Sulla Giornata del Ricordo e il revisionismo sulle foibe...


Giornata del Ricordo: 10 febbraio. Poco prima, Giornata della Memoria: 27 gennaio. Innanzi tutto, mi si lasci dire che appare davvero difficile da accettare il paragone tra un fatto storico come la Shoa, che ha una sua unicità terribile nella vicenda dell’umanità, e una serie di eventi che certamente tragici, rientrano tra le “normali”, per quanto variamente efferate, vicissitudini dei conflitti bellici. In secondo luogo, posso aggiungere che questo proliferare di memorie obbligate e “condivise” (altre proposte di leggi e leggine si annunciano o si richiedono per istituirne, finché avremo un calendario senza più un giorno libero) sta rendendo stucchevole ogni ricordo? E lo sta mercificando e banalizzando?

Ma vengo alle foibe. Ieri un giornalista di Radio Rai mi telefona e mi chiede se oggi sarei stato disponibile a partecipare a un programma sulla Giornata del Ricordo; rispondo di sì. E allora lui comincia a farmi una “preintervista”; mi vuole sondare. E mi domanda se non ritenga che oggi questa data sia finalmente davvero condivisa, e che ormai anche chi la respingeva la accoglie, e che gli errori del passato sono stati riconosciuti, e così via. Cercando di frenare il fastidio naturale davanti a domande che pretendono di indirizzare l’interrogato, facendogli fornire la risposta attesa dall’interrogante, esprimo il mio disaccordo. E davanti al suo stupore, gli spiego che sulle foibe da anni si sono condotti studi attendibili, e misconosciuti, da parte di gruppi di studiosi, collocati in particolare nelle zone di confine tra Italia e ex Jugoslavia, dentro o comunque vicino agli Istituti storici della Resistenza. E che su questa vicenda si sono fornite cifre del tutto fasulle, che sono variate a seconda dello spirare dei venti politici; con un vergognoso cedimento persino degli autori dei manuali di storia, che hanno ampliato a dismisura nel corso degli ultimi quindici-vent’anni, il totale degli infoibati.
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