Tutti i pericoli delle scorie radioattive...

NUCLEARE. Saluggia, Crescentino e Trino scendono in piazza contro l’atomo. Qui è stoccato l’80 per cento dei residui radioattivi del Paese.
A  Saluggia, Crescentino e Trino si è manifestato per ribadire il No al nucleare, lo stesso “No” votato dagli italiani l’8 e il 9 novembre di 23 anni fa. Non a caso, qui si trovano l’80% delle scorie radioattive italiane, da anni in attesa di nuova destinazione. Con la riapertura all’energia dall’atomo (Legge 99 del 23/7/2009 ) e la prossima designazione dei siti nazionali per lo stoccaggio delle scorie si teme il peggio. «Il problema attuale - spiega Giampiero Bosio ex-ricercatore Enea, ora nelle file di Legambiente - è che questa zona anziché un deposito temporaneo, diventi un deposito permanente anche se è un sito ad alto rischio. Il complesso nucleare di Saluggia si trova a pochi metri da un’ansa della Dora Baltea, affluente del Po, e a 1800 metri a monte dell’acquedotto del Monferrato».
«Ogni volta che piove forte - racconta Paolo Sassone, geologo che lavora in questo territorio - c’è d’aver paura. Nel 2000, quando c’è stata l’alluvione, lo stesso Rubbia aveva detto che si era sfiorata la catastrofe planetaria. Risale al 2004 una perdita d’acqua della piscina Eurex che rischia di contaminare il nostro acquedotto. Viene da chiedersi perché negli anni ’50 si sia scelto un posto così infelice come centro di ricerca, deposito e riprocessamento nucleare». La storia è complessa. Qui si trova il complesso Eurex-Sogin dentro al Centro di ricerche Enea e, poco più in là, il Deposito Avogadro e il complesso Sorin.

L’Eurex, la struttura più a rischio, è a 20 metri dalla Dora Baltea. Contiene ancora rifiuti radioattivi allo stato liquido - il più rischioso per il rischio di spargimento -, e diversi chili di plutonio - il più tossico tra le sostanze nucleari -. Nato come impianto per il ritrattamento di combustibile nucleare di diversa provenienza, ora è di proprietà della Sogin, la società si occupa della messa in sicurezza e della dismissione degli impianti nucleari italiani. Chiusa l’avventura nucleare, è diventato il deposito principale del materiale radioattivo nazionale. Parte del materiale, negli anni, è stato spostato nell’adiacente e relativamente più sicuro Deposito Avogadro (a 100 metri dalla Dora).
Il Deposito Avogadro srl è una società a responsabilità limitata del gruppo Fiat. è un deposito per elementi di combustibile nucleare irraggiato, che si serve della piscina riadattata dell’ex reattore di ricerca AVOGADRO-RS1. Una piscina degli anni ’50, non rivestita d’acciaio: qui sono contenuti 164 elementi di combustibile destinati a partire tra breve per Le Hague, in Francia, per il riprocessamento. Sempre che si trovi un accordo con i francesi su una questione di fondo: parte del materiale da trasferire è Mox, Mixed Oxide fuel, ovvero comprende ossidi misti di plutonio e uranio, condizione non prevista dal contratto francese. Di fatto liberarsi dalle scorie nucleari non è facile, anche se venissero accolti in toto dalla Francia, i rifiuti riprocessati tra qualche anno ritorneranno in Italia. Il loro volume sarà ridotto al 5%, ma la loro radioattività sarà sempre alta. La Sorin, infine, è un centro di produzione di radiofarmaci e deposito di rifiuti radioattivi di bassa e media radioattività, ovvero che decadono rispettivamente nel giro di qualche mese/anno e nel corso di secoli.

Le ricadute su territorio di un complesso nucleare come quello di Saluggia sono diverse e importanti: ci sono problemi legati alla quotidianità, come il rilascio ricorrente di liquami e fumi radioattivi - secondo alcuni studi aumentano il rischio di cancri, leucemie e malformazioni -. Piuttosto che picchi d’emergenza come la possibilità di un’alluvione in un sito a ridosso dell’ansa di un fiume, o ancora la possibilità di un attacco terroristico - la zona è molto esposta -. Il fatto più grave accaduto finora riguarda l’Eurex. Dell’acqua proveniente dalla piscina di stoccaggio del combustibile irraggiato è fuoriuscita dalle intercapedini, scendendo per un tratto di circa 2 chilometri. L’inizio delle perdite risaliva al 2004, ma la divulgazione della notizia avviene 2 anni dopo, nell’estate 2006.

Dopo allarmi e sollevazioni delle organizzazioni ambientaliste, solo nel 2007 il combustibile in questione viene trasferito al Deposito Avogadro e la piscina svuotata. L’acqua uscita è ormai sul territorio, ma c’è da sperare che l’alta diluizione nella quale viaggia e il fatto che per ora si trova a livello superficiale non crei danni all’acquedotto. Aldo Quilico, il presidente dell’ACM, l’Acquedotto dei Comuni del Monferrato è rassicurante: «Il campo pozzi Giarrea è una delle riserve d’acqua più ricche del Nord Italia e ci teniamo che rimanga tale. Nell’area abbiamo dislocato una rete di piezometri, dei pozzetti spia tra i 7 e i 15 m. di profondità, per rilevare eventuali contaminazioni, ma ad oggi non ne abbiamo rilevata nessuna nell’area dei pozzi di prelievo. Noi prendiamo l’acqua in seconda falda, ovvero tra i 130 e i 200 metri, e, se si pensa che tra il 2005 e il 2007 abbiamo intubato in camere d’acciaio 5 dei nostri 6 pozzi e che il sesto lo sarà tra breve si può star tranquilli. Basti pensare che tra un paio di mesi il nostro acquedotto andrà a servire anche l’astigiano, coprendo il fabbisogno d’acqua di 250.000 persone».
Se lo stato attuale sembra rassicurante, rimangono aperte delle questioni: «Uno dei punti di forza del nostro acquedotto sta nello strato d’argilla, detto Villafranchiano, che separa la prima falda dalla seconda - spiega Giampiero Bosio - Peccato però che questo non sia uniforme e che se nell’area soprastante la falda c’è dell’acqua radioattiva, alla lunga, nei punti scoperti, possa arrivare a contaminare l’acqua dei pozzi di prelievo».

E' una situazione generale ad alto rischio, dove solo la speranza che i rifiuti liquidi dell’Eurex siano presto solidificati – è in corso la gara d’appalto per la cementificazione – e che il trasferimento a Le Hague avvenga in toto possono alleggerire in parte la preoccupazione degli abitanti della zona. è chiaro che in questa prospettiva, la preoccupazione di diventare un possibile deposito permanente – il decadimento delle scorie ad alta radioattività va dai 100.000 ai 300.000 -, piuttosto che la sede di una nuova/vecchia centrale nucleare è altissima. Anche perché, ci si chiede, serve davvero? L’energia atomica copre solo il 15% del fabbisogno elettrico mondiale, ma provoca danni irreparabili.
Donatella Pavan (Terra Milano). 

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