"Alluvioni": se si continua a fare il contrario di cio' che si dovrebbe fare...

Quarantacinque anni fa l’alluvione colpì le città e i territori di Venezia, Firene, Trento, Pisa. Sessant’anni fa l’alluvione aveva colpito il Polesine, causando morti e migrazioni...

Giorgio Nebbia, in una lettera cui con queste parole rispondiamo, ci invita a ricordare quei lontani avvenimenti anche in relazione a quelli di oggi: non solo agli analoghi disastri (nessuno osi più di definirli “naturali”), ma all’aiuto che affrontarli seriamente darebbe il problema del lavoro. E ci ricorda il modo in cui in quegli anni si comportarono i parlamenti e i governi (all’epoca erano istituzioni distinte): appassionato lavoro di commissioni composte da parlamentari capaci di studiare e pensare, mobilitazione di studiosi delle varie discipline coinvolte dotati di strumenti per lavorare efficacemente.

Ne nascevano proposte concrete, proposte di governo.
Una di queste va particolarmente ricordata: la commissione De Marchi, così denominata dall’insigne studioso che ebbe la responsabilità di coordinarne il lavoro. È ad essa che si deve quella “legge per la difesa del suolo” (legge 183/1989) con la quale ci si proponeva di difendere, al tempo stesso, le acque in sé e il suolo dalle acque. Detto con le parole della legge, «assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi» (art. 1)...
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