Ancora caccia selvaggia...


Di Giuliano Tallone, Presidente della Lipu.
 
BIODIVERSITA'. Nonostante l’Italia sia sotto accusa da parte della Ue per le norme troppo permissive, l’estremismo venatorio riemerge regolarmente in Parlamento. Questa volta al Senato per consentire alle doppiette di sparare tutto l’anno.

Ancora caccia selvaggia. Al Senato con un emendamento all’articolo 38 della Legge comunitaria si vogliono abrogare i limiti temporali della stagione venatoria. In pratica caccia tutto l’anno. Negli ultimi mesi, ripetutamente e ciclicamente, esponenti della maggioranza hanno tentato di modificare la legge del 1992, in senso opposto a quanto richiesto all’Italia dall’Unione europea. La pervicacia con la quale questi tentativi sono portati avanti meriterebbe un’analisi politica rispetto al ruolo delle minoranze estremiste del mondo venatorio nel determinare le scelte del Parlamento contro la volontà della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, di destra e sinistra, e inclusi vasti settori dell’associazionismo dei cacciatori. Ma non è su questo che mi voglio soffermare. Ciò che mi chiedo è quanto queste scelte, che abbiamo sventato più volte negli ultimi anni, possano costare alla fauna del nostro Paese. Uno dei punti sui quali maggiormente insistono i parlamentari amici dei cacciatori “no limits” è l’estensione della stagione venatoria.
Secondo questi rappresentanti dei fucilieri a tutti i costi non è sufficiente poter sparare in campagna da settembre a gennaio, come è nelle regole attuali, ma si dovrebbe ampliare il periodo fino a tutto febbraio, e magari anche oltre come nel caso dell’attuale ipotesi, per tutto l’anno: ci penseranno eventualmente le Regioni, nella loro autonomia, a definire meglio eventuali periodi di protezione. Questa scelta andrebbe contro ogni prescrizione dei tecnici della fauna, come quelli dell’ex Infs, l’Istituto nazionale della fauna selvatica che il presente Governo ha cancellato, in piena coerenza con l’idea di una “deregulation” nel settore, facendolo confluire in un mega-ente di ricerca, l’Ispra, che inevitabilmente rischia di interessarsi a questi temi in modo meno specialistico ed adeguato che in passato.

La caccia per evitare impatti sulle popolazioni dovrebbe essere limitata al solo periodo invernale, quanto la mortalità è già elevata a causa del freddo e della mancanza di risorse alimentari. In questo modo si suppone che gli animali uccisi dai cacciatori siano individui che comunque morirebbero per cause naturali, non aggiungendo quindi una pressione sulla conservazione delle specie. Ma se si spara a febbraio quando le specie migratorie, come ad esempio gli Anatidi, ritornano dalle zone di svernamento a quelle di riproduzione, nel momento dell’anno nel quale la dimensione delle popolazioni è al minimo assoluto, si aggiunge mortalità a mortalità e si rischia un rilevante depauperamento del patrimonio faunistico.
E se addirittura si arriva a marzo si rischia concretamente di uccidere individui che si stanno già riproducendo, mettendo a dura prova la stessa sopravvivenza delle specie. Per non parlare del disturbo diretto. La legge del 1992 ha stabilito opportunamente che la caccia chiuda al più tardi il 31 gennaio. Negli anni successivi molte specie hanno ricominciato a riprodursi nel nostro paese, mentre prima non lo facevano. Ad esempio la Cicogna bianca, protetta ma non nidificante prima degli anni ’90, oggi presente con una cinquantina di coppie in tutto lo stivale, con una popolazione costantemente in aumento. O l’Airone cenerino, che costruisce il nido a partire dal mese di febbraio e ha visto la propria riproduzione in costante aumento per molti anni. Il paradosso è che parte della maggioranza di Governo vorrebbe far credere che tutto ciò viene fatto per rispondere alle procedure europee di infrazione aperte a carico dell’Italia sulla mancata applicazione della direttiva per la protezione degli uccelli. E invece si fa esattamente il contrario. Con il parere contrario dell’Ispra, ma con quello entusiasta del Governo e del relatore, che pure aveva tentato una soluzione più razionale, miseramente fallita e infrantasi contro le promesse fatte. D’altronde, siamo in campagna elettorale. E un’ulteriore procedura europea di infrazione diventa certa.

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