Solidarietà all'A.N.P.I. di Rivarolo Canavese, a cui il sindaco ignobilmente nega l'uso di una pubblica sala...

L’Amministrazione comunale di Rivarolo nega la sala consiliare all’ANPI
La sala era stata chiesta per presentare il libro di Alberto Trevisan, "Ho spezzato il mio fucile - storia di un obiettore di coscienza", EdB 2010. Nel libro è rievocata, tra le altre, la figura del rivarolese Alerino Peila, uno dei primi obiettori di coscienza al servizio militare. Peila fu condannato al carcere nel 1971, per quattro mesi, e nel 1972, per cinque mesi, tutti scontati nel carcere militare di Peschiera.
L'Anpi di Chivasso prende posizione e invita tutti a partecipare
alla presentazione del libro che si terrà comunque
a Rivarolo Canavese
Sabato 12 febbraio 
dalle ore 18.15  presso il Teatro Oratorio di S. Michele, in via Fiume 15.

Qui di seguito il testo della lettera del vice presidente dell'Anpi di Chivasso.
Allo stillicidio di attacchi al pluralismo delle idee e alle palesi manifestazioni di regresso culturale e civile dobbiamo aggiungere anche la posizione del sindaco di Rivarolo che ha negato la sala consiliare per presentare Ho spezzato il mio fucile, un libro sull'obiezione di coscienza al servizio militare. L'argomento principe dell'amministrazione consiste, a quanto pare, nell'affermare che essa è sempre stata a fianco del nostro esercito, e quindi non può tollerare che in un locale del Comune si parli di "antimilitarismo".
Si potrebbe obiettare (pardon!) che da destra e da sinistra sono ormai decenni che si cerca di presentare il nostro esercito come un esercito portatore di pace (bell'ossimoro!): se così fosse davvero, si dovrebbe concludere che almeno una parte del messaggio degli obiettori di un tempo è stato fatto proprio dalle nostre forze armate. Si potrebbe aggiungere che, non contando più l'esercito italiano sulla leva obbligatoria, l'argomento del libro è storico più che politico. Non si vede dove sia il pericolo. Ma se anche fosse un libro ferocemente antimilitarista che dà il via ad un dibattito d'attualità con accesi toni antimilitaristi, dove sarebbe il problema? Il fatto di concedere la sala consiliare non implica affatto la condivisione dei discorsi che in essa si potrebbero fare. Purché ci si riunisca pacificamente e senza armi e non si istighi alla violenza, il diritto di riunione va garantito a tutti, non soltanto a coloro le cui idee condividiamo. E pensare che coloro che partecipano ad una presentazione di un libro sull'obiezione di coscienza al servizio militare siano armati o istighino alla violenza  appare un pensiero assai stravagante. Solo in quest'Italia grottesca, in mano a personaggi che non conoscono l'abc della democrazia costituzionale, tutto ciò può apparire sensato e legittimo. Ma, risponderanno costoro, il libro potrà essere presentato altrove, nessuna lesione della libertà di espressione e del diritto di riunione. Infatti, e fortunatamente, la presentazione si terrà altrove. Ma immaginiamo che in zona un'altra sede non si fosse trovata. Un privato può infatti legittimamente rifiutare i propri spazi per iniziative che giudica contrarie ai suoi ideali o ai suoi interessi. Il Comune e in generale le istituzioni pubbliche, invece, dovrebbero essere la casa di tutti, non delle maggioranze pro tempore. La confusione tra pubblico e privato, o meglio, la riduzione del pubblico a privato soprattutto da parte di queste maggioranze di destra, e la conseguente riduzione della democrazia all'idea che la maggioranza fa quello che vuole, ovvero la trasformazione di fatto della democrazia da costituzionale a populistica, ci sta facendo uscire piuttosto rapidamente da quella che Bobbio chiamava l'età dei diritti.
Ermanno Vitale.

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