di materiale liquido pericoloso che non può essere
scaricato e diluito.
Secondo alcuni documenti interni della Sogin
“il motivo è che il suo contenuto radiologico è in questo momento
altissimo, molto superiore ai limiti ammessi; l’elevata concentrazione
di radionuclidi molto pericolosi”. Sempre secondo la nota, la
concentrazione di radionuclidi sarebbe paragonabile a quella presente,
fino a qualche anno fa, nella piscina del combustibile nucleare, ormai fortunatamente vuota.
Ad
aumentare il rischio di sversamento incontrollato nelle falde
contribuisce la frenetica attività realizzativa che la Sogin sta
attuando per la costruzione del contestato deposito D2, quello
temporaneo di scorie radioattive che dovrebbe sorgere
all’interno del sito Eurex, nelle immediate vicinanze delle due vasche.
Una costruzione che, a essere ottimisti, terminerà nel 2014. Il D2 è
un’opera in cemento armato con pareti di grosso spessore e le attività
di cantiere sono caratterizzate dal frequente traffico di mezzi pesanti,
poiché il cemento necessario per la costruzione arriva dall’esterno del
sito.
In alcuni periodi sono stati oltre cento i mezzi pesanti
che, per scaricare giorno e notte cemento nel cantiere del D2, sono
transitati molto vicino alle vasche in questione. Questi mezzi pesanti,
ancor oggi, sono costretti a passare a pochi metri dalle due vecchie
vasche, aumentando così il rischio di lesionare le vasche stesse e/o di
urtare contro di loro, con effetti potenzialmente distruttivi.
Il
rischio è stato certificato anche dall’Ispra a seguito di un sopralluogo
effettuato lo scorso 10 agosto che ha allarmato non poco gli abitanti
del vercellese. L’autorità di controllo ha prescritto alla Sogin alcune
azioni immediate da fare: “Delimitare l’area circostante le suddette
vasche, atteso che sono prossime ad aree di transito asservite a
cantieri aperti…Procedere ad una completa caratterizzazione radiometrica
del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719“.
“Al
di là delle indicazioni dell’Ispra – ha dichiarato un tecnico nucleare
della Sogin, che preferisce mantenere l’anonimato – questa è la prova
certificata del rischio ambientale che si sta correndo a Saluggia.
Nella nota Ispra si parla anche di una lettera della Sogin del
03/10/2011 con cui la Sogin sembrerebbe aver proposto la realizzazione
di una qualche copertura delle vasche, che serve a fermare l’acqua
piovana, tenere lontani volatili e/o altri animali e serve anche ad
impedire che un qualche materiale contenuto nel liquido si disperda
nell’atmosfera: si dice di dare priorità a questa cosa. Dopo un anno
dalla proposta Sogin (e dopo circa 50 anni che esistono le vasche), – ha
continuato l’esperto – adesso Ispra scopre che questa
cosa è prioritaria; guarda caso solo adesso, col vicino cantiere del D2
aperto da un anno e passa” ha denunciato il tecnico in disaccordo con le
scelte aziendali. “Poi Ispra dice di delimitare l’area delle vasche –
ha proseguito – dato che sono prossime al transito dei mezzi pesanti.
Vorrei capire quale beneficio di sicurezza può venire da un semplice
nastro che delimita l’area; per fermare un mezzo pesante che sbagliasse
manovra ci vorrebbe un muro di cemento. E poi perché non farlo prima,
visto che il vicino grande cantiere del deposito D2 è aperto da più di
un anno?”.
“Infine la nota entra nel vivo – ha spiegato il tecnico
– quando l’Ispra chiede che siano effettuate delle analisi precise del
contenuto del WP719 e che sia messo a punto un piano di
trattamento per il liquido in esso contenuto; solo per il WP719.
L’Ispra chiede inoltre di essere informata di tutto, risultati e piano
di intervento. In altre parole, l’Ispra ammette implicitamente che il
liquido dentro il WP719 ha bisogno di un trattamento ‘speciale’. Il
problema di cosa sia accaduto – ha concluso il tecnico – e di che cosa
possa ancora accadere al pond WP719 è a questo punto prioritario”. Una
priorità improrogabile per i vercellesi.
Luca TEOLATO per ilfattoquotidiano.it
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