Quando sui giornali leggo le lettere dei dipendenti Fiat preoccupati per il futuro dell’azienda torinese mi vengono alla mente le case Fiat, la mutua Fiat, le colonie Fiat, la scuola allievi Fiat, i doni di Natale, gli anziani Fiat, i dopolavori Fiat e tante altre cose che si sono perse per causa del “progresso” e della “globalizzazione”. Un tempo lavorare in Fiat era un orgoglio anche per tanti operai arrivati dal meridione. Intere famiglie che, viaggiando con il fresco della notte, tornavano in vacanza al loro paese con la macchina nuova acquistata con lo sconto che veniva praticato ai dipendenti della Fiat. Il lavoro era duro, ma le soddisfazioni erano tante. Ma cos’è oggi la Fiat? Una fabbrica multimarca (fiat, Alfa e Lancia) ma con una sola anima. Fino a pochi anni fa da Torino uscivano i convogli ferroviari pieni di auto nuove. Oggi i convogli entrano a Torino perché arrivano dalla Polonia, e il futuro non sarà molto diverso. Cosa è cambiato nella Fiat? Gli Agnelli nella Fiat (e nella Juve) mettevano testa e cuore, mentre Marchionne, da bravo menager, per salvare l’azienda ha messo tanta testa senza coinvolgere il cuore, come hanno fatto gli Agnelli per intere generazioni. I numeri e le cifre hanno sostituito la storica alleanza che legava la Fiat con Torino, e le lettere sui giornali sono la prova che anche i dipendenti stanno perdendo la fiducia nell’azienda in cui hanno lavorato (e sudato) e loro padri e i loro nonni.
Marbert.
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