Il colpo in canna e la lotta che riparte...

Un industriale torinese nel passato ripeteva ad ogni assemblea dell’Unione industriali che bisognava abolire l’articolo 18, perché voleva in mano una pistola con il colpo in canna. Io poi non la uso, diceva, perché non mi piace licenziare, ma i lavoratori devono sapere che quella pistola ce l’ho.
Questa è il significato dello smantellamento dell’articolo 18 deciso dal governo con  la scandalosa copertura del Presidente della Repubblica. L’articolo 18 viene semplicemente cancellato. Infatti i licenziamenti discriminatori sono vietati già oggi da qualsiasi convenzione, legge, costituzione, italiana, europea, internazionale. Ed è uno dei tanti falsi del governo che con questo provvedimento questo divieto sia esteso sotto i quindici dipendenti. Esso c’è sempre stato, ma non ha mai agito per la semplice ragione che nessun padrone è così stupido da licenziare per esplicita discriminazione personale, ideologica, razziale. Su tutti gli altri licenziamenti, quelli veri, salta la copertura dell’articolo 18. Naturalmente salta per chi ce l’aveva, cioè per circa 8 milioni di lavoratori dipendenti. Non un piccolo numero, quindi. Ed è ridicolo questo balletto attorno all’applicazione della nuova legge nel pubblico impiego. E’ ovvio che sarà così, perché tutte le amministrazioni pubbliche, in un modo o nell’’altro, hanno applicato lo Statuto dei lavoratori. Quindi se questo viene cambiato ne assumono automaticamente anche le modifiche.
Ma tutto questo fa parte di quel misto di incompetenza, arroganza, sfacciataggine che oggi contraddistingue l’operato del ministro Fornero e del suo Presidente del Consiglio. L’articolo 18 è la reintegra del posto di lavoro, senza di essa il licenziamento è libero.
E’ utile ricordare che una legge contro la libertà di licenziamento c’era già prima dello Statuto dei lavoratori, è la legge 604 del 1966, legge che prevede il solo indennizzo in caso di licenziamento ingiusto. E’ stata proprio l’inefficacia di questa legge a indurre il Parlamento a introdurre quell’istituto della reintegra che il governo oggi smantella in forma brutale e truffaldina. La reintegra viene abolita del tutto per i licenziamenti cosiddetti economici. In un periodo di crisi, di ristrutturazione, di esternalizzazioni, di tagli comunque definiti, questo significa licenziare a piacimento. “Alla prima che mi fai, ti licenzio e te ne vai”, diceva una vecchia battuta degli anni Trenta. (...)
 

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