C’era una volta il Leu...

CASALBORGONE - C’era una volta il Leu, il Capoluogo di Casalborgone. Lo vidi per la prima volta nell’estate del 1976, e ne rimasi affascinato. Certo non era già più come me lo raccontava chi lo aveva conosciuto prima, negli anni Sessanta, quando ancora all’angolo di via Regina Elena e via Broglia c’era un praticello, quando i sentieri che lo collegavano alla pianura erano ancora ben tenuti, realmente percorribili. La magia del luogo era però conservata da una sorta di fascia di rispetto che lo separava dal resto del paese. Nel 1976 lungo le strade che salivano al Leu le case “moderne” erano poche, prevalevano bosco e prato. Quelle poche centinaia di metri che proteggevano il borgo antico dall’invasione della modernità si percorrevano in due minuti ma consentivano di fare un lungo viaggio a ritroso nel tempo, intuendo, anche con l’aiuto della fantasia, i segni di altre forme di espressione artistica, di organizzazione sociale e di convivenza tra gli esseri umani. Un viaggio a ritroso che talvolta diventava un viaggio fuori del tempo, che permetteva di concentrarsi e di riflettere sugli aspetti eterni ed universali della vita individuale e collettiva degli uomini, o almeno sugli aspetti meno legati alla contingenza, alla mera cronaca. Detto alla buona, era un luogo che tra le sue mura invitava a forme di raccoglimento e di colloquio con se stessi, misurandosi al contempo con la storia e con l’eternità.
Ora questa distanza, questa fascia di protezione è stata completamente annullata, e con essa la magia e il fascino del Leu. Via via le case moderne, in primis le anonime villette a schiera, si sono sostituite, su ogni lato, al bosco e al prato. Il borgo, che nei secoli non ha mai dovuto subire veri e propri assedi militari, si trova ora assediato, e strangolato, da un esercito nuovo e contro il quale a nulla servono le mura: l’esercito dei palazzinari locali. Come un’erbaccia che soffoca una pianta pi pregio, le casette crescono intorno al Capoluogo. O meglio, è come se come una signora volesse sfoggiare, accanto ad un magnifico collier di perle, un repertorio di bigiotteria, credendo in questo modo di attirare l’attenzione dei gentiluomini. In verità li allontana, e rischia di incontrare al loro posto qualche arricchito dell’ultima ora, che non sa distinguere tra un gioiello davvero prezioso e un fondo di bottiglia. A costui, fuori e dentro le mura del Leu, si debbono per lo più proporre manifestazioni e spettacoli dozzinali come quelli che apprezza in televisione e nei quali si riconosce, sentendosi a proprio agio. Un agio che è direttamente proporzionale al disagio di chi ha amato davvero il Capoluogo. Come se non bastassero i palazzinari, questo modo trash di “rivitalizzare” il centro storico gli sta assestando il colpo di grazia.
Ermanno Vitale.

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