Another Year di Mike Leigh. Recensione a cura di DOMENICO CENA. Se qualcuno volesse sapere che fine hanno fatto gli ex sessantottini, quelli che volevano cambiare il mondo cominciando dai rapporti sociali e familiari, potrebbe farsene un’idea andando a vedere l’ultimo film di Mike Leigh, “Another Year”, un indigesto capolavoro dai toni minimalisti. Leigh ce li mostra come sono oggi, maturi ultrasessantenni, e non è un bello spettacolo. Nel film, i reduci del ’68 sono divisi in due categorie, gli integrati e i “disintegrati”, ovvero gli scoppiati. I primi sono rappresentati da una coppia modello, Tom e Jerry (notare l’ironia dei nomi), lui geologo in una società che effettua trivellazioni alla ricerca di risorse nel sottosuolo, lei psicologa in quello che per noi corrisponde all’Asl. Lei svolge la sua attività senza farsi troppe illusioni sull’efficacia dei suoi interventi, lui è pienamente cosciente della contraddizione tra i suoi sentimenti da buon ecologista e il suo lavoro. Hanno una bella casa, una bella macchina e si dedicano con cura meticolosa al loro orticello, weekend dopo weekend, stagione dopo stagione, col bello e con il cattivo tempo. Hanno un figlio cresciuto bene, impiegato anche lui nel sociale come la madre e pronto per farsi una famiglia tutta sua. L’orto e la famiglia rappresentano i loro autentici valori e per difenderli sono pronti a opporsi unanimemente a qualsiasi intrusione. Gli scoppiati, invece, sono rappresentati da un assortimento di personaggi che gravitano attorno a loro, come attratti dalla loro armonia e dalle loro sicurezze per verificare una volta di più la propria inadeguatezza e le proprie frustrazioni. Un primo folgorante esempio della specie lo troviamo già nella scena iniziale, con la donna depressa che non riesce a dormire e che, pur di ottenere la ricetta per un sonnifero, accetta di sottoporsi a qualche seduta dalla psicologa. A Jerry che le chiede “in una scala da uno a dieci, quanto sei felice?”, risponde “uno” e alla domanda successiva “Che cosa cambierebbe la tua vita?”, risponde “un’altra vita”. Un altro rappresentante della categoria è Ken, amico di gioventù di Tom, ormai alle soglie dell’infarto per il troppo cibo, il troppo alcol e il troppo fumo, un perdente perfino nelle passioni calcistiche, dato che la sua squadra del cuore milita da anni in quella che corrisponde alla nostra serie B, ormai senza speranze di risalita. Ma il prototipo di tutti i “disintegrati” senza speranza è Mary, collega di Jerry all’Asl, che rifiuta ostinatamente di crescere e di invecchiare, si sforza di coltivare delle illusioni in cui non crede più neppure lei e per non vedere si annega nell’alcol e si trascina da un disastro all’altro, in un eccesso di gesti ed espressioni che la rendono simile a una marionetta. Così si arriva “felicemente” alla fine, nel pieno di un livido inverno, al termine di un altro anno che purtroppo non sembra essere l’ultimo della serie. Qui troviamo Ronnie, il fratello di Tom, che ha appena perso la moglie e con lui e poche altre persone partecipiamo a quello che è forse il più squallido funerale mai rappresentato sugli schermi. E’ praticamente impossibile non rimanere contagiati dalla maschera fredda di Ronnie, dalla fissità allucinata del suo sguardo, dal gelo che emana e dall’afasia che lo impregna. Un film da vedere in un bel pomeriggio estivo, naturalmente. |

Il Film di marzo...
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