Malati sommersi, spesso dimenticati...

A settembre una petizione per chiedere più cure a domicilio e lo stop alle «dimissioni selvagge dagli ospedali».

Malati sommersi, spesso dimenticati. Non appaiono nelle statistiche ufficiali e non è azzardato dire che nessuno sa davvero quanti sono. Gli anziani cronici non autosufficienti e le persone affette da patologie degenerative tipo morbo di Alzheimer sono una categoria difficile da inquadrare. Una stima indicativa e parziale prova a darla il Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, che dal 1970 raccoglie segnalazioni di casi e aiuta le famiglie a districarsi nella burocrazia che regola l’accesso all’assistenza.
Secondo il presidente Francesco Santanera «sono almeno ventiduemila i piemontesi affetti da demenza senile o da patologie invalidanti degenerative». «Metà di loro non ricevono alcun tipo di assistenza domiciliare: magari hanno già fatto domanda per il ricovero o l’erogazione di sussidi, ma i tempi d’attesa sono lunghi e i fondi della Regione insufficienti a esaudire tutte le richieste». Secondo il Csa sono almeno ottomila i posti letto residenziali che mancano in Piemonte per i malati cronici. Un’emergenza che chi si occupa da vicino dei malati non autosufficienti sente ogni giorno. Renato Ambrogi del sindacato pensionati Cgil di Torre Pellice ha trattato cento casi dal 2007. «Storie di sofferenza che coinvolgono soprattutto le famiglie: ce ne sono alcune che si stanno indebitando per pagare rette da capogiro in strutture private, in attesa che per i propri cari si liberi un posto in una Rsa pubblica».
Il Coordinamento torinese raggruppa nella sede di via Artisti 36 ventidue associazioni che si muovono nei campi del volontariato e dell’assistenza per minori e anziani malati cronici. Categorie di persone «citate a piene mani nelle leggi, ma i cui diritti sono poco tutelati nel concreto», dice Santanera, volontario a tempo pieno dal 1962, quando abbandonò la sua professione di impresario edile. A settembre farà partire una raccolta di firme a sostegno di una petizione da inviare in Regione. L’obiettivo? «Riaffermare il diritto alle cure sanitarie domiciliari, così come all’assistenza a casa del malato». Il futuro, secondo gli operatori del Coordinamento, è nella cura sotto il proprio tetto (ad esclusione della fase acuta della malattia). Una soluzione che viene già sperimentata da anni con l’ospedalizzazione domiciliare gestita dalle Molinette e che consentirebbe alle Asl un notevole risparmio, perché annulla le spese alberghiere a carico della Sanità.


Tra le altre sollecitazioni della petizione c’è quella che riguarda il rifiuto delle dimissioni. «In pochi lo sanno - dice Santanera -, ma i malati cronici non autosufficienti possono opporsi alle dimissioni ospedaliere firmando un semplice documento» ed essere trasferiti in Rsa. Una decisione che non elimina certo i disagi, anzi, a causa della carenza di posti, in qualche caso li acutizza. Le Rsa convenzionate con la Regione sono tutte fuori città: Lanzo, Pianezza, comuni dell’astigiano e del cuneese. Capita allora che coniugi anziani non si vedano per mesi perché i chilometri che li separano sono troppi.
Solo per chi non è così grave da rimanere in ospedale, ma ancora non può essere rimandato a casa, le Asl allestiscono la «soluzione ponte» delle dimissioni protette. Anche qui non si naviga nell’abbondanza: l’unica struttura in città che offre un servizio di questo genere è l’Irv di via San Marino, gestito dalle Molinette. «Avrà ottanta posti letto a regime» fanno sapere dal Comune. Solo una goccia nel mare immenso e agitato dei malati sommersi...
di Andrea Ciattagliaper La Stampa 14.08.10.

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