
Ma per favore, cerchiamo di essere seri: mi riferisco all’articolo di Dagospia.
1) Il 10 luglio dell’anno scorso, quando a Chivasso venne Curcio, non ci furono tafferugli: ci fu una rumorosa contestazione di Azione Giovani, che ruppe i timpani ai residenti fino a tarda ora. Per conoscerne le ragioni, rivolgersi ai locali dirigenti di quella organizzazione, che mi risulta avere qualche cosa a che fare con Alleanza Nazionale, a cui aderisce il vicesindaco di Chivasso. Se i “ragazzi” di Azione Giovani quella sera se ne fossero stati a casa con la mamma e il papà, la quiete della sera chivassese non avrebbe subito alcun turbamento. Quella sera si stava solo presentando un libro sui lavoratori immigrati in un locale delle Acli: non stava arrivando l’Armata Rossa.
2) Nell’articolo è scritto: «la coincidenza, però, è notevole: nel 2008 il capo delle Br in persona e ora la rappresentazione teatrale sulla moglie». Dove sarebbe la coincidenza? Curcio e Mara Cagol erano marito e moglie, certo, ma fino al 1975, quando Cagol è morta. Sono passati 34 anni: dove sarebbe la coincidenza?
3) Mi risulta che le responsabilità penale sia personale, non «famigliare». I reati commessi da Curcio sono di Curcio e quelli commessi da Mara Cagol sono di Cagol, non della «famiglia Curcio-Cagol». Dove sarebbe la “notevole” coincidenza?
4) Le due iniziative chivassesi, quella del 2008 e quella attuale del 2009, sono completamente diverse. L’anno scorso venne presentato un libro non sulle Brigate Rosse di 30-35 anni fa, ma sui lavoratori immigrati di oggi: Renato Curcio, I Dannati del Lavoro. Vita e lavoro dei migranti tra sospensione del diritto e razzismo culturale. Quest’anno, giovedì 10 settembre, è programmata una recita su Mara Cagol, e in questo caso si tratta effettivamente di Brigate Rosse di 30-35 anni fa. Dove starebbe la coincidenza tra le due iniziative?
5) Chivasso, che fa parte della cintura torinese, ha 26.000 abitanti: ma sulla città gravita un bacino di 90.000 abitanti se consideriamo un raggio di
6) Queste «confusioni» lasciamole fare a chi ha interesse a fare confusioni da sfruttare politicamente. Anche perché non toccano il punto veramente importante di tutta la questione, che non è l’argomento della rappresentazione teatrale, ma il fatto che ostacolarne la realizzazione significa ostacolare – in misura più o meno grande – l’esercizio del diritto costituzionalmente garantito a manifestare liberamente il proprio pensiero «con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (art. 21). Revocando l’uso del Teatrino civico, e revocandolo pochi giorni prima della recita, quando è ormai impossibile trovare in tempo un altro posto, il sindaco: a) ha ostacolato l’esercizio di questo diritto; b) lo ha ostacolato adducendo motivazioni che non hanno fondamento giuridico (del resto la sua curiosa lettera non cita nessuna norma, nemmeno il regolamento del Teatrino). Questo è il punto su cui avrei sperato che il giornalista citato da Dagospia si soffermasse. Ma, se vuole, è sempre a tempo per rimediare.
piero meaglia.
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