La favola della «residenza per anziani»...

CHIVASSO - Evidentemente c’è ancora qualcuno a Chivasso che crede nella favola della futura «residenza per anziani» nell’area del Podere San Marco al fondo di Via Berruti. Così sembra leggendo un articolo de «La Nuova Periferia» di mercoledì scorso. E’ una balla, e lo sanno quasi tutti. In Via Berruti non ci sarà nessuna residenza per anziani, se con questa espressione s’intende o una residenza come quella di Via Roma – ormai insufficiente per le esigenze della città – o un gruppo di appartamenti dotati di spazi comuni come un’infermeria, una sala mensa, ecc. Nell’area del Podere San Marco saranno invece costruiti, in tre edifici, ottanta / novanta normalissimi appartamenti, privi dei servizi comuni che permetterebbero di qualificarli come idonei a ospitare «anziani». I costruttori sono dei privati (cooperative). L’intervento edilizio fruisce nel suo complesso di un rilevante contributo della Regione Piemonte, circa 4 milioni di euro, erogati in base al piano regionale «Programma casa 10.000 alloggi entro il 2012». Edilizia agevolata, finanziata con denaro pubblico in cambio dell’impegno ad affittare gli appartamenti a prezzi moderati. Della «residenza per anziani» non c’è più nulla, tranne il nome di una delle tre categorie in cui il finanziamento è diviso («agevolata», «agevolata sperimentale», «agevolata anziani»).


Ma la vicenda del Podere San Marco non è solo una delle favole raccontate dall’Amministrazione. E’ anche un esempio della sua illuminata politica urbanistica. Il Podere San Marco apparteneva all’Ordine Mauriziano come il vicino parco omonimo ed è stato acquistato dal Comune nel 2005 per 735.000 euro. Denaro pubblico, proveniente dai 10 miliardi di lire che il Comune ha ricevuto dalla società Edipower e da impiegare secondo la legge in «opere di urbanizzazione secondaria». Le motivazioni dell’acquisto sono, come sempre, nobili: «per la realizzazione di attività socio-assistenziali». Confermate e precisate nelle «Linee programmatiche» enunciate dal sindaco Matola al momento del suo insediamento nel 2006: «progetto…di Residenza per anziani autosufficienti presso l’ex Cascina Mauriziano che si sviluppa attraverso una struttura di alloggi indipendenti con servizi di sicurezza, sanitari, sociali, di ristorazione e pulizia della casa in comune». Poi, riposti i tromboni, la storia silenziosamente prende una strada diversa, quella dei tre palazzi e dei loro normali appartamenti. Perché questo cambiamento? Nella delibera del 2009 che approva lo studio di fattibilità si legge: «stante la carenza di alloggi in locazione sul territorio comunale». Alloggi, non più «residenza per anziani». E i servizi? Scomparsi. Un documento del Comune del marzo 2009 assicura che «i servizi in progetto…sono già previsti dalla vigente scheda d’area, da localizzare nel vicino Parco Mauriziano». E cioè? Intanto nell’area del podere San Marco di tutti gli sbandierati «servizi per gli anziani» è rimasto solo un fazzoletto di terra nell’angolo tra Via Berruti e Via Foglizzo, dove l’aria è più buona grazie alle emissioni dei tubi di scappamento delle auto... Oltretutto, quella è un’area adatta per costruire? Finora vi parcheggiavano il mercoledì e il sabato coloro che da fuori vengano al mercato. Dove parcheggeranno? Ma non si voleva migliorare l’agibilità del mercato? Eppure l’area del Podere San Marco è tanto grande che ci sarebbe stato tutto: una vera residenza per anziani, un po’ di verde, e il parcheggio utile per il mercato. Ma sarebbe stato troppo sensato. E quindi si costruirà anche lì, in Via Berruti, lungo una via attraversata dagli studenti e in futuro percorsa da chi arriverà dalla «strada del Mauriziano». E in un prato in cui nei giorni di pioggia l’acqua raggiunge il piano campagna. Un capolavoro...
Piero Meaglia.

3 commenti:

G.Aldo Bonofro ha detto...

Non ho letto l'articolo a cui si fa riferimento uscito sulla Nuova Periferia di Chivasso (che non acquisto piu' da alcuni anni), ma, come spesso succede, su quel giornale piovono le tavanate... evidentemente si è perso il gusto (e il mestiere) di approfondire gli argomenti, in particolare di quelli complessi come questo delle case di via Berruti.
Un complimento al signor Meaglia per la dovisia di particolari, a prescindere dalla posizione politica che egli intende esprimere.
G.Aldo Bonofro, Castagneto Po.

Anonimo ha detto...

Gentile Signor Bonafra, la ringrazio ma lei è troppo buono. La questione del Podere San Marco è ovviamente molto più complessa di quanto appaia dal mio articolo e ci sono aspetti che non ho ancora compreso a sufficienza da poterne parlare senza tema di smentite. Ad esempio: chi ci guadagna e quanto? Sono una novantina di alloggi, dimensioni medie 50-60 metri quadri, che dovrebbero venire affittati ad una media di 350 euro il mese. I costruttori / proprietari incasseranno l'affitto per 99 anni, perché tanto dura la convenzione tra cooperative e Comune, che ha concesso loro per tutti quegli anni il diritto di superficie per 735.000 euro, cioè esattamente quanto il podere è costato al Comune. Dunque è abbastanza facile calcolare quanto incasseranno di affitto i costruttori / proprietari in quei 99 anni: più o meno 40 milioni di euro.
A fronte di questo incasso - a cui però immagino che vadano tolte le spese, che per gli immobili non sono poche - quanto spendono i costruttori proprietari? Spendono prima di tutto i 735.000 euro per i sopracitati diritti di superficie. Poi spenderanno una certa somma per la costruzione degli alloggi. Quanto al metro quadro? Potrebbero essere 1.000 / 1.200 il metro quadro? Se è così, la spesa complessiva di costruzione potrebbe aggirarsi intorno ai 6 milioni di euro. Ma 4 milioni vengono messi della Regione. Quindi per la costruzione spenderebbero all'incirca 2 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i suddetti diritti di superficie: facciamo cifra tonda 7 milioni di euro?
Dunque i costruttori proprietari spenderebbero circa 7 milioni di euro e ne ricaverebbero (in 99 anni) circa 40. Una bella differenza: un bel guadagno. Però ai 40 milioni credo che vadano tolte le spese, soprattutto di manutenzione, che non so quantificare, ma che credo considerevoli.
Comunque sia, se qualcosa, poco o tanto, resta nelle anni dei costruttori / proprietari, rimane da chiedersi se è giusto che delle cooperative ci guadagnino. Che senso avrebbe chiamarsi cooperative se esse lucrano e guadagnano come un qualunque altro imprenditore immobliare e per di più ricevono finanziamenti regionali e immagino facilitazioni fiscali? Potrebbero rinunciare a un po' del guadagno ed affittare a canoni più contenuti. Favorendo veramente i ceti economicamente disagiati, ai quali immagino che la Regione abbia pensato approvando il suo piano casa ed erogando i contributi. O no? Se inceve ci guadagnano, e magari parecchio, il Comune avrebbe favorito un'operazione lucrossa, non intervento edilizio a vantaggio dei ceti deboli.
Ma - ripeto e ribadisco - questi sono calcoli che non ho ancora capito se sono sensati. Lei che ne pensa? Qualcuno mi può dare una mano?
pm

Anonimo ha detto...

Mi scusi, ho scritto Bonafra anziché Bonofro.