L'abbraccio nucleare è un abbraccio di morte...

In Giappone il violentissimo terremoto di ieri ha creato un inferno apocalittico degno dei peggiori film catastrofici. Un inferno dove gli impianti petrolchimici bruciano rendendo nero il cielo, i depositi petroliferi riversano il greggio in mare, i viadotti crollano, le superstrade vengono inghiottite dalle voragini apertesi nel terreno le linee ferroviarie ultramoderne si accartocciano come fogli di carta dentro ad un caminetto, le dighe cedono di schianto creando nuovi Vajont. I mentori dell'onnipotenza tecnologica si ritirano nelle loro tane, i notiziari raccontano migliaia di vittime il cui computo sarà purtroppo destinato ad aumentare in maniera esponenziale con il passare delle ore.
Le centrali nucleari vacillano e quella di Fukushima esplode in una nube bianca che potrebbe costituire il prodromo di una tragedia radioattiva della gravità di quella di Chernobyl.
La società del progresso tecnologico si ritrova spogliata ed in stato di shock, di fronte alla forza di quella natura che pretenderebbe di dominare. Una natura tanto più pericolosa in quanto violentata e profondamente minata nei suoi equilibri.
Le centrali nucleari vacillano e mostrano ancora una volta inequivocabilmente i termini di una scelta sbagliata, drammatica, demenziale ed assassina, ricordandoci che siamo seduti sopra ad una bomba di cui si è persa traccia della spoletta d'innesco.
Nel mondo sono attive circa 440 centrali nucleari. La Francia da sola ne possiede 80, la Spagna 9, la Svizzera 5 e la Germania una ventina, solo per citare i paesi a noi più vicini.
Ognuna di esse oltre a rappresentare una grave fonte di radiazioni per il territorio circostante, potrebbe essere causa di una catastrofe di proporzioni inenarrabili, nel caso si verificasse un incidente, un attentato o un intenso movimento tellurico come quello verificatosi in Giappone.
Ognuna di esse produce tonnellate di scorie radioattive che resteranno attive per un periodo che va dai 20 ai 150 mila anni. Scorie completamente ingestibili, poiché risulta materialmente impossibile determinare la sicurezza dei siti di stoccaggio delle stesse, dovendo ragionare su grandezze temporali nell’ordine delle decine di migliaia di anni….
Di Marco CEDOLIN.
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