Tav... «Riaprire il dialogo»

Un appello al governo perché «in Val Susa un dialogo è possibile e necessario». Tra i primi firmatari Don Luigi Ciotti, Nichi Vendola, Luigi De Magistris, Michele Emiliano, Livio Pepino, Michele Curto, Ugo Mattei, Marco Revelli, Giorgio Airaudo, Monica Frassoni, Tommaso Sodano, Paolo Beni, Vittorio Cogliati Dezza, Filippo Miraglia , Gabriella Stramaccioni, don Armando Zappolin, don Tonio dell'Olio, Giovanni Palombarini, don Marcello Cozzi, Sandro Mezzadra.
L'appello. «Dopo mesi in cui la politica ha omesso il confronto e il dialogo necessari con la popolazione della valle - si legge nell'appello - la situazione di tensione in Val Susa ha raggiunto il livello di guardia, con una contrapposizione che sta provocando danni incalcolabili nel fisico delle persone, nella coesione sociale, nella fiducia verso le istituzioni, nella vita e nella economia dell'intera valle. Ad esserne coinvolti sono, in diversa misura, tutti coloro che stanno sul territorio: manifestanti e attivisti, forze dell'ordine, popolazione». «I problemi posti dal progetto di costruzione della linea ferroviaria ad alta capacità Torino-Lione - si legge nel testo - non si risolvono con lanci di pietre e con comportamenti violenti. Da queste forme di violenza occorre prendere le distanze senza ambiguità. Ma non ci si può fermare qui. Non basta deprecare la violenza se non si fa nulla per evitarla o, addirittura, si eccitano gli animi con comportamenti irresponsabili (come gli insulti rivolti a chi compie gesti dimostrativi non violenti) o riducendo la protesta della valle - di tante donne e tanti uomini, giovani e vecchi del tutto estranei ad ogni forma di violenza - a questione di ordine pubblico da delegare alle forze dell'ordine. La contrapposizione e il conflitto possono essere superati solo da una politica intelligente, lungimirante e coraggiosa».

«La costruzione della linea ferroviaria e delle opere ad essa funzionali - prosegue l'appello rivolto al governo - è una questione non solo locale e riguarda il nostro modello di sviluppo e la partecipazione democratica ai processi decisionali. Per questo è necessario riaprire quel dialogo che gli amministratori locali continuano vanamente a chiedere. Oggi è ancora possibile. Domani forse no». «Per questo rivolgiamo un invito pressante alla politica e alle autorità di governo ad avere responsabilità e coraggio. Si cominci col ricevere gli amministratori locali e con l'ascoltare le loro ragioni senza riserve mentali. Il dialogo non può essere semplice apparenza e non può trincerarsi dietro decisioni indiscutibili chè, altrimenti, non è dialogo. La decisione di costruire la linea ad alta capacità è stata presa oltre vent'anni fa. In questo periodo tutto è cambiato: sul piano delle conoscenze dei danni ambientali, nella situazione economica, nelle politche dei trasporti, nelle prospettive dello sviluppo». «I lavori per il tunnel preparatorio non sono ancora iniziati, come dice la stessa società costruttrice. E non è vero che a livello sovranazionale è già tutto deciso e che l'opera è ormai inevitabile. L'Unione europea ha riaperto la questione dei fondi, dei progetti e delle priorità rispetto alle Reti transeuropee ed è impegnata in un processo legislativo che finirà solo fra un anno e mezzo. Lo stesso Accordo intergovernativo fra la Francia e l'Italia sarà ratificato solo quando sarà conosciuto l'intervento finanziario della Ue, quindi fra parecchi mesi. E anche i lavori sulla tratta francese non sono iniziati nè prossimi».

«Dunque aprire un tavolo di confronto reale su opportunità, praticabilità e costi dell'opera e sulle eventuali alternative - prosegue l'appello - non provocherebbe alcun ritardo nè alcuna marcia indietro pregiudiziale. Sarebbe, al contrario, un atto di responsabilità e di intelligenza politica. Un tavolo pubblico, con la partecipazione di esperti nazionali e internazionali, da convocare nello spazio di un mese, è nell'interesse di tutti. Perchè tutti abbiamo bisogno di capire per decidere di conseguenza, confermando o modificando la scelta effettuata in condizioni del tutto diverse da quelle attuali». «Un governo di 'tecnicì non può avere paura dello studio, dell'approfondimento, della scienza. Numerose scelte precedenti sono state accantonate (da quelle relative al ponte sullo stretto a quelle concernenti la candidatura per le Olimpiadi). Noi oggi chiediamo molto meno. Chiediamo di approfondire i problemi ascoltando i molti 'tecnicì che da tempo stanno studiando il problema, di non deludere tanta parte del Paese, di dimostrare con i fatti che l'interesse pubblico viene prima di quello dei poteri forti. Lo chiediamo con forza e con urgenza - si legge in conclusione - prima che la situazione precipiti ulteriormente».

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