Film di Aprile...2010


“Welcome”
di Philippe Lioret.

Recensione a cura di Domenico CENA.

Se mai un giorno venissero istituiti dei campi di correzione per leghisti recidivi, la pena maggiore potrebbe essere quella di farli assistere tre volte al giorno alla proiezione di “Welcome”, il film del regista francese Philippe Lioret, giunto ormai al suo sesto lungometraggio e autore di successo in patria, ma praticamente sconosciuto qui da noi.
Si potrebbe definire “Welcome” come un romanzo di formazione dei giorni nostri. Questo genere letterario ha come protagonista un giovane che si affaccia alla vita, che reclama il suo posto nella società e pretende che la generazione dei padri gliene fornisca i mezzi e la possibilità. Abbiamo così dei romanzi di formazione a lieto fine, in cui l’inserimento avviene con successo e tutto si conclude con un matrimonio, e quelli mancati, il cui finale tragico marca l’impossibilità del giovane, portatore di valori nuovi, di entrare a far parte di una società incapace di accettarlo. Appartengono alla prima categoria i grandi romanzi inglesi come “Jane Eyre”, o gli stessi “Promessi Sposi”, visti come la storia di Renzo che impara a vivere. Alla seconda appartengono invece quello che si può considerare il capostipite dei romanzi di formazione, “I dolori del giovane Werther”, e i grandi romanzi francesi, come “Il rosso e il nero” e “La certosa di Parma”, in cui l’impossibilità di conciliare la sfera pubblica, il politico, con il privato e l’incapacità di una società di aprirsi all’altro che chiede di essere accolto porteranno a una drammatica conclusione.
“Welcome” sceglie di proposito questa prospettiva e si rivolge apertamente ai sentimenti e alla sensibilità dello spettatore per raccontare la vicenda di Bilal, un giovane iracheno di etnia curda che ha lasciato il suo paese per raggiungere la ragazza di cui è innamorato, emigrata in Inghilterra con la famiglia. Arrivato faticosamente a Calais, si accorge presto che la vera “frontiera messicana” è rappresentata dall’attraversamento della Manica. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, decide che l’unico modo per arrivare in Inghilterra è passare a nuoto, così si presenta alla piscina comunale di Calais e si iscrive al corso tenuto da Simon.
Simon, interpretato dal bravissimo Vincent Lindon, è un uomo di mezza età, ex campione di nuoto fallito e sul punto di divorziare da una moglie che ama ancora. Rassegnato e inerte, attraversa la vita a occhi bassi e in silenzio: “Tieni la testa sotto” è l’esortazione che rivolge di continuo al suo allievo. Ma Bilal vuole guardare bene in faccia la realtà e non intende rinunciare alla sua idea. Così, in una notte livida, affronta a testa alta un mare ostile, agitato da correnti avverse e percorso da navi gigantesche di fronte a cui, come gli ricorda Simon, “non sei altro che un puntino insignificante”.
Il film ha suscitato parecchie polemiche in Francia, dove la legge sull’immigrazione voluta da Sarkozy stabilisce, all’articolo L622/1, che i cittadini francesi che aiutano i clandestini rischiano fino a cinque anni di prigione. Philippe Lioret ha paragonato questa legge a quella che, durante l’occupazione tedesca, proibiva di aiutare o nascondere gli ebrei. E al ministro Eric Besson, un ex socialista passato alla corte di Sarkozy, che definiva inaccettabile il paragone con il nazismo, ha risposto dicendo che certo, la situazione è molto diversa, ma, stranamente, i meccanismi si assomigliano.



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